Anac, Esposito: “Non abolirla, ma ridimensionarla”
ROMA – “La proposta politica di una soppressione tout court dell’Anac deve far riflettere anche se, di fatto, non e’ automatica ne’ semplice, perche’ significherebbe azzerare sia l’attivita’ pubblica di vigilanza sui contratti pubblici, imposta da norme europee a salvaguardia del mercato, sia il controllo sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione, che corrisponde ad un diritto primario dei cittadini. Cosi’ come non e’ pensabile abolire d’un colpo il Codice dei contratti pubblici, oltretutto varato nel 2016 a recepimento di direttive europee obbligatorie per l’Italia”. Lo sottolinea Gianluca Maria Esposito, ordinario di diritto amministrativo e direttore del Corso di perfezionamento in Anticorruzione e Appalti dell’Universita’ di Salerno commentando la proposta di Stefano Parisi (Epi) di abolizione dell’Anac e abrogazione del Codice degli Appalti.
Il professore, che l’8 gennaio prossimo coordinera’ i lavori del Convegno di studi ‘I poteri dello stato. Analisi a due secoli dal modello’, presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato, spiega comunque di condividere “nel merito la necessita’ di ridimensionare il ruolo dell’Anac, eretta a super-autorita’ di polizia al limite della stessa compatibilita’ con la Costituzione, in una fase storica in cui lo Stato e le imprese italiani sono additati alla stregua di ‘sorvegliati speciali’. Questa visione, a tacer d’altro, ha causato un gravissimo danno d’immagine al Paese sui mercati internazionali, e certamente allontana gli investitori stranieri, che temono la corruzione oltre il rischio reale, procedure pubbliche troppo farraginose e il costo di contenziosi lunghissimi e incerti. Ne’ va trascurato il grido d’allarme proveniente dal mercato delle opere pubbliche italiano, in ordine di grandezza il quarto d’Europa, nella direzione di una seria semplificazione delle norme, finora annunciata e mai realizzata”.
“Tuttavia- continua Gianluca Maria Esposito – non siamo all’anno zero e la riforma ideale e quella reale non possono percio’ coincidere. Stando all’arte del possibile, nessun governo puo’ abolire il Codice dei contratti pubblici e neppure l’Anac, ma se mai modificare l’uno e l’altro a partire dal nome stesso, che oggi evoca una specie di territorio criminale. Occorre pero’ fare i conti con la realta’: non si possono ignorare gli effetti di una riforma che, piaccia o meno, e’ in vigore da circa 500 giorni e ormai ha pervaso larga parte delle procedure pubbliche. Secondo me, piuttosto, occorre procedere rapidamente in due direzioni, che definirei l’una di manutenzione ordinaria e l’altra di ricostruzione, senza fermare la macchina”.
La prima, dice il professore, “riguarda le buone norme che sono presenti nel Codice, ma che ancora non sono state attuate: penso alla qualificazione delle stazioni appaltanti, al rating d’impresa, alla nomina dei commissari esterni, giudici terzi ed imparziali dell’aggiudicazione. La seconda riguarda la modifica di quella parte del Codice che, invece, cosi’ com’e’ lascia il Paese in un vicolo cieco. Penso alla necessita’ di recuperare moduli contrattuali piu’ elastici, che valorizzino maggiormente partenariati tra pubblico e privato, specie per opere strategiche, essendo ben nota la carenza di risorse pubbliche”.
Secondo Gianluca Maria Esposito, “un altro tema dolente riguarda il contenzioso che, per molta parte, sfugge allo stesso principio di certezza del diritto a causa della erronea formulazione, talora letterale, delle norme stesse”.
Il direttore del Corso di perfezionamento in Anticorruzione e Appalti dell’Universita’ di Salerno conclude: “Non credo che la Corte dei Conti possa sostituire l’Anac, trattandosi di due organi completamente diversi, uno a carattere giurisdizionale e l’altro amministrativo, con funzioni che non sono sovrapponibili. Certamente la prima ha un’esperienza vastissima in materia di controllo, che gioverebbe molto ai cittadini ove trasfusa nell’azione preventiva di contrasto alla corruzione, ed e’ innegabile che il sistema dell’Anac sia troppo sbilanciato sul controllo formale e giuridico, mentre in realta’ la prima esigenza da soddisfare e’ quella di una verifica di merito circa il corretto impiego delle risorse pubbliche”.
Fonte: «Agenzia DIRE» – «www.dire.it»