I fatti di Sciacca ci ricordano che in Sicilia sono circa sessantamila i cani randagi. Che il fenomeno del randagismo nel meridione è un problema che non è più possibile ignorare e che non riguarda più solo il Sud Italia ma le cui ripercussioni arrivano nei nostri canili, traghettate da staffette improvvisate nell’illegalità oppure viaggi autorizzati e controllati che sanciscono la collaborazione tra Ass.ni che lavorano seriamente per dare un futuro migliore a questi animali.
In entrambi i casi volontari e privati cittadini si sostituiscono alle Istituzioni che latitano nei doveri e nelle competenze in un territorio dove il randagismo canino è una piaga sociale e morale che, ancora una volta, vede il nostro paese viaggiare a due velocità diverse.
È degli scorsi giorni la notizia che l’ASP di Agrigento sarà la prima in tutta la Sicilia a mettere in pratica un Decreto dell’Assessore alla salute della Regione siciliana emanato lo scorso 3 novembre che vieta a cittadini e volontari di prelevare i cani randagi dal territorio, pena una multa che va da 86 a 520 euro.
Significativo il Decreto di quanto sia ormai evidente che la situazione sia fuori controllo, apprezzabile anche il tentativo di arginare in questo modo il fenomeno delle staffette ma, di fatto, un provvedimento che taglia le gambe ad Associazioni e cittadini che vogliono operare nella legalità e che di certo non fermerà chi invece, al contrario, agisce nell’ illegittimità.
Sciacca è la cartina al tornasole di una questione per troppo tempo ignorata dalle istituzioni preposte, che avrebbero dovuto controllare ed arginare il fenomeno del randagismo con un piano organico d’azione di concerto con le Associazioni Animaliste presenti sul territorio, un piano che preveda la realizzazioni di strutture comunali, attualmente insufficienti, gestite dalle Ass.ni di volontariato stesse, sterilizzazioni e microchippature di cani padronali e non, campagne di sensibilizzazione ed informative e confronti tra le ASP del territorio per rilevare le criticità comuni e porle in evidenza alla propria Regione di appartenenza, affinché non siano ignorate.
Ora più che mai è necessario che il Ministero intervenga per affrontare una questione che non è più solo meridionale, una questione che, grazie soprattutto ai social, ormai nel bene e nel male specchio di ciò che siamo, è arrivata alle coscienze di tutti, perché davanti alle immagini dei corpi di quei cani avvelenati, accatastati e messi in fila gli uni agli altri, ci si può solo vergognare.