Sartiglia, sembra di essere a Kabul, invece che a Oristano

Sartiglia kabuliana. Oristano blindata come Kabul. Forse si è ecceduto un po’ troppo con le misure di sicurezza, che poi non si sa bene sino a che punto siano di sicurezza, ma potrebbero anche ritorcersi contro la sicurezza, perchè mai lo voglia il destino avverso, se qualcuno in questi giorni si sentirà male in una casa del centro storico blindato, far passare velocemente i mezzi di soccorso, sarà un vero problema e in questo caso chi ne risponderà?

Un fatto è certo: gli oristanesi stentano a riconoscere la Sartiglia delle loro tradizioni. Questa del 2018 è una cosa che nessuno avrebbe potuto neanche minimamente immaginare e, purtroppo, non sappiamo chi dobbiamo ringraziare, molti abitanti e diversi commercianti, sono seriamente preoccupati e non sanno come venirne fuori da tutti i problemi collaterali causati da questo eccesso di misure di sicurezza.

Siamo lontani anni luce, dalla ricostruzione storica della giostra oristanese, che recentemente ne ha fatto Beppe Meloni in un suo pregevole saggio per Sardegna Reporter. Meloni, da fine scrittore qual è, racconta che “la Sartiglia, giostra a cavallo tra abilità e destrezza, è stata ideata dal canonico Giovanni Dessì per porre fine alla rivalità tra arborensi e soldati aragonesi durante il Carnevale. Con la sottomissione spagnola del Giudicato di Arborea, e la concessione della “licentia invadendi” del 1297 da parte di Bonifacio VIII a Giacomo II di Aragona, in cambio di un consistente censo feudale annuo. Alfonso IV fece suo il Regnum Sardiniae et Corsicae, voluto dal pontefice, occupando i Giudicati di Cagliari, Gallura e parte del Logudoro. L’ultimo a cedere fu il Giudicato di Arborea nel 1470, con Leonardo Alagon che al grido di battaglia “Arborea, Arborea” ebbe l’illusione, presto fugata, di poter resistere agli spagnoli, sbaragliando un consistente esercito vicereggio a Uras. Nel 1478 l’invio di rinforzi dalla Catalogna fu tale e i sardi ribelli cercarono la morte gloriosa sul campo. Tra di loro Artale, figlio maggiore di Leonardo Alagon. Mentre il marchese moriva rinchiuso nelle segrete spagnole, il Marchesato e la Contea del Goceano, finirono nelle mani del Reggente la Reale Tesoreria e, successivamente, dell’Intendente spagnolo e dei suoi delegati, fino alla cessione ai Savoia nel 1720. In tutto questo doloroso “bailamme”, l’odio tra autoctoni e invasori, lievitò al punto che durante i festeggiamenti per il Carnevale, la cattura e l’uccisione degli aragonesi si consumavano quasi fosse un rito propiziatorio di rinascita. Mirabile l’intuizione del canonico Dessì, di incanalare questa accesa rivalità in una giostra, la Sartiglia, secondo le regole dei tornei cavallereschi del tempo, finanziata da un cospicuo lascito a favore del Gremio dei Contadini, insistente sui territori di Is Pastureddas e Chirigheddu. A tal proposito, si racconta che persino rari eventi astronomici, come un’eclissi di sole, accompagnarono quella che fu la prima corsa il 4 febbraio 1543, quando il corteo dei cavalieri, Capo corsa in testa, attraversò per la prima volta la piazza della Cattedrale con incedere lento e regolare, sfoggiando abilità e destrezza. In deroga alle consuetudini del tempo, potevano partecipare alla corsa anche gli aderenti alle due Confraternite, ma la corsa all’anello era un onore riservato solo ai cavalieri e ai gentiluomini, il popolino si prendeva la rivincita dimostrando la loro abilità con le evoluzioni delle pariglie, che si svolgevano fuori le mura di cinta della città”.

Comunque sia, oggi tra controlli anti doping, mugugni, minacce di sciopero e altre amenità, si correrà, quindi, uniamoci all’auspicio che il sindaco Lutzu fa agli oristanesi, quando dice “Con la Sartiglia, dentro la Sartiglia, davvero tutte e tutti ci ritroviamo, con la consapevolezza che solo nell’identità condivisa, nasce e cresce lo spirito di unione, che ha fatto grande la città e le ha dato nei secoli lustro e dignità”.

Gian Piero Pinna