Se il prezzo del latte seguisse il trend di crescita del Pecorino romano dovrebbe essere pagato a 1,21 euro al litro. Infatti, il prezzo del Pecorino romano cresce del 102%.
Il prezzo del Pecorino romano, prodotto con il latte pagato a 0,60 centesimi, sale repentinamente, e tocca gli 8,50 euro al kg (prezzo di piazza, mentre Clal.it lo da a 7,45 euro/kg), mentre il latte cresce a rilento: raggiunti 0,85 centesimi al litro (come preventivato dal dossier Coldiretti), si è fermato. I loro percorsi (formaggio e latte), come sempre, si incrociano solo quando c’è crisi. Anzi già da quando si profetizza la crisi, con il Romano che trascina in basso anche il latte dei pastori.Un film già visto, in cui a guadagnare è sempre e solo una parte della filiera, quella della trasformazione. “Un atteggiamento palese – evidenzia il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Basta scorrere la rassegna stampa degli ultimi anni. Dall’agosto 2015, quando il prezzo del Romano sfiorava i 10 euro, erano all’ordine del giorno le dichiarazioni di catastrofe dei trasformatori, che di li a poco avrebbero cominciato a contrattare il latte con i pastori per la nuova annata. Una litania arrivata fino a minacciare la chiusura dei caseifici per evitare – scrivevano – il “collasso del sistema produttivo lattiero caseario ovino”.
Finita la crisi, finite le pubbliche relazioni. Nessuno che si preoccupa di lanciare messaggi rassicuranti ad un mercato congestionato di Romano, dicendo che se ne sta producendo di meno. Zitti davanti ad un prezzo che riprende fiato. E tutti allineati e coperti adesso che il Romano scala il prezzo come un esperto ciclista di montagna. Unica concessione il “regalo” di 10 centesimi dopo aver, non si capisce in base a quali calcoli, stabilito prima il prezzo del latte a 0,75 centesimi ed ora, dicono, a 0,85. “La realtà – sostiene il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – parla di una differenza abissale tra il trend di crescita del Pecorino romano e quella del latte. Uno più che raddoppiato (+102,4%) l’altro fermo al 41,7%. Insomma il prezzo del latte rispetto a quello del Pecorino romano è cresciuto meno della metà, se la matematica non è un’opinione”.
Il prezzo del latte è cresciuto – 0,36% in meno del Romano. La differenza tradotta in euro è di circa 100 milioni di euro. Denari che ancora una volta mancano dalle tasche dei pastori. Gli stessi che, con il latte crollato a 0,60 centesimi, lo scorsa annata hanno pagato 130 milioni dei 150 persi con il crollo del prezzo del Pecorino romano.
“Con una crescita cosi repentina, del 102% del prezzo del romano in 5 mesi, si rischia che qualcuno ci speculi – sottolinea Luca Saba -, scaricando i costi sui pastori. E’ urgente programmare immediatamente, perché il rischio e che si assista a breve ad un nuovo crollo del Pecorino, anche peggiore di quello vissuto nel 2016”.
“In questa situazione ci preoccupa il silenzio non solo dei trasformatori ma anche di chi ha la competenza di programmare – denuncia Battista Cualbu –, come l’Oilos, l’organismo al quale ci si è affidati per poter meglio programmare e gestire un futuro diverso del comparto, ma che al momento continua a tacere. Il prezzo del latte continua a dettarlo una parte della filiera e non il mercato, non si mettono in condizione i pastori di poter conoscere i dati e avere gli stessi strumenti della controparte per poter sedersi ad un tavolo e contrattare”.