(ASI) Elezioni. Dopo la tremenda batosta del 4 marzo 2018, il Partito Democratico cerca di fare il punto sulle motivazioni che lo hanno portato alla sconfitta più clamorosa che la sinistra ricordi dal dopoguerra.
Ecco dunque che l’analisi sarebbe: “hanno vinto i populisti con le promesse di meno tasse al nord, e con il reddito di cittadinanza al sud”. Anche se nessuno lo dice, è intrinseco che il riferimento va chiaramente ad un voto di scambio al meridione. Ma sarà davvero così?
Viaggio a sud di Roma
Fermo restando che la Flat Tax poteva essere un argomento certamente accattivante per le imprese del nord, era chiaro che al meridione non avrebbe trovato gli stessi consensi. Ciò a causa del devastato tessuto economico locale che certi ambienti intellettuali definiscono come “storicamente” non incline all’impresa e al lavoro, ma affetti da mali quali il familismo ed il lavoro in nero. Ecco dunque che, con questa spiegazione, il trionfo dei “populisti” del centrodestra al nord pare diventare più accettabile di quello dei “colleghi agitatori” del Movimento 5 Stelle al meridione.
Nell’Italia politica che si risveglia divisa come nel 1860, questa distinzione nord – sud sembrerebbe apparentemente sensata, se non fosse che la rinascita di una sorta di Regno delle Due Sicilie versione 2.0, sta volta allargato pure alla Sardegna e alle Marche, sembra inconciliabile con la strategia di un partito che avrebbe, secondo l’On. Nadia Ginetti, eletta Pd in Umbria, “raccontato il percorso di ripresa in cui è stato guidato il paese”.
Che siano impazziti al meridione? Oppure che il voto di scambio sia il vero male di tutto ciò che c’è a sud della capitale?
In realtà si ricorda un altro caso, molto simile alla questione del reddito di cittadinanza promesso da Luigi Di Maio alle elezioni del 4 marzo 2018, cioè la questione degli 80 euro. Tale sostegno economico era stato promesso dal Partito Democratico alla vigilia delle ultime elezioni europee.
Tale periodo, che di fatto fu il massimo apogeo della segreteria di Matteo Renzi, coincise con un periodo fortunato per il Pd. Alle europee si confermò infatti primo partito d’Italia. Ma in quell’occasione non fu voto di scambio, bensì una “vasta presa di coscienza popolare che il Pd ha a cuore le sorti d’Italia e degli italiani”, come venne detto a suo tempo da molti esponenti Dem.
Allora perché questa volta sarebbe diverso? Apparentemente la spiegazione sarebbe semplice: non sono più 80 euro, ma un reddito vero e proprio. Oppure c’è dell’altro? Magari il fatto che a proporli siano stati gli avversari del Movimento 5 Stelle? In questi misteri che sono i meandri della psiche politica forse è meglio non avventurarsi. Possiamo magari accontentarci delle innumerevoli dichiarazioni di politici ed esponenti Dem, e di altrettanti euro burocrati, che da ormai una settimana lasciano intendere che tutte le forze in campo, tranne il Pd, ed i suoi alleati, rappresentino pericolose spinte populiste.
Pare chiaro che in una realtà come quella del meridione dove la sofferenza, la privazione, la separazione dai propri affetti e dalla propria terra la facciano da padrone, la proposta di un reddito di cittadinanza avesse ottime possibilità di attecchire. Stiamo parlando infatti di una terra devastata e dimenticata. Di una terra ove il malaffare è la manifestazione della mancanza di uno stato e di una politica forti, che si presentano in loco solo al momento delle elezioni, per poi obliterarsi fino alle successive tornate elettorali. Stiamo parlando di una terra dove anche la speranza è per molti un lusso, dove le famiglie più importanti occupano tutti i gradini della scala del potere assicurandosi, mediante continue rotazioni e cambi di casacca partitica, l’egemonia permanente che stronca ogni più tenue sogno di un futuro migliore.
Ecco dunque che un intero tessuto sociale sta da anni morendo. I giovani, le migliori risorse di qualsiasi paese, stanno scappando da una terra arida di possibilità, mentre i pochi coraggiosi che restano lo fanno sapendo che solo lo sfruttamento ed il lavoro sottopagato li attende. Ma anche considerando quanto sopra, non sembrerebbe possibile che il solo reddito di cittadinanza possa aver scardinato equilibri di poteri familisti e settari che perduravano da decenni.
Chiediamolo ai giovani del mezzogiorno
Ecco dunque che a questo punto bisogna forse chiedere ai giovani del sud Italia perché soprattutto loro hanno votato per il Movimento 5 Stelle, rompendo le tradizionali affiliazioni delle proprie famiglie con il “referente” di zona.
