Sarkozy: Saleh, il testimone chiave vittima di uno strano agguato
Sarkozy indagato per i finanziamenti dalla Libi
L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy e’ stato iscritto nel registro degli indagati nell’inchiesta sui presunti finanziamenti libici alla sua campagna presidenziale del 2007. Lo scrive Le Monde sul suo sito. I reati ipotizzati sono corruzione passiva, finanziamenti legati alla campagna elettorale e occultamento di fondi pubblici libici.
Concluso fermo Sarkozy, si attende decisione giudici
Si e’ concluso questa sera alle 19 lo stato di fermo di Nicolas Sarkozy a Nanterre, il polo anticorruzione della polizia. Dopo 25 ore di interrogatorio, interrotte per consentire all’ex capo dello stato di rientrare per la notte a casa, si attende la decisione dei giudici. Interrogato nell’ambito dei presunti finanziamenti libici alla sua campagna elettorale 2007, Sarkozy potrebbe essere ora indagato o potrebbe essergli concesso lo statuto di testimone informato dei fat
Sarkozy: Saleh, il testimone chiave vittima di uno strano agguato
Nell’agendina che Shukri Ghanem, l’ex ministro del Petrolio libico trovato annegato a Vienna il 29 aprile 2012, aveva con se’ prima di morire, erano scrupolosamente annotati tre pagamenti effettuati da Gheddafi a favore della campagna elettorale 2007 di Nicolas Sarkozy. Uno, da 3 milioni di euro, saldato da Saif al-Islam, il secondo figlio del Colonnello, che a Ghanem era molto vicino. Di un altro, da 2 milioni, si occupo’ l’allora capo dell’intelligence di Tripoli, Abdullah Senussi, attualmente detenuto in patria. Del terzo versamento, 1,5 milioni di euro, si prese carico quello che sara’ probabilmente il testimone chiave dell’inchiesta aperta contro l’ex presidente francese dal procuratore Serge Tournaire. Stiamo parlano del nigerino Bashir Saleh, che di Gheddafi fu il vero braccio destro.
Capo di stato maggiore, segretario particolare del defunto dittatore e – soprattutto – gestore dal 2006 al 2009 del fondo sovrano dal quale sarebbero provenuti i finanziamenti illeciti che hanno portato al fermo di Sarkozy, Saleh e’ il depositario di buona parte dei segreti che potrebbero inguaiare l’ex inquilino dell’Eliseo. E c’e’ mancato poco perche’, come Ghanem, non fosse in grado di raccontarli. Lo scorso 23 febbraio Saleh e’ infatti sopravvissuto a un misterioso agguato a Johannesburg, dove ora risiede, che – allo stesso modo della morte di Ghanem – ha piu’ di un lato oscuro da chiarire, non rendendo troppo peregrina l’ipotesi che, anche in questo caso, l’intento potesse essere tappare per sempre la bocca a un testimone pericoloso. Forse il piu’ pericoloso di tutti.
Dopo la caduta di Tripoli, nell’agosto del 2011, Saleh, che aveva cercato di convincere Gheddafi a scegliere la via dell’esilio, riesce a riparare in Tunisia. I servizi segreti transalpini organizzano la sua fuga a Parigi, dove ottiene un permesso di soggiorno valido per un anno. Ma l’aria della capitale francese si fa presto pesante per l’ex “banchiere di Gheddafi”.
Le nuove autorita’ libiche lo accusano di essere scappato con la cassa, ovvero di aver portato con se’ svariati miliardi di dollari sottratti al fondo sovrano che aveva gestito. Miliardi che il Consiglio Nazionale di Transizione vuole recuperare. L’Interpol si mette sulle sue tracce. E il 28 aprile 2012 Mediapart, la stessa testata che rivelera’ i segreti contenuti nell’agendina di Ghanem, pubblica un documento in arabo che proverebbe lo stanziamento di 50 milioni di euro a favore della campagna elettorale di Sarkozy.
Si tratterebbe delle minute di un incontro, avvenuto a Tripoli nella primavera del 2007, al quale avrebbero partecipato Saleh, Senussi, l’allora ministro degli Esteri libico Moussa Koussa, il faccendiere franco-libanese Ziad Takieddine (oggi tra i principali accusatori di Sarkozy) e Brice Hortefeux, che all’epoca era ministro del governo Fillon ma era uno degli uomini di fiducia di Sarkozy, del quale era stato capo di gabinetto nonche’ testimone di matrimonio e padrino di battesimo del secondogenito Jean Sarkozy. Saleh smentisce tutto.
L’allora primo ministro, Francois Fillon, nega che sullo scomodo ospite penda un mandato di cattura internazionale. Nel frattempo il socialista Francois Hollande aveva vinto il primo turno delle presidenziali, che lo incoroneranno al secondo turno il 6 maggio. Prevedendo forse che i suoi mentori non sarebbero rimasti al loro posto a lungo, il 3 maggio 2012 Saleh toglie il disturbo. A occuparsi della sua fuga, secondo un’inchiesta di Les Inrockuptibles, e’ il capo del controspionaggio francese, Bernard Squarcini, che era stato il suo protettore e manteneva i contatti con lui tramite il faccendiere franco-algerino Alexandre Djourhi, arrestato a Londra lo scorso 9 gennaio nell’ambito dell’indagine di Tournaire (che ora dovrebbe chiederne l’estradizione).
