Foto su facebook e instagram come stile di vita: scattano i controlli del fisco
Si dice che “essere famosi sui social” è un po’ come essere ricchi al monopoli. Ed infatti, è la finzione che regna sovrana, così come l’ostentazione di foto su facebook ed immagini su instagram che narrano di vite meravigliose, piene di vacanze, successi professionali, ricchezza, serate tra amici, relax, ristoranti, lusso sfrenato, mare cristallino, macchine da sogno e chi più ne ha più ne metta.
Il tutto per un pugno di like su facebook e quanti più followers sia possibile accaparrarsi su instagram. Occhio però: che dalle stelle di facebook alle stalle del controllo fiscale il passo è davvero breve e si rischia non solo di inciampare, ma anche di cadere rovinosamente. C’è chi, sul web, pubblicizza la propria intera esistenza, o meglio la versione social di una vita che, il più delle volte, è normale o forse anche noiosa (se si ha così tanto tempo per renderne partecipi tutti!).
Attenzione però a pubblicizzare troppo il proprio (gonfiato) tenore di vita ed il proprio status stellato su facebook e su instagram. Oltre all’invidia di chi non può permettersi tanto sfarzo, coloro che ostentano troppo sui social attireranno immancabilmente i controlli del fisco.Non è raro, infatti, che l’ostentazione del lusso sui social diventi una prova per il Fisco e per i Tribunali, ai fini della contestazione dell’evasione e di frodi fiscali.Fisco: controlli su facebook e instagram
Di recente, infatti, il fisco ha preso di mira proprio i social network, primi fra tutti facebook e instagram. È bene, quindi, mantenere i “piedi per terra”. Al contrario si potrebbero attirare non solo le ira funeste della rete (soprattutto in un periodo di crisi come questo), ma – ciò che è peggio – sgraditi controlli del fisco. Ciò in quanto, le dichiarazioni fatte “on line” dal contribuente costituiscono, da un punto di vista giuridico, delle vere e proprie «confessioni» che consentono di avviare l’accertamento fiscale. Le pagine dei social network, infatti, sono producibili in giudizio e, salvo prova contraria, il semplice log-in può attribuire paternità certa ai contenuti pubblicati da quel profilo utente.
La vanità sui social, quindi, potrebbe costare molto cara, così come l’ostentazione di vite invidiabili, anche se forse non reali.
Tenore di vita gonfiato su facebook: cosa ne pensano i tribunali
Quanto detto, non è solo una regola di prudenza dettata dal buon senso, ma costituisce quando di più recente affermato dai tribunali italiani, che si sono trovati a giudicare (negativamente) i casi più disparati. Al riguardo, infatti, gli esempi di cui si compone la giurisprudenza sono moltissimi ed eclatanti, soprattutto negli ultimi tempi.
Così c’è l’operaio che lavora in nero e non lo dichiara al fisco per poi spiattellarlo sui social network. Il risultato? Su facebook “pollici alzati” come se piovesse, per il giudice, invece, “pollice abbassato” e cartellino rosso fuoco. Secondo la Corte d’Appello di Brescia, infatti: «La documentazione estratta da Facebook evidenzia un’attività che è molto probabilmente fonte di redditi non dichiarati» [1]. Da facebook, dunque, si è passati direttamente ad un controllo dell’Agenzia delle Entrate.
Altro caso memorabile: il marito che per negare il mantenimento alla moglie sostiene di essere costretto a vivere ai limiti della sopravvivenza. Peccato però che su Facebook pubblica foto di un’intensa e inequivocabile vita sociale con cene, aperitivi, colazioni e feste fuori. L’uomo oltre agli apprezzamenti sui social si è guadagnato una bella condanna a pagare non solo il mantenimento, ma anche le spese processuali [2].
E poi ancora l’imprenditore che dichiara di guadagnare poco più di 11mila euro annui e posta sui social le foto delle vacanze in alberghi a 4 stelle a Madonna di Campiglio, moto e auto di lusso. Un genio. Ma il giudice di tutta risposta, non credendo al suo stato di povertà, lo condanna a pagare l’assegno divorzile in favore della moglie [3].
Foto sui social e accertamento fiscale
Nulla vieta ai contribuenti di continuare a “postare” la propria vita da sogno sui social e ad immortalare la propria vanità. L’importante è sapere che verosimilmente tutto ciò faccia scattare, prima o poi, il temutissimo accertamento fiscale. Vediamo perché. L’accertamento fiscale nei confronti dei contribuenti deriva da un sistema che usa l’Agenzia delle Entrate per valutare la congruenza degli acquisti e del tenore di vita con il reddito “denunciato” annualmente dal contribuente nella dichiarazione dei redditi: si chiama accertamento sintetico e si vale del cosiddetto redditometro. Il Fisco, tramite le entrate e le uscite, tiene sotto controllo il tenore di vita di tutti noi e quando le uscite diventano troppe rispetto alle entrate scattano gli accertamenti fiscali.
Il ragionamento alla base di tutto è il seguente: ognuno di noi può spendere quanto guadagna. Detta in maniera semplice, l’Agenzia delle Entrate ragiona in questo modo: se “tanto” esce dal portafoglio, “tanto” deve anche entrare.
Se, al contrario, gli acquisti sono superiori alle entrate di almeno il 20%, le possibilità che non si stia cercando di evadere le tasse si contano sulla punta delle prime tre dita di una mano: o stai ricevendo pagamenti in nero, oppure hai vinto al gioco, o hai ricevuto donazioni. In questi due ultimi casi è necessaria però una dimostrazione rigorosamente contabile (non tramite testimonianze per intenderci).
note
[1] Corte di appello di Brescia, sent. n. 1664 del 1.12.2017.
[2] Corte di appello di Ancona, sent. n. 331 del 28.02.2017.
[3] Tribunale di Pesaro, sent. n. 295del 26 marzo 2015.
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Fonte: https://business.laleggepertutti.it