ROMA – “Il mondo sta uccidendo i venezuelani. Da un lato è l’indifferenza, dall’altra sono le aziende straniere che sfruttano le risorse minerarie, a scapito della popolazione.
Decine di cittadini ogni giorno ci chiedono aiuto tramite i social network, ma noi siamo una piccola onlus e da soli non ce la facciamo. Chiediamo al governo italiano, alle organizzazioni umanitarie e ai privati di intervenire“.
E’ lo sfogo affidato all’Agenzia DIRE da Ingrid Dussi, segretaria generale dell’associazione latinoamericana in Italia ‘Ali per il Venezuela ’.
La sua onlus, composta da 130 volontari sparsi in 25 città, dal 2013 è passata dall’organizzare attività culturali all’invio di medicinali, doventando uno dei principali punti di riferimento dell’emergenza nel Paese afflitto da una drammatica crisi economica.
“La gente non sa cosa mangiare” prosegue Dussi. “Anche i più facoltosi da mesi hanno i frigoriferi vuoti e si lavano i capelli con il bicarbonato, mentre ci sono bambini piccoli che non hanno mai assaggiato il latte vaccino. La situazione peggiora, lo dimostra il fatto che nell’ultimo periodo siamo sommersi di e-mail e messaggi sulla nostra pagina Facebook: c’è chi chiede cibo e medicine, e chi vuole lasciare il Paese ma non ci riesce”.
La segretaria di Ali per il Venezuela denuncia infatti un problema ulteriore: quello degli oltre 100mila venezuelani che hanno anche la nazionalità italiana ma non riescono a tornare in Italia.
“Ci risulta che il Consolato italiano riceva decine di domande al giorno. Chiediamo quindi alla Farnesina di intervenire inviando più personale, mentre le consulte regionali degli italiani nel mondo dovrebbero creare una task force che facili i rientri”.
Secondo la volontaria, inoltre, serve “che i media nazionali parlino di più dell’emergenza umanitaria, per aumentare le donazioni: noi ne riceviamo da varie aziende, come la UnipolSai Assicurazioni, ma ne servono molte di più, così come una mano concreta da altre ong ed onlus. Da soli non ce la possiamo fare”.
Infine, c’è l’emergenza malaria. “Nel 2017 circa 700mila persone si sono ammalate – sostiene Dussi – anche a causa di chi si reca nelle zone minerarie alla ricerca di oro, e poi tornando a casa favorisce il contagio. A novembre abbiamo avviato la distribuzione della clorochina (che si somministra nella fase acuta), ma non abbiamo la primachina, che serve a prevenire le recidive. Senza quella, tanta gente si è ammalata di nuovo. Chi può, ce la faccia avere“.
Alessandra Fabbretti
Fonte: «Agenzia DIRE» – «www.dire.it»