Ironia in scena con “Alla mia salute ci penso anch’io…e si nono”, una dolceamara commedia sugli aspetti kafkiani e grotteschi della sanità, in cartellone venerdì 26 gennaio alle 21 al CineTeatro di Olbia e martedì 6 febbraio alle 21 a Macomer.
Venerdì 26 gennaio alle 21 al CineTeatro “Olbia” di Olbia (e martedì 6 febbraio alle 21 nel Padiglione Tamuli delle ex Caserme Mura di Macomer) sotto le insegne del CeDAC per la Stagione di Prosa 2017-18 – nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
Una pièce divertente – interpretata dallo stesso Giovanni Carroni (uno tra i più noti e apprezzati attori isolani, fondatore e anima del Bocheteatro di Nuoro, nel cast del fortunato “Macbettu” di Alessandro Serra) insieme con Gavina Porcu, Monica Farina e Antonio Cualbu per un insolito viaggio nel mondo della medicina con gli occhi di un semplice cittadino, alle prese con la “normale” routine di un ricovero per un piccolo intervento, frastornato da un linguaggio scientifico infarcito da termini tecnici per lui incomprensibili, ma anche indignato e deciso a far rispettare fino in fondo i propri diritti di paziente.
“Alla mia salute ci penso anch’io…e si nono” racconta le (dis)avventure del protagonista, un certo Giovanni Letranca – e già il nome è rivelatore di un carattere alquanto puntiglioso, per non dire pignolo (“letrancosu” in sardo logudorese) – costretto a confrontarsi con le regole e le prassi del sistema sanitario, spesso incomprensibili per i comuni mortali. Un semplice esame radiologico, seguito da un intervento, che verrà effettuato in regime di Day Hospital, per “un trattamento endoscopico di flebo resezione con angioplastica per la ricanalizzazione” offre lo spunto per un’attenta e spietata analisi del rapporto del singolo individuo con le istituzioni.
Focus sulla questione complessa e fondamentale del dialogo tra medico e paziente, dall’atteggiamento troppo spesso spesso di sufficienza o distaccata superiorità verso gli ammalati e i loro familiari all’obbligo del consenso informato, che richiede al contrario che le decisioni sulle terapie e le eventuali operazioni chirurgiche siano condivise, con la piena consapevolezza dei rischi e degli eventuali effetti collaterali oltre che dei probabili benefici. Seppure umanamente comprensibili, a fronte di carenze di organico, del carico di responsabilità e dell’urgenza, certi modi di fare troppo sbrigativi e superficiali del personale sanitario non giovano certo al progresso della medicina, con il paradosso di trasformare il paziente, che dovrebbe essere al centro dell’attenzione e delle cure, in un semplice oggetto, invece di un soggetto senziente e pensante.
La sanità – pubblica e privata – rappresenta quasi un pianeta a se stante, con meccanismi interni e procedure complicati e per certi versi “standardizzati” che sovente non tengono minimamente in conto le esigenze e la singolarità del paziente, in funzione del quale esiste e si giustifica l’intero, costoso, apparato. La medicina tuttavia – al di là della ricerca pura – è una scienza empirica, in cui ogni singolo caso fa storia a sé, con caratteristiche particolari che vanno dalla reazione ai farmaci, ai tempi di guarigione, all’eventuale sensibilizzazione a determinate sostanze alla predisposizione – o meno – verso certe patologie.
L’idea di organizzare il sistema sanitario sul modello di una fabbrica, in cui le varie fasi si susseguano come in una catena di montaggio, non corrisponde ovviamente alla realtà, ricca di imprevisti capaci di sorprendere anche il più grande luminare e infatti i medici si pongono davanti al mistero della vita umana con mente aperta, né potrebbe essere altrimenti