Come ogni buona inchiesta giornalistica, bisogna lasciar spazio anche alla campana opposta, vale a dire ai giovani meridionali, molti dei quali emigrati al nord, o fuori dal paese, che sui social hanno sfogato ieri tutta la loro frustrazione per la vittoria del Movimento 5 Stelle nel meridione. Prendendo ad esempio la pagina Facebook “Guerriglia Antigrullina”, si può leggere un post che intitolato “Breve Storia triste: voto di scambio borbonico a 5 stelle”. Sotto di esso numerosi giovani, sedicenti meridionali, scrivono e inveiscono contro i propri conterranei per l’esito del voto. Si va da “mi vergogno di essere meridionale”, a “il reddito di cittadinanza piace a molti lavativi del sud”, per concludere con “i miei amichetti terroni sono propri delle capre ignoranti”. Ma cosa dicono invece quelli che il Movimento 5 Stelle lo hanno votato, pur provenendo da tradizioni politiche ben diverse, oppure dalla non tradizione politica, o ancora, cosa dicono quanti, pur non avendo votato i 5 stelle, non sono d’accordo con l’analisi dei propri conterranei ostili al Movimento grillino?
Prendiamo a riferimento Fabrizio. Originario di Crotone. “La politica da queste parti è sempre stata voto di scambio. Essa si manifesta solo quando ci sono elezioni. Abbiamo gente che è stata in tutti i partiti, ed il cui nome continua a venir fuori malgrado per il territorio non svolgano alcuna azione politica tangibile. Anzi, spesso si tratta di gente che nei territori non risiede neanche. Tra l’altro quando si tratta di battaglie di tutti i giorni per la salvaguardia di un parco, o di un sito archeologico, ma anche della salute dei cittadini, negli ultimi due anni, gli unici esponenti politici che nella mia città ho visto intervenire, con manifestazioni e assidua presenza, sono stati solo quelli del Movimento 5 Stelle”. Per Salvatore, di Reggio Calabria, giovane Dem., “il Pd ha perso con percentuali da tracollo perché non ha mai ascoltato le istanze del territorio negli ultimi 20 anni. Alla gente cui tu hai chiesto il voto per anni, e che in cambio chiede ciò che in altre parti d’Italia è la norma (servizi, assistenza, trasporti), viene risposto con i soliti nomi e con paracadutati da Roma”. Spostandoci in Campania, Matteo, ex giovane comunista, ci spiega: “Si può considerare riformista un partito che in Campania permette la creazione e l’imposizione di una stirpe politica come quella di De Luca? Non è forse il ripetersi di una tradizione familistica e clientelare mai scomparsa dai tempi dell’Unità d’Italia?”.
Ma l’intervento forse più pesante a sfavore della teoria del voto di scambio si può trovare sui social network. Francesco, avvocato della provincia di Cosenza, in passato noto esponente del Pd nel centro Italia, noto anche a livello nazionale, scrive: “In politica gli spazi vuoti non esistono, vengono subito riempiti.
Ad esempio, ha appena smesso Salvini di insultare il Sud con la storia che i meridionali nonhanno voglia di lavorare, che, eccoti i democratici – renziani che, tracimanti fiele per la sconfitta, prendono il suo posto e, da ieri, non fanno altro che offendere i meridionali che, a loro dire, avrebbero votato 5 stelle solo per prendere il reddito di cittadinanza, senza lavorare.
Vi ci farei vivere qualche anno al sud, dove devi avere la fortuna di non avere mai bisogno della Giustizia, della Sanità, dello Stato insomma. Dove quello che da altre parti è scontato è una conquista, dove quello che da altre parti è un diritto diventa un favore, dove la politica è solo clientelismo, ed i cittadini vengono tenuti al guinzaglio dal bisogno, da “politici” di ogni schieramento. Una politica che neanche il vostro amato Matteo ha provato a cambiare e, anzi, come i suoi predecessori (Veltroni, D’Alema, Bersani), ne ha approfittato, aprendo la sua corte alle stesse persone che tengono il meridione in queste condizioni: veltroniane quando ci stava Veltroni, dalemiane con D’Alema, renziane con Renzi, cazzi loro sempre. Vi ci vorrei far vivere, forse capireste che, questa “politica”, lascia un solo spazio di libertà, per ribellarsi, per esprimere dissenso, per esprimere un voto libero e democratico: Le Politiche! E gli elettori ne hanno approfittato, può piacere o meno il loro voto, ma è stato libero e democratico, e va rispettato. Alle amministrative, regionali, etc., difficilmente si potranno concedere questo lusso, e torneranno ad essere vittime e carnefici di loro stessi, a votare come piace a voi, come vi fa comodo, e per questo fate finta di non sapere come nasca quel consenso. Ma, ieri, hanno votato come volevano, sono stati liberi, e voi li offendete per questo”.
Difficilmente questo trionfo del Movimento 5 Stelle al meridione può essere voto di scambio. Con un po’ di buon senso, si può arrivare a capire che molto probabilmente è il grido disperato di dolore di una terra le cui sofferenze ed i cui patemi spesso vengono soffocati nell’oblio di una consuetudine che continua di fatto a proporre un Italia mai veramente unita.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia