Oggi si compone un altro tassello fondamentale nel puzzle disegnato da Coldiretti che porterà ad un carrello della spesa completamente trasparente
Entra oggi, 5 aprile, in vigore il Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145, dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2017, con l’obbligo di indicare nell’etichetta degli alimenti, la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento.
Una norma che consentirà di verificare se un alimento è stato prodotto o confezionato in Italia come hanno chiesto l’84% degli italiani (nella consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole) che ritengono fondamentale conoscere, oltre all’origine degli ingredienti, anche il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione.
Con l’obbligo arrivano anche sanzioni (in caso di inadempimento) che vanno da 2.000 a 15.000 euro, per la mancata indicazione della sede dello stabilimento o se non è stato evidenziato quello effettivo nel caso l’impresa disponga di più stabilimenti.
“Se l’operatore del settore alimentare disponga di più stabilimenti, è consentito – spiega la Coldiretti – indicare tutti gli stabilimenti purché quello effettivo sia evidenziato mediante punzonatura o altro segno identificativo, mentre nel caso di prodotti non destinati al consumatore finale ma alla ristorazione collettiva (es. ristoranti, mense) o all’azienda che effettua un’altra fase di lavorazione, ci si può limitare a indicare la sede dello stabilimento solo sui documenti commerciali di accompagnamento”.
L’obbligo era già sancito dalla legge italiana (D.Lgs 109/1992, oggi sostituito dal D.Lgs 231/2017) ma era stato abrogato in seguito al riordino della normativa europea in materia di etichettatura alimentare.
L’Italia ha stabilito la sua reintroduzione al fine di garantire, oltre che una corretta e completa informazione al consumatore, una migliore e immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo e, di conseguenza, una più efficace tutela della salute.
“Una norma – commenta il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – che segue i passi avanti ottenuti grazie all’obbligo di indicare in etichetta l’origine (in questo riferito agli ingredienti) del latte e i suoi derivati, del grano nella pasta, del riso e presto anche del pomodoro e i suoi derivati.
Stiamo procedendo sulla strada giusta – evidenzia -. L’auspicio è che il nuovo Governo proceda e acceleri questo percorso di trasparenza sull’origine del cibo. E’ fondamentale indicare in etichetta lo stabilimento di lavorazione, ma continueremo la nostra battaglia affinché sia esteso anche e soprattutto l’obbligo di indicare in etichetta, per tutti gli alimenti, l’origine degli ingredienti”.
Questo, secondo il 96% dei consumatori è di gran lunga considerato l’elemento determinate per le scelte di acquisto.
“E noi condividiamo a pieno – sottolinea il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu –, perché la conquista di domani è fondamentale ma non basta: pensiamo, infatti, a quanti prodotti acquistano la cittadinanza sarda solo perché sono stati trasformati nella nostra regione. Sono diversi quelli che troviamo nello scaffale con in etichetta l’omino in costume e i 4 mori di cui però non conosciamo l’origine degli ingredienti”.
Oltre 1/4 della spesa degli italiani è ancora anonima con l’etichetta che non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi ai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. Due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati all’estero senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta.
Sulla base dei dati dell’Osservatorio lmmagino per fare leva sul patriottismo nei consumi, il tricolore sventola sul 14% delle confezioni alimentari ma in ben il 25% dei prodotti sugli scaffali c’è comunque un evidente richiamo all’italianità che spesso viene sfruttata a sproposito. Proprio per questo la Coldiretti ha avviato una mobilitazione popolare #stopcibofalso nei confronti dell’Unione Europea per fermare il cibo falso e proteggere la salute, tutelare l’economia e bloccare le speculazioni.
La petizione si può formare nei mercati di Campagna Amica oppure on line sui siti www.coldiretti.it e www.campagnamica.it.
L’obiettivo è dare la possibilità a livello europeo di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti dopo che l’Italia, affiancata anche da Francia, Spagna Portogallo, Grecia, Finlandia, Lituania e Romania, ha già adottato decreti nazionali per disciplinarlo in alcuni prodotti come latte e derivati, grano nella pasta e riso.
“Una scelta che – evidenzia la Coldiretti – ha spinto la Commissione Europea ad avviare con quattro anni di ritardo una consultazione pubblica sulle modalità di indicazione dell’origine in etichetta come previsto dal regolamento europeo sulle informazioni ai consumatori n.1169/2011, entrato in vigore nel dicembre 2013”.