L’unica che ha capito bene tutto è Giorgia Meloni.
L’uscita fu contestata dal centro – destra perché accelerava ancor più la crisi del primo governo Berlusconi, ma parve seguire l’attivismo iniziato con il suo predecessore Francesco Cossiga.
Negli ultimi tempi c’è stato anche l’altro esempio di Giorgio Napolitano che ha gestito in maniera molto “interventista” alcune crisi, occorre dire risolvendole.
E così non deve sorprendere quello che è il piano del Capo dello Stato Sergio Mattarella: pararsi istituzionalmente dando incarichi impossibili alla Casellati e a Fico, il primo fallito e il secondo destinato al fallimento, per poi poter calare l’asso nella manica e cioè il “governo del Presidente” che vedrebbe tutti dentro con un obiettivo limitato, cambiare la legge elettorale ed andare a nuove elezioni con un meccanismo che assicuri un vincitore certo, magari con un forte premio di maggioranza o come il doppio turno alla francese.
A questo punto anche la Suprema Corte non potrebbe intervenire agevolmente visto quello che è successo con l’assenza di meccanismi premianti, come è nel Rosatellum 2.0, e la riforma sarebbe non solo ben accetta da tutti, ma anche sostanzialmente blindata sul piano costituzionale.
E questo il piattino avvelenato in salsa democristiana che l’abile Mattarella sta preparando ai due vincitori del 4 marzo e se Matteo Salvini e Luigi Di Maio non si muovono velocemente resteranno con il classico cerino in mano.
Oltretutto, c’è anche da dire che Mattarella conta su un alleato inaspettato nel centro – destra, e cioè Silvio Berlusconi che sta conducendo, di fatto, una doppia “guerra”: al suo interno contro Salvini che gli vuole sottrarre la leadership della coalizione e all’esterno per non farsi emarginare da Grillo.
Ha dunque ragione Giorgia Meloni (ieri ha rincontrato a Montecitorio Francesco Storace dopo un periodo di incomprensioni politiche) che molto più pragmatica del grillino e del leghista, vuole accelerare e chiudere in tempi brevi, perché ha ben capito il menù che intende cucinare il Quirinale, pericolosamente indigesto al centro – destra inteso come coalizione e non come palestra di confronto sulle “dimensioni alfa” dei contendenti maschi. Oltretutto, Fratelli d’Italia, è l’unico partito cresciuto nelle elezioni in Molise, segno che la linea seguita finora è giusta e produttiva.
Giuseppe Vatinno
Fonte: www.affaritaliani.it