Il primo “giro di valzer” delle consultazioni al Quirinale, ci dicono le cronache, si è chiuso – come largamente prevedibile, nonostante in questo Paese si aggirino improvvisati “aruspici” capaci di scrutare il futuro meglio della nuda verità dei numeri – con un nulla di fatto.
Il Presidente Mattarella, almeno per il momento, non ha potuto fare altro che evidenziare il triste gioco delle parti messo in campo dalle delegazioni dei partiti, evidentemente non ancora intenzionati a scoprire completamente le carte. Si badi, però, che questo “gioco” – potremmo facilmente definirlo “al massacro”, senza ombra di dubbio – si stia compiendo sulla nostra pelle, come nella più consumata prassi partitica che proprio i cosiddetti epigoni del “nuovo” si erano proposti di combattere.
Un Paese ripiegato su se stesso, bloccato a metà tra le inconciliabili promesse di minore fiscalità al Nord e di un maggiore assistenzialismo al Sud, attende – e credo attenderà ancora per giorni – un “colpo di teatro” capace di risolvere la situazione. Nessuno è in grado di dire, al momento, se questa attesa sia vana o se al contrario porterà frutto. Di sicuro, non ci appartiene il carattere pragmatico di chi – come ad esempio la Germania – saldamente ancorato a tradizioni politiche di sicura esperienza, come quella Democratico Cristiana e quella Social-democratica, dimostri ampia capacità di una sintesi virtuosa – non tra opposti inconciliabili, come la Lega ed i Cinquestelle – a beneficio del futuro ( e delle tasche ) dei propri concittadini.
In Italia, al contrario, vige tutt’ora la regola aurea del cosiddetto “Stellone Italico”, al quale affidare – anche oltre la ragione, il buonsenso ed il pudore – i destini futuri di una Nazione, sempre meno appetibile per i giovani talenti, che infatti scappano all’estero appena possono, nella quale il benessere – una volta diffuso, nella ormai scomparsa “classe media” – sia ormai diventato possesso esclusivo di sempre più ristrette categorie di privilegiati. Da qui, il successo dei movimenti di protesta: “pauperista” da un lato, in un’ottica di illusoria “redistribuzione” finanziariamente insostenibile, e “populista” dall’altro, il cui unico collante è la guerra tra poveri ed il soffiare sulle ceneri della diversità, vissuta come conflitto e non come opportunità, nella speranza di ricavare profitto dal probabile incendio che ne deriverebbe.
Mi domando, allora, quale ragionevole soluzione si possa domandare al Presidente Mattarella, prigioniero del ruolo “Notarile” che si è dato nell’interesse del Paese, rispetto ad un atto coraggioso di discontinuità che solo dai cosiddetti “sconfitti” del 4 Marzo scorso potrebbe finalmente giungere, in un sussulto di dignità. La politica Italiana – come già successo, ad esempio, nel 1993 con la nascita di Forza Italia e più tardi con il famoso “Predellino”, ovviamente con il beneficio della sospensione del giudizio sulla bontà storica di tali atti – va rapidamente sottoposta ad una “terapia d’urto”, affinchè possa essere ricondotta ad uno schema maturo, finalmente “adulto” e plasmato sul modello della CDU-CSU Tedesca, al quale potrebbero contribuire unicamente gli ormai anacronistici resti d’antiquariato di Forza Italia e del PD, nella speranza possa efficacemente contrastare il nuovo ed emergente cartello degli “irresponsabili”, che finiranno inevitabilmente per fagocitarli.
Credo sia solo questione di tempo… sebbene speri vivamente di sbagliare.
Se ciò non accadrà, se preferiremo continuare a vivere con la testa rivolta ad un “centro-destra” ed un “centro-sinistra” ormai perduti, quanto lo fu – purtroppo – la migliore esperienza politica del passato di questo Paese, avremo per sempre decretato la fine della sola alternativa possibile al dilagare del cosiddetto “uomo qualunque”: il primato della ragione sulle emozioni, delle competenze sull’improvvisazione, della ricerca di donne e uomini capaci a prescindere dalle etichette di “vecchio” o “nuovo” che con la complicità del web abbiamo colpevolmente diffuso in ogni dove.
Mino Martinazzoli, il 22 Gennaio 1994 accingendosi a costituire il nuovo Partito Popolare, affermava con forza che ” … se manca una visione generale, se non si apprezzano fino in fondo le grandi provocazioni che la modernità impone agli uomini di questa storia, allora il nostro viaggio è cieco, manca di una bussola, l’orientamento non è chiaro, l’approdo in qualche modo si dilegua “. Esattamente quanto accaduto nei successivi 24 anni di Storia Repubblicana, sino ai nostri giorni.
Chi ha raccolto davvero – mi chiedo – quella sfida preconizzata da Martinazzoli, nel silenzio colpevole e diffuso dei Moderati di ieri e di oggi, senza più guida e prospettiva? Spero da Lassù non si accorga, per carità di Patria, di Grillo, Di Maio e Salvini e del loro scomposto agitarsi in nome di una vilipesa “vocazione alla modernità”, che ambirebbero a rappresentare.
Sarebbe una delusione tanto cocente quanto immeritata, per un uomo che credeva sinceramente in un futuro molto diverso da ciò che molti di noi hanno contribuito a costruire.