La politica è fatta di provvedimenti che cambiano la vita delle persone, ma anche di simboli. Meglio, spesso i politici devono la loro fortuna a degli slogan o a parole chiave.
Così in tanti hanno votato alla presidenza della Regione Attilio Fontana e alle Politiche Matteo Salvini perché avevano rispettivamente sostenuto di voler rendere ancora più efficiente la Lombardia e togliere la scorta a Roberto Saviano in caso di conquista di Palazzo Chigi.Ben venga quindi – gran parte degli italiani stanno tifando in questa direzione – la volontà del Movimento 5 Stelle, dopo l’elezione alla presidenza della Camera di Roberto Fico e di Riccardo Fraccaro quale questore anziano, di abolire i vitalizi e tagliare i costi della politica (“Non c’è più scampo”, ha dichiarato il candidato premier pentastellato Luigi Di Maio).
Il ddl dell’esponente Pd Matteo Richetti che voleva revocare i vitalizi nella scorsa legislatura, si è arenato al Senato. Adesso si può velocemente fare nell’Ufficio di Presidenza. Lo stesso Fraccaro ha ricordato che questa fu la sede prescelta nel 2012 per il passaggio al sistema pensionistico contributivo. Certo, la maggioranza dei 5 Stelle all’Ufficio di presidenza non basta, e qui potrebbe venire in soccorso la Lega di Matteo Salvini, che ha parlato anch’egli di priorità.
Che non sia demagogia, lo dimostrano i dati. Attualmente sono in pagamento vitalizi per 190 milioni all’anno. Le spese dei deputati in totale, tra indennità, benefit e rimborsi ammontano a circa 280 milioni. Quelle generali di funzionamento della Camera superano i 200 milioni. In ogni azienda che si rispetti, il nuovo porta con sé la spending review. Un esempio simbolico? Che senso hanno tutti quei commessi in livrea e coi guanti bianchi, quando bastano una giacca, una cravatta e un cartellino di riconoscimento? Quanto agli stipendi e ai vitalizi dei deputati, sia sufficiente il confronto con gli stipendi degli italiani. Sembrerebbe adeguato un salario quattro volte quello medio e alcuni benefici legati al ruolo (come il rimborso delle spese di viaggio, come nelle imprese, dove pure si limita all’essenziale l’uso del taxi). Anche perché l’attuale classe politica – è vero in democrazia tutti possono essere eletti – non rappresenta culturalmente e intellettualmente il meglio del Paese (quanti non laureati!) e soprattutto l’accesso non è pienamente meritocratico (a volte ricorda il vincere alla lotteria) come avviene nel mondo delle aziende.
di Ernesto Vergani
Fonte: www.affaritaliani.it