Venerdì 20 Aprile 2018 alle ore 18:30 presso lo Spazio/Teatro di Bocheteatro in Via Trieste Giacomo Casti e Francesco Medda Arrogalla
Amo Facebook, odio Facebook.
Lo amo perché́ crea relazioni, accelera scambi, potenzia opinioni, può veicolare messaggi importanti.
Lo odio perché́ crea dipendenza, alimenta illusioni, amplifica solitudini (e non è un paradosso), produce redditi nostro malgrado.
“Per facebook la merce sei tu”, titola un bell’articolo di John Lanchester sulla London Review of Books, rilanciato qualche tempo fa anche da Internazionale.
È così: dietro l’apparenza “social” e la sua vocazione “free”, si nasconde la più grande azienda di sorveglianza della storia dell’umanità̀.
E noi siamo la sua merce; venduta, comprata e contesa dai suoi inserzionisti pubblicitari, mentre le nostre abitudini, passioni, interessi e acquisti vengono monitorati e schedati con precisione assoluta.
Che fare? Probabilmente niente. Questo è il nostro tempo, questi sono i nostri modi e strumenti di comunicazione, decidere per il non utilizzo di un mezzo come Facebook (scelta ovviamente legittima e per certi versi saggia) non risolve comunque la questione in sé, e leva invece delle opzioni utili (e in alcuni casi, ormai ne- cessarie) a chi decide per la drastica scelta (che suona un po’ come rifiutarsi di avere un cellulare, o preferire la macchina da scrivere al computer. Quanta invidia per chi ci riesce, sul serio).
Questa premessa è utile per spiegare il titolo di questa raccolta, “A cosa stai pensando?”, a quei due o tre che ancora non l’hanno capito; è infatti la domanda che ci si sente rivolgere sul proprio profilo fb non appena vi si accede. È la domanda a cui anch’io, come tantissimi, ho implicitamente risposto negli ultimi anni (sette, esattamente, cioé da quando ho un account fb).
Potrei dire che questi 101 status (così si chiamano gli interventi degli utenti “postati” sul proprio profilo) sono un possibile distillato di questo arco di tempo. Scrivendo, e tenendo acceso il mio bisogno di scrittura e di condivisione, questo social network e, ancora di più, molti dei miei contatti e amici presenti sul medesimo, possono sentirsi co-autori di questi: aforismi, messaggi, constatazioni, provocazioni, suggerimenti, liste, prontuari, prose sotto forma di poesia, liriche sotto forma di narrazioni, citazioni, omaggi, racconti brevi e brevissimi, bozzetti, ritratti e – last but non least – qualche ovvietà di troppo e, però e a contrasto di queste ultime, la volontà̀ di utilizzare il mezzo a fin di bene; che per me significa cercare di cambiare il mondo, per quell’inezia che sarò̀ in grado di fare nel mio tempo vivente.
Questo spiega il sottotitolo “status anti-status quo”, più̀ ironico che veritiero, purtroppo, visto che lo status quo, il mondo che viviamo, è capace di mangiare ben altri antagonismi e antagonisti, rispetto a chi scrive. Eppure qui troverete – potrete trovare – opinioni dissenzienti, impopolari, discutibili, su molti argomenti che sono – alcune delle – mie piccole ossessioni quotidiane: per esempio la Sardegna, per esempio le controculture, e la memoria, l’autoironia come strumento di sopravvivenza, la politica, il futuro, i social network come Facebook.
Sì, perché, anche lasciando stare McLuhan, credo sia davvero così: il medium non solo diventa il messaggio