La “verità”, ovvero il bisogno di possedere certezze e valori diffusi e condivisi, non appartiene più alle esperienze politiche di questo Paese, da quando della politica si è fatto spettacolo.
Nel diffuso agitarsi di modesti personaggi al crepuscolo di una stagione, finita per sempre lo scorso 4 Marzo – comunemente detta “Seconda Repubblica”, che ha dato a gran parte di essi opportunità in larga parte immeritate – credo valga la pena spendere una parola in favore di un onesto giudizio sul percorso politico che ha portato alla recente elezione della seconda e terza carica dello Stato.
Da spettatori, ovviamente, senza alcuna pretesa di conoscere retroscena o segreti che non appassionano più, se non gli addetti ai lavori, ed in attesa di sapere quale “capolavoro” politico i nostri beniamini sapranno cavare dal cilindro per la formazione di un Governo, possibilmente capace di non farci vergognare in Europa.
Proprio la verità, sotto forma – talvolta ingannevole – di parole scagliate con crudezza, al netto di evidenti cadute di stile, ha saputo sedurre gli Italiani – abituati per decenni a “narrazioni” del tutto avulse da riscontri reali, citate anche dal Presidente Napolitano durante l’apertura dei lavori nelle nuove Camere – ammesso che verità effettivamente sia l’attuale “vulgata” che pretenderebbe di accreditare agli occhi del popolo una parte politica come immacolati fautori di innovazione ed un’altra come retrogradi custodi di tradizioni superate.
Se da un lato può ravvisarsi del vero, in questa rozza impostazione che sembra essersi data la cosiddetta “Terza Repubblica”, dall’altro è innegabile che lo stesso concetto di “verità” ancora oggi non corrisponda – con limpidezza ed onestà – al bisogno diffuso che di essa gli Italiani manifestino, premiando partiti avvezzi a giurare nelle piazze con rosario e Vangelo in mano, salvo poi attaccare Vescovi e gerarchia Cattolica per il solo legittimo dissentire, o movimenti “virtuali” la cui sincera vocazione al bene comune resti tutta da dimostrare.
La “verità”, ovvero il bisogno di possedere certezze e valori diffusi e condivisi, non appartiene più alle esperienze politiche di questo Paese, da quando della politica si è fatto spettacolo, improvvisazione, filtro prismatico del “qualunquismo” diffuso al punto da far credere potesse essere alla portata di tutti, illusoria rincorsa al prestigio sociale – comprese le forme esteriori del potere, che al contrario i Padri della Repubblica fuggivano con onesto disprezzo – e nulla più, con buona pace di chi ingenuamente ha continuato a credere – compresa una larga parte del mondo Cattolico, al quale appartengo – potesse bastare l’impegno dei singoli per capovolgere il lento ed inesorabile declino.
Davvero non vedo motivo per rallegrarsi – se non in malafede, ed al solo scopo di perpetuare quella “narrazione” mendace che dicevamo – di un bipolarismo che consegna al futuro, per dirla con il bravo Antonio Polito del “Corriere” – prendendo a prestito alcuni concetti dal suo editoriale del 24 Marzo scorso ( “Bipolarismo anomalo” ) – una “Repubblica bipolare” con due soggetti egemoni e voraci, Lega e Cinquestelle, ritengo alludendo con tale termine più ad una patologia che ad uno schema virtuoso di alternanza tra schieramenti diversi ma complementari. Pur stupendosi delle virtù benefiche della Democrazia Parlamentare, infatti, capace di ricondurre a moderazione anche i soggetti più indisciplinati, l’analisi in questione – che condivido – lucidamente pone in discussione l’esistenza stessa di partiti al tramonto, come Forza Italia o il Partito Democratico, inesorabilmente oggetto di “OPA ostili” – come si direbbe nel gergo finanziario – da parte dei vincitori, ovvero Salvini e Di Maio.
Sarebbe troppo facile, a questo punto, invocare il senso di responsabilità di chi questi partiti ha fondato e diretto, con fasi indubbiamente di grande successo popolare, per suggerire un’onesto “mea culpa”- che ci impongono i tempi, non tanto e non solo gli elettori in fuga – capace di ridisegnare completamente un’offerta politica che nel campo Moderato, inteso non più come “Centro Destra” o “Centro Sinistra” ma come nuovo “Reassemblement” di culture omogenee, necessita urgentemente di progetti innovativi in chiara discontinuità con il passato.
Diversamente, come poter dare torto a Polito quando preconizza una Forza Italia assorbita dalla Lega Italia di Salvini – nel giro di qualche mese – o ad un PD agonizzante, completamente incapace di drenare consensi in favore dei Cinquestelle?
Scrissi – giusto due settimane fa, in occasione del 40° anniversario del sequestro del Presidente Moro – di “errori” imperdonabili, di cui i politici – locali e Nazionali – faticherebbero a rendersi conto, troppo concentrati sul proprio orgoglio e sulla difesa a oltranza di un passato irrimediabilmente perduto. Posso capirli, da convinto sostenitore di una politica virtuosa che non ci appartiene più, ma non posso condividerne l’ostinata e miope visione, che non potrà fare altro che peggiorare la situazione – in una sempre più decadente “Democrazia in cerca d’autore” – rendendo irreversibile il processo di estinzione di un Centro Moderato, Liberale e Popolare che sono convinto rimpiangeremo, nel giro di pochi anni.
Pietro De Montis