Raciti, semilibertà a Daniele Micale, sconcerto e ira del Coisp: “Uccidi un poliziotto e sei fuori in 6 anni. Un’offesa intollerabile alla memoria di un Servitore dello Stato morto per una partita di calcio. Filippo ucciso ancora”
“Assistiamo attoniti e a dir poco indignati alla concessione della semilibertà a uno degli assassini di Filippo Raciti. Di fatto questa persona, che ha distrutto per sempre l’esistenza del nostro collega e della sua famiglia, torna libero di fare ciò che gli pare e gli piace durante le sue intere giornate, mente familiari, amici e colleghi di Filippo sono condannati al ‘fine pena mai’. E oggi l’orrore di sapere che si può morire per una partita di calcio è pari solo alla consapevolezza che se ammazzi un poliziotto sei fuori in 6 anni. E’ davvero una vergogna senza fine”.Domenico Pianese, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, commenta furioso la notizia odierna della concessione della semilibertà a Daniele Natale Micale, 30 anni, uno dei due ultrà del Catania condannati per la morte dell’Ispettore della Polizia Filippo Raciti, il 2 febbraio 2007, allo stadio Massimino, durante il derby col Palermo assieme all’allora minorenne Antonino Speziale. Micale, nel novembre del 2012, è stato condannato definitivamente a 11 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, e allo stato ha scontato oltre metà della condanna in carcere a Catania. Grazie al beneficio che gli è stato concesso il 30enne esce di carcere al mattino, recandosi anche a lavorare, e rientra la sera, dovendo trascorrere la notte in cella.
“Già era poco sopportabile che l’omicida di un Servitore dello Stato, morto per il più assurdo e futile dei motivi, ricevesse una condanna sinceramente davvero esigua – incalza Pianese -, ma sapere che oggi questo signore esce dopo aver scontato metà della sua pena ci fa rabbrividire. Basterebbe fermarsi per un solo minuto a pensare cosa possa significare per una moglie con due bambini piccoli vedere uscire il proprio marito in divisa per una partita di calcio e non tornare più, per tutta una vita”.
“Basterebbe pensare a cosa significhi raccogliere dall’asfalto il corpo esanime di un collega che ha dedicato l’esistenza allo Stato e ai cittadini. Siamo stufi di vedere che, per altro verso, il binomio sport e violenza continui a mietere le sue vittime senza che responsabili e società vengano colpiti in maniera seria e severa, e senza che si riesca a spostare a carico di altri il ‘costo’ in termini di soldi e di salute per i servizi di sicurezza che sono vere e proprie trappole. Se poi persino di fronte alla morte di un poliziotto il massimo che si riesce a concepire sono sei insulsi anni di carcere… allora davvero le cose non possono funzionare”.