L’inchiesta seguita al decesso di Pischedda, che come informa l’Unione Sarda ha portato a formulare accuse pesantissime nei confronti di chi prestò soccorso prima al ladro che lui inseguiva e poi al nostro collega, non può consentire a nessuno di rimanere inerte.
L’Amministrazione deve reagire, come noi faremo in ogni modo possibile, e costituirsi nel giudizio che potrà nascere da questa indagine. E’ una cosa dovuta e ineludibile, perché la vita di un Poliziotto deve valere più del poco che, al momento, sembra valga per alcuni”.
Così Domenico Pianese, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, dopo la notizia riportata dal quotidiano “L’Unione Sarda” a proposito delle indagini seguite al decesso del giovane Agente Francesco Pischedda, 28enne morto dopo il tragico inseguimento che il 2 febbraio 2017 lo vide precipitare da un cavalcavia assieme al ladro moldavo che stava tentando di fermare.
La Procura, è spiegato, ha aperto un fascicolo a carico di chi partecipò ai soccorsi intervenuti dopo il fatto, formulando le ipotesi d’accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso.
Dagli atti di indagine, si legge ancora sul quotidiano, è infatti emerso che Pischedda, precipitato da un cavalcavia alto 7 metri, rimase ferito a terra per oltre un’ora e mezza, mentre veniva dato soccorso con priorità al ladro giudicato più grave.
Ancora dopo arrivò all’ospedale di Gravedona dove, però, non erano in grado di intervenire e così fu in seguito trasferito a Lecco dove morì prima dell’intervent
o.
“Purtroppo si perpetua il dolore atroce di fronte a questo dramma – insiste Pianese -. Pischedda è rimasto vittima della violenza di un fuggitivo cui ha reagito con le sue sole mani. Un taser o un banale spray avrebbero reso innocuo l’aggressore senza che questo costasse la vita a un Poliziotto, e ovviamente anche l’arma di ordinanza avrebbe potuto impedirne il decesso. Ma, come purtroppo non è certo un mistero, i Poliziotti devono fare i conti con la paura di morire o, se si difendono, di finire sul banco degli imputati. Una paura dettata da un sistema che non li tutela e non fa nulla per alimentare la continua ‘caccia alle divise’. Un sistema che, oggi conviviamo con questo atroce pensiero, potrebbe non aver fatto ciò che era dovuto per salvare la vita a un eroe che, alla sua giovanissima età, era stato premiato nel 2014 con la Lode per l’impegno profuso nel suo servizio di Polizia Giudiziaria ed aveva da soli 9 mesi avuto il più straordinario dei premi, una figlioletta ri
masta orfana”.