LA FUGA IN SUDAFRICA
Saleh scappa con la famiglia prima in Niger, poi in Senegal e infine in Sudafrica, dove vanta contatti di alto livello. Di livello tale che, quando nel 2013 il governo libico emette contro di lui un mandato di cattura internazionale per appropriazione indebita, il presidente sudafricano Jacob Zuma sceglie di non collaborare, nonostante la pressione dell’opposizione perche’ consegni Saleh, che in Sudafrica inizia a fare affari d’oro, dimostrando una ricchezza di mezzi decisamente sospetta (si parla di almeno un miliardo investito in cinque anni). Interrogato in materia durante un’audizione parlamentare, Zuma ammette candidamente di “non essere in grado di monitorare o controllare” i movimenti all’interno del Paese di Saleh, che nel 2012 era stato addirittura avvistato al ricevimento per il centenario dell’Anc, il partito di Zuma.
Nel giugno 2017 l’Onu segnala al governo di Pretoria un versamento di 800 milioni di dollari da un conto sudafricano a una banca keniota utilizzati per l’acquisto di armi da parte di una non meglio specificata delegazione libica. Ad aver effettuato il pagamento, accusa l’Onu, e’ lo stesso Saleh, che dal suo esilio stava cosi’ fornendo sostegno ad alcune milizie schierate nel complicatissimo Risiko libico. Zuma, ancora una volta, fa finta di niente. L’ex braccio destro del Colonnello si sente ormai cosi’ sicuro di se’ che inizia a rilasciare interviste ai media europei nelle quali afferma di voler contribuire alla riconciliazione nazionale del Paese nordafrican.
Il 29 settembre 2017 – due giorni dopo le rivelazioni di Mediapart sull’agendina di Ghanem – Saleh, oggi settantunenne, arriva ad ammettere a chiare lettere, in un’intervista a Le Monde, che Gheddafi aveva finanziato la campagna elettorale di Sarkozy.
Si arriva cosi’ al 29 aprile 2012. Saleh atterra all’aeroporto di Johannesburg, la citta’ dove risiede, dopo un viaggio d’affari in Zimbabwe. Durante una sosta, due persone sfondano con un martello il vetro della sua auto, strattonano a forza Saleh fuori dal veicolo, gli sparano sei colpi di pistola al torace e all’addome e scappano via col suo computer portatile. Non verranno mai presi. Saleh sopravvive e i suoi legali affermano che “non c’e’ alcuna prova che l’attacco abbia avuto moventi politici”. Per quanto il Sudafrica sia un Paese difficile, c’e’ pero’ piu’ di un motivo per dubitare che si sia trattata di una semplice rapina, a partire dalle dichiarazioni dei suoi familiari secondo i quali l’uomo “si era sentito particolarmente minacciato nelle ultime settimane”. Del resto, l’arresto di Djourhi, meno di due mesi prima, aveva gia’ reso molto chiaro come il cerchio si stesse stringendo intorno a Sarkozy.
Perche’ a Saleh e’ stato rubato solo il laptop? Perche’ e’ stato colpito sei volte al torace e all’addome, mentre il suo autista e’ stato ferito solo di striscio? Gli aggressori intendevano quindi ucciderlo? E perche’ le autorita’ e i media hanno fornito versioni cosi’ contrastanti della vicenda (all’inizio alcune testate avevano sostenuto che l’attacco fosse avvenuto nell’abitazione di Saleh, altre parlano di una gang di cinque aggressori, non di due)? Sono domande alle quali Saleh stesso potra’ rispondere, una volta che sara’ uscito dal reparto di terapia intensiva dell’ospedale dove e’ ricoverato, sorvegliato da guardie armate 24 ore su 24. Un dispiegamento di forze tale da lasciar intendere che nemmeno le forze dell’ordine sudafricane sono cosi’ convinte che sia stata una semplice rapina finita male.
Francia: fondi libici, nuovo interrogatorio per Sarkozy
L’ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, si è nuovamente presentato alla polizia giudiziaria di Nanterre per essere interrogato in merito alle accuse di finanziamenti libici alla sua campagna del 2007. L’ex inquilino dell’Eliseo, dopo il fermo di ieri, era tornato a casa a Parigi a tarda notte per ripresentarsi stamane agli investigatori. La sua custodia è ripresa alle 8 di questa mattina.
Sarkozy, guerra in Libia per coprire gli illeciti?
