Gli inquirenti lo definiscono il “volto pulito della cosca” e, per questo, intestatario e titolare di numerose attività imprenditoriali.
Gli inquirenti lo definiscono il “volto pulito della cosca” e, per questo, intestatario e titolare di numerose attività imprenditoriali.
Così riusciva a scansare le eventuali disposizioni di legge relative alle misure di prevenzione e a reati contro la Pubblica Amministrazione, in particolare quello della corruzione di funzionari pubblici.
Parliamo di Girolamo Giovinazzo, meglio conosciuto come Jimmy, 45enne di Cittanova attualmente detenuto e considerato “organico” al clan dei Raso–Gullace–Albanese, a cui sarebbe legato da vincoli di parentela avendo sposato Francesca Politi, la nipote del defunto capo cosca Girolamo Raso.
A suo carico, stamani, la Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria, coordinata dalla Procuradella Repubblica, ha eseguito un decreto di sequestro di beni per un valore che è stimato intorno ai 22 milioni di euro.
Si tratta di un consistente asset immobiliare e mobiliare, che comprende beni aziendali e personali, costituito da otto società, per l’intero capitale sociale e l’intero patrimonio aziendale (di cui 5 aziende di capitali, due di persone ed una ditta individuale) con sede tra Cittanova, Roma e Pomezia, ed operanti nei settori turistico alberghiero, ristorazione, agricolo (produzione di olio), lavorazione del legname e trasporto rifiuti.
Tra queste anche una nota struttura alberghiera di lusso, la “Uliveto Principessa Park Hotel” di Cittanova. Poi, 16 terreni sempre nel reggino, per un’estensione complessiva di oltre 13 ettari; e due capannoni ad uso industriale da 3 mila metri quadri. Infine, disponibilità finanziarie e titoli comunitari Arcea, riconducibili a Giovanizzo, alla moglie ed ai figli.
IL BUSINESS DEGLI APPALTI E DEI CONTRIBUTI
Le indagini avevano evidenziato il grande interesse degli appartenenti alle due cosche in settori economici definiti “strategici”: il movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on‑line; ma anche la lavorazione dei marmi, gli autotrasporti, per finire con lo smaltimento e trasporto di rifiuti speciali.
In quel contesto, il ruolo del Giovinazzo sarebbe stato quello di “portavoce” ed uomo di fiducia del boss Girolamo Raso, avendo il compito di mantenere i rapporti con i sodali (tra cui Carmelo Gullace, che ne sarebbe stato al vertice), con esponenti di cosche contigue e, contemporaneamente, con il mondo politico ed imprenditoriale, oltre che con funzionari pubblici: lo scopo era quello di ottenere commesse di lavori o appalti, contributi comunitari ed alti “vantaggi”.
LA CRESCITA TRA CLAN E INCLINAZIONE A DELINQUIRE
Il 45enne è tuttora incensurato nonostante i numerosi procedimenti penali avviati nei suoi confronti, anche in altre vicende giudiziarie: gli inquirenti lo ritengono responsabile dell’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di scritture contabili, falso, truffa aggravata, bancarotta fraudolenta, associazione a delinquere). Ma secondo investigatori, però, sostanzialmente sarebbe appunto il “volto pulito della cosca”.
L’ordinanza restrittiva dell’operazione “Alchemia” è stata confermata anche nei successivi gradi di giudizio cautelare e, in relazione ai fatti contestati, Giovinazzo è stato rinviato a giudizio nel luglio 2017.
Alla luce di questi elementi, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino lo ha ritenuto portatore sia di “pericolosità sociale qualificata”, per la sua presunta contiguità alla ‘ndrangheta, che di pericolosità cosiddetta “generica”, “in ragione – sostengono i magistrati – della sua inclinazione a delinquere”: in pratica la tesi è che la crescita della sua attività imprenditoriale sia stata “concretamente agevolata nell’avvio e, soprattutto, nell’espansione”, dal ricorso sistematico a pratiche imprenditoriali illecite.
Dunque, il suo patrimonio è stato ritenuto come il frutto o il reimpiego di guadagni proprio di attività illecita, evidenziandosi anche una “significativa sproporzione” tra i redditi dichiarati e le effettive disponibilità a lui riconducibili, così come emerse dagli accertamenti eseguiti dalla Dia.
Fonte: http://www.cn24tv.it