L’arte della dissimulazione in un raffinato gioco di specchi per “Le Relazioni Pericolose” nella versione di Elena Bucci che firma la drammaturgia (insieme a Marco Sgrosso) e la regia della pièce ispirata al fortunato romanzo epistolare di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, in tournée nell’Isola per la Stagione di Prosa 2017-18 organizzata dal CeDAC nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
Una mise en scène immaginifica che restituisce la temperie culturale di un’epoca, tra spirito libertino e rigore morale, per l’affascinante spettacolo in cartellone – in prima regionale – mercoledì 24 gennaio alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale, poi giovedì 25 gennaio alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e infine sabato 27 gennaio alle 21 al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino.
“Le Relazioni Pericolose” – ovvero come recita il sottotitolo “conto aperto tra la marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont” (ovvero “lettere raccolte tra un gruppo di persone e pubblicate a scopo d’istruirne alcune altre”) per un’indagine sulle umane passioni, un viaggio tra i labirinti della mente e del cuore. Sotto i riflettori – insieme ad Elena Bucci e Marco Sgrosso – anche Gaetano Colella. Impegnati in in un susseguirsi incalzante, in una sorta di “montaggio alternato”, di dialoghi a distanza, sulla falsariga delle lettere in cui i personaggi svelano i più reconditi pensieri o al contrario falsificano i propri intenti, dando vita ad una complicata “danza” in cui si intrecciano inestricabilmente, fin quasi a confondersi, verità e finzione e si capovolgono i ruoli tra carnefice e vittima, in un microcosmo governato dai capricci di Eros.
“Le Relazioni Pericolose” – produzione CTB / Centro Teatrale Bresciano con la collaborazione artistica de Le Belle Bandiere – con il disegno luci di Loredana Oddone, la drammaturgia del suono di Raffaele Bassetti, la consulenza ai costumi di Ursula Patzak, la collaborazione alle scene di Carluccio Rossi e l’assistenza all’allestimento di Nicoletta Fabbri e Sara Biasin, trasporta gli spettatori in una dimensione ingannevole «dove balenano verità sempre diverse, velate e disvelate dalle armi dell’intelligenza e dell’ironia più amara.»
La pièce teatrale ricostruisce le intricate trame intessute dalla Marchesa de Merteuil, decisa a vendicarsi del “tradimento” del suo amante, il Conte di Gercourt infangandone il nome e esponendolo al ridicolo, a costo di sacrificare al suo progetto la felicità della giovane promessa sposa, Cécile de Volanges, la cui innocenza e ingenuità la rendono facile preda di un esperto seduttore come il Visconte di Valmont. La dama crudele ricorre dunque ai servigi di costui, suo antico amante, per “punire” l’affronto, mentre Valmont a sua volta ambisce a vincere le difese di una nobildonna di provata virtù quale Madame de Tourvel, una ben più ardua sfida che rappresenta per lui una tentazione irresistibile.
La spregiudicata marchesa e il suo complice portano avanti i loro perfidi disegni senza curarsi dei danni irreparabili che potranno provocare a coloro di di cui si servono, maestri nel manipolare le coscienze e avvalersi della propria intelligenza e del proprio charme per piegare gli altri e piegarli ai propri desideri. Un gioco perverso dagli esiti inattesi, che finiranno per sancire paradossalmente e a prezzo altissimo un ideale trionfo della virtù nell’eterna lotta tra il bene il male. Lo splendido ritratto dei due protagonisti, che affiora attraverso le lettere, si inserisce in una variegata galleria di caratteri in cui spiccano i due giovani – Cécile e il cavaliere Danceny – la cui purezza di sentimenti contrasta nettamente con la dissolutezza dei costumi e l’assoluta amoralità dell’eroina in negativo e del suo degno alleato.
Un capolavoro letterario del XVIII secolo, già più volte trasportato sul grande schermo – dalla versione di Roger Vadim del 1959 con Gérard Philipe e Jeanne Moreau, Annette Stroyberg e Boris Vian a quella di Stephen Frears (1988) con Glenn Close, John Malkovich, Michelle Pfeiffer, Uma Thurman e Keanu Reeves a “Valmont”, il film di Miloš Forman (1989) con Colin Firth, Annette Bening, Meg Tilly, Fairuza Balk – per esplorare le dinamiche delle relazioni d’amore e potere.
Tra le moderne variazioni cinematografiche anche “Cruel Intentions” di Roger Kumble, con Ryan Phillippe, Sarah Michelle Gellar e Reese Witherspoon, nonché “Untold Scandal” del regista sudcoreano E J-yong oltre al film tv “ Passioni Pericolose” e alla miniserie brasiliana “Ligações Perigosas”.
“Les liaisons dangereuses” – l’opera più nota di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos (segretario del Duca d’Orlèens, che seguì nell’esilio a Londra, nominato da Danton segretario governativo, divenuto poi generale e capo di Stato maggiore dell’armata dei Pirenei, successivamente comandante della riserva dell’artiglieria nell’armata del Reno, e poi dell’armata d’Italia di stanza a Taranto sotto Napoleone) offre un interessante spaccato della società, tra la condotta sfrenata e libertina dell’aristocrazia e i saldi principi che ispirano la morale comune. Un dualismo che riflette la complessità della natura umana, dove i confini del bene e del male si fanno meno netti se entra in gioco l’utile personale, o sotto la spinta del desiderio e dell’ambizione. L’autore – figlio di un ufficiale governativo appartenente alla cosiddetta Noblesse de robe – iniziata la sua carriera come giovane ufficiale, durante la guerra dei sette anni, ha instancabilmente proseguito la propria ascesa fino ai vertici dell’esercito, destreggiandosi abilmente tra i mutamenti politici negli anni tempestosi della Rivoluzione e dell’impero di Napoleone Bonaparte.
Il romanzo mostra l’efferatezza di una guerra, condotta con le armi dell’intelligenza e dell’astuzia, in cui l’amore si trasforma in odio, la dolcezza in veleno, e la vendetta di una donna umiliata o ferita travolge le esistenze di vittime innocenti, sedotte e ingannate ma comunque “colpevoli” di aver ceduto, abbandonandosi al piacere dei sensi e infrangendo così le regole ferree della società che impone alle donne un comportamento irreprensibile ispirato alla castità. Solo un percorso di purificazione e elevazione spirituale potrebbe restituire loro la pace interiore, nell’isolamento dal mondo e la dedizione alla preghiera – ma per i rei la pena è più atroce, senza possibilità di redenzione.