E ovviamente emergono tanti dubbi sulla vicenda. C’è persino chi parla della guerra in Libia voluta proprio da Sarkozy come una strategia per coprire gli illeciti. Ed emerge un’altra oscura vicenda. La sera del 28 aprile 2012 Shukri Ghanem e’ a cena con la sua famiglia nell’appartamento viennese dove vive ormai da un anno. Era stato tra i primi alti funzionari di Tripoli ad abbandonare la Libia quando, nella primavera del 2011, le forze della Nato iniziarono a bombardare il Paese nordafricano a sostegno dei ribelli in lotta per rovesciare il presidente Muammar Gheddafi. Ghanem non era un gerarca qualsiasi. Nominato primo ministro nel 2003, nel 2006 fu scelto per guidare la Noc, la compagnia petrolifera di Stato che gestiva le enormi riserve energetiche della Libia. Un incarico che Ghanem mantenne fino al 16 maggio 2011, quando abbandono’ una nave che affondava, fuggendo prima a Roma e poi nella capitale austriaca, dove inizio’ una seconda vita come consulente. Sulla carta, Ghanem aveva abbandonato Gheddafi per sostenere, dall’estero, i suoi oppositori. Ma il nuovo esecutivo libico, insediatosi dopo l’assassinio del Colonnello, ucciso mentre fuggiva verso la sua Sirte (poi diventata bastione dell’Isis sul Mediterraneo), non si fida di lui: troppo stretti i suoi legami con la famiglia Gheddafi, in particolare con il secondo figlio del presidente, Saif al-Islam, che insieme a Ghanem aveva cercato di spingere il Paese verso riforme che lo avvicinassero all’Occidente. Proprio l’incerto destino del Paese fu l’argomento della sua ultima conversazione con i familiari, racconta una delle figlie che, destatasi la mattina dopo, non trovo’ in casa il genitore. Poche ore dopo, il cadavere di Shukri Ghanem venne trovato galleggiare, vestito di tutto punto, nelle acque del Danubio, non distante dal suo appartamento. Non ci sono apparenti segni di violenza, ne’ altri indizi che possano provare che l’uomo sia stato gettato nel fiume da qualcuno, sebbene la polizia in un primo momento avesse aperto un’indagine per omicidio. L’autopsia non trova nel sangue di Ghanem tracce di alcol o farmaci. Si sa solo che e’ annegato e che la morte risale a prima delle 5 del mattino. Un suicidio? Un assassinio? Una caduta seguita a un malore? Quasi sette anni dopo, non lo sa ancora nessuno. Ritenere che possa non essersi trattato di un incidente e’, pero’, tutt’altro che ardito. Ghanem lasciava molti nemici in patria, tra i lealisti come nel nuovo governo libico, che in quelle settimane stava lavorando con l’Interpol a un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti (cattiva gestione delle risorse di idrocarburi il capo d’accusa ufficiale). Ma anche in Francia c’e’ chi potrebbe averlo voluto morto.
L’affaire Ghanem, il ‘Calvi’ libico morto nel 2012
Il 27 settembre 2016 Mediapart, testata francese specializzata in giornalismo d’inchiesta, pubblica una rivelazione clamorosa, che anticipa parte delle imputazioni che porteranno al fermo di Nicolas Sarkozy. Quel 28 aprile 2012, annuncia Mediapart, nel Danubio non fu trovato solo il corpo di Ghanem ma anche un’agendina che dettagliava tre pagamenti alla campagna elettorale di Sarkozy giunti nel 2007 da funzionari del governo libico, per un totale di 6,5 milioni di euro. I documenti vengono girati al procuratore Serge Tournaire, il magistrato responsabile dell’inchiesta che ha portato al fermo dell’ex presidente francese, che ne verifica l’autenticita’. I legali di Sarkozy ora non possono piu’ sostenere che le prove di finanziamenti libici a favore del loro assistito sono contraffatte. Secondo Mediapart, Ghanem cita un vertice del 29 aprile 2007 nel quale Bashir Saleh, un membro dello staff di Gheddafi (ferito per misteriosi motivi l’1 marzo scorso a Johannesburg), aveva affermato di aver versato un milione e mezzo di euro a Sarkozy. Un’altra tranche da 3 milioni sarebbe stata saldata direttamente da Saif al-Islam, mentre gli altri due milioni sarebbero stati versati dal capo dei servizi segreti libici, Abdullah Senussi. Rivelazioni che si aggiungono a quelle dell’uomo d’affari franco-libanese Ziad Takieddine, che ha affermato di aver trasportato valigie piene di contanti direttamente al ministero degli Interni francese in tre occasioni, dal novembre 2006 al gennaio 2007. Perche’ Ghanem aveva quei preziosi appunti con se’ nel giorno della sua morte? E perche’ non sono stati trovati addosso a lui? L’inchiesta di Tournaire potrebbe presto fare luce anche su questi interrogativi. Di certo non e’ dietrologia supporre che possa essere stata quell’agendina a costare a Ghanem la vita. “Abbiamo finanziato noi la sua campagna elettorale e ne abbiamo le prove”, tuono’ Saif al-Islam Gheddafi, al quale Ghanem era molto vicino, mentre i bombardieri francesi iniziavano a martellare il suo Paese. Quelle prove ora ci sono. E tra esse ci sono gli appunti di Shukri Ghanem, ripescati da quelle acque nelle quali, forse, qualcuno sperava restassero.
Fonte: www.affaritaliani.it