Dopo il secondo giro di consultazioni il Presidente della Camera Roberto Fico è ottimista. Ma i Dem prendono tempo fino alla Direzione del 3 maggio
Mentre il candidato premier pentastellato Luigi Di Maio ha chiesto uno sforzo al Pd per un accordo di governo “al rialzo”, al termine di 72 ore convulse, segnate da sospetti e polemiche interne, Matteo Renzi e Maurizio Martina hanno deciso la data della direzione che deciderà se sedersi al tavolo delle trattative con il Movimento 5 Stelle.
Fonti parlamentari riferiscono che i due si sono sentiti questa mattina per concordare la data del 3 maggio alle 15, a 24 ore dall’assemblea dei senatori convocata dal capogruppo a Palazzo Madama, l’ultra renziano Andrea Marcucci.
Rimangono le diverse impostazioni tra le due compagini che si sono venute a formare dentro il Pd, renziani e governisti, ma Martina puo’ almeno dirsi soddisfatto per aver trovato la quadra con Renzi e la delegazione del Pd, “consolidando un percorso comune con tempi ragionevoli di approfondimento”. Un risultato che sembra certificato anche dalle parole di Marcucci, componente della delegazione: “Il Pd decidera’ nella sua direzione del 3 se avviare o meno il dialogo con il M5S. Abbiamo informato il presidente Fico di questo nostro modo di procedere.
Va ricordato inoltre che se il dialogo partisse, la nostra base di dialogo sarebbero i 100 punti del programma Pd”. Quella dei 100 punti, in realta’, e’ vista dai contrari all’accordo come una polizza assicurativa che il tavolo, anche se dovesse partire, avra’ vita breve. Inoltre, stando a quanto riferiscono fonti parlamentari, la data del 3 maggio farebbe comodo soprattutto ai contrari al dialogo con i Cinque Stelle: la speranza sarebbe quella di far passare piu’ giorni possibili per vedere lievitare il malcontento dei militanti Pd e spingere i dubbiosi a schierarsi con il ‘No’ al tavolo. In ogni caso, Martina e’ determinato a provarle tutte per sedersi almeno al tavolo.
E’ consapevole che le possibilita’ di raggiungere l’accordo per fare un governo sono ridotte al lumicino, ma intende provarci. L’ultima parola, va ripetendo, spetta alla direzione. Il fuoco di sbarramento arrivato ieri dai renziani dopo la sua intervista da Bruno Vespa ha colto di sorpresa il reggente, convinto di non avere detto piu’ di quello ripetuto fino allo sfinimento. Il fatto e’ che gli esponenti vicini all’ex segretario gli rimproverano di avere impostato male e fuori tempo la trattativa: “Con i Cinque Stelle non puoi trattare alla pari o da una posizione di svantaggio. Occorreva aspettare che da loro arrivasse una ‘supplica’ a sedersi al tavolo”. “Non c’e’ alcun passo avanti”.
Anzi, da Di Maio “e’ arrivato forte e chiaro il ‘No’ all’accordo” di governo: in ambienti renziani vengono interpretate cosi’ le parole del capo politico dei Cinque Stelle dopo i secondo round di consultazioni dal Presidente della Camera, Roberto Fico. Ma quale apertura, spiegano ancora: hanno detto che le distanze rimangono, hanno incensato Martina e criminalizzato Renzi prendendosela con i Tweet contrari all’accordo, hanno avvertito che sulle infrastrutture sono irremovibili e, quindi, niente Tav, niente Tap, niente di niente. Come si fa a scorgere dei progressi in tutto questo?
La risposta dei renziani e’ che nemmeno Martina, in realta’ crede che ci sia questa volta, ma che tutta la vicenda sia funzionale a far fuori politicamente Matteo Renzi. La partita consisterebbe nell’arrivare alla direzione del 3 maggio con un pacchetto tale di consensi da spaccare i dem e, se Martina e i governisti dovessero perdere, cercheranno di dare la colpa dello strappo proprio a Matteo.
Alcuni parlamentari vicini all’ex segretario si dicono certi che tra Salvini e Di Maio il fuoco non sia del tutto spento e, anzi, che abbiano nel cassetto l’accordo per un governo M5s-Lega, senza Forza Italia. Una idea che viene incoraggiata anche dalla difesa d’ufficio del leader dei Cinque Stelle nei confronti di Salvini, descritto come “sotto ricatto” del Cavaliere.
La prova, stando a quanto dicono fonti renziane, del fatto che Di Maio starebbe giocando a spaccare i due fronti, il Pd e il centrodestra. Nella guerra intestina ai dem, su un punto sembrano tutti concordare: avanti cosi’ si andra’ al voto. La possibilita’ e’ stata avanzata pubblicamente da Maurizio Martina, ieri a Porta a Porta. Una uscita che i renziani leggono come un tentativo di mettere spalle al muro l’ex segretario che avrebbe tutto da perdere dal voto anticipato.
I neoeletti, la stragrande maggioranza dei quali scelti personalmente da Renzi, potrebbero reagire in maniera imprevedibile alle minacce di voto anticipato, spaventati dalla possibilita’ di vedersi sfuggire tra le mani un mandato di cinque anni in Parlamento, con annessi e connessi. Tra gli esponenti renziani di maggior peso, tuttavia, si mostra sicurezza: nessun timore del voto, e’ il ragionamento, sono tutti consapevoli che sarebbe quella l’unica strada da prendere in caso di fallimento delle trattative per la formazione del governo.
Ma a chi spetterebbe fare le liste? In caso di voto anticipato, viene spiegato ancora, si eleggerebbe prima il segretario. E in questo caso, non si escluderebbe un clamoroso ritorno in pista dello stesso Renzi, sospinto dai #Renzitorna che imperversano sui social e dalla richiesta esplicita di esponenti di primo piano come Antonello Giacomelli.
L’ala governista, naturalmente, non si farebbe trovare impreparata. In campo ci sono gia’ Martina, Nicola Zingaretti e, con loro, quel ‘partito dei ministri’ che sta lavorando affinche’ non si chiudano le porte a un dialogo con i Cique Stelle. In caso di show down verso il congresso, non e’ escluso uno dei due candidati in campo, il governatore del Lazio o il segretario reggente, possa fare un passo di lato per aumentare il peso dell’opposizione a Renzi.
Fonte: www.affaritaliani.it