giudici della Corte d’assise di Varese hanno condannato all’ergastolo Stefano Binda, unico imputato per l’omicidio di Lidia Macchi
I giudici della Corte d’assise di Varese hanno condannato all’ergastolo Stefano Binda, unico imputato per l’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa trovata uccisa con 29 coltellate nel gennaio del 1987 in un bosco a Cittiglio, nel Varesotto.
La sentenza e’ stata pronunciata esattamente 31 anni, 3 mesi e 19 giorni dopo il delitto, avvenuto il 5 gennaio 1987 con 29 coltellate dopo una violenza sessuale. Il condannato, ex compagno di scuola della vittima e, come lei, frequentatore degli ambienti di Comunione e Liberazione, e’ stato arrestato solo 29 anni dopo il delitto, nel gennaio 2016. La giuria, presieduta da Orazio Muscato, era composta da due giudici togati e sei giudici popolari.
Delitto Macchi, la scheda di Agi: la svolta 28 anni dopo
Nel film “Quattro manifesti a Ebbing, Missouri”, una madre, interpretata da Frances Mc Dormand che per questo ha vinto l’Oscar come migliore attrice, conduce una sua personale, dolorosa e impopolare protesta perche’ nessuno riesce a scoprire che e’ stato l’assassino di sua figlia. Per condannare il presunto omicida di Lidia Macchi, uccisa con 29 coltellate dopo aver subito una violenza sessuale, ci sono voluti oltre 31 anni. Era infatti il 5 gennaio 1987 quando la ventenne fu uccisa nei boschi della provincia di Varese, vicino a Cittiglio, dove era stata a trovare un’amica in ospedale.
Lidia Macchi era una scout e frequentava ambienti di Comunione e Liberazione, come l’uomo, il coetaneo Stefano Binda, accusato 28 anni dopo di essere l’autore del delitto. Per accertarne la responsabilita’, sospettata sulla base di una lettera scritta a mano e anonima consegnata alla famiglia della giovane vittima, nei mesi scorsi e’ stata anche disposta la riesumazione della salma.
Al termine di un processo durante il quale Binda si e’ sempre dichiarato innocente ma senza riuscire a fornire, tanti anni dopo, un alibi solido, la Procura di Varese ha deciso di seguire le indicazioni dell’accusa e i giudici, dopo tre mesi, lo hanno condannato all’ergastolo. A tutte le udienze del processo ha assistito l’anziana madre della vittima, Paola, e i suoi fratelli Stefania e Alberto, mentre il padre e’ scomparso prima di conoscere il nome di chi ha ucciso sua figlia.
L’ex compagno di liceo della giovane era stato accusato dagli inquirenti solo 27 anni dopo i fatti, nel 2014: quando un’amica della vittima ha riconosciuto la scrittura di Binda nella lettera pubblicata su un giornale locale, La Prealpina. A quel punto il caso, fino ad allora irrisolto, dopo aver seguito inutilmente due piste diverse (gli accusati erano stati rispettivamente un sacerdote e un pregiudicato della zona), e’ stato riaperto e il passato dell’accusato passato al setaccio. All’epoca era tossicodipendente, studiava filosofia e frequentava la ragazza, che si fidava di lui.
Fonte: www.affaritaliani.it