Tunisia, Fathi Chamkhi: “C’è una guerra continua”
ROMA – C’e’ “una guerra continua” tra rivoluzione e controrivoluzione in Tunisia, e il Paese rischia di vedere ristabilito “un sistema simile a quello di Ben Ali”.
Ad affermarlo, rispondendo alla DIRE, e’ il deputato tunisino Fathi Chamkhi, intervistato in Italia in occasione di un seminario organizzato dal Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi (Cadtm) e dall’arcidiocesi di Pescara.
Dopo aver fatto parte di organizzazioni clandestine sotto la dittatura, in carcere durante il regime di Ben Ali, Chamkhi e’ stato in prima linea durante il movimento noto come ‘rivoluzione dei gelsomini’
Ora e’ tra i 15 parlamentari eletti nella formazione di sinistra del Fronte Popolare, ma parla di “controrivoluzione”. Parte del fenomeno, secondo il deputato, sarebbe proprio il debito pubblico, oggi al centro dei colloqui tra Macron e i vertici dello Stato tunisino. Il debito del Paese, che dai 25 miliardi di dinari del 2011 e’ schizzato alla fine del 2017 a oltre 67 miliardi di dinari (poco piu’ di 22 miliardi di euro, il 69,5% del Pil), rappresenta per Chamkhi uno strumento attraverso il quale i creditori, come il Fondo monetario internazionale, la Banca europea d’investimento e la Francia, possono condizionare la politica del Paese.
“Siamo a rischio fallimento” avverte Chamkhi: “Se non rompiamo questa logica di dipendenza, sara’ molto difficile ritrovare la stabilita’ per la Tunisia“. Membro della Commissione finanze, il deputato ha depositato una proposta di legge al fine di creare una commissione per stabilire la verita’ sul debito pubblico tunisino, che considera “odioso” perche’ in gran parte contratto sotto la dittatura.
Ma il rischio di tornare al “sistema Ben Ali” e’ rappresentato, per Chamkhi, anche da una legge
La legge di riconciliazione economica e finanziaria, approvata a settembre dall’Assemblea, che consente l’amnistia per chi ha commesso reati economici durante la dittatura. “È un modo di buttare a terra il morale della gente, che vede che queste persone non solo non sono state giudicate, ma oggi vengono perdonate, mentre i giovani che chiedono lavoro e protestano vengono chiusi in prigione” osserva Chamkhi, facendo riferimento alle manifestazioni anti-austerita’ che hanno attraversato la Tunisia nell’ultimo mese. “Il senso e’ poter rimettere al loro posto i dirigenti di prima della rivoluzione” aggiunge.
I fautori della “controrivoluzione” sono anche in Europa e in Occidente
“L’Ue ha sostenuto la dittatura, oltre ad aver imposto la politica economica del libero scambio e ora continua nella stessa direzione”. Il deputato si riferisce in particolare all’Aleca, accordo che nel 2008 ha abolito i diritti doganali sui prodotti industriali importati dall’Europa, provocando, secondo i suoi detrattori, come gli attivisti del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, ingenti danni economici alla popolazione, e minando la sovranita’ nazionale.
Giulia Filpi
Fonte: «Agenzia DIRE» – «www.dire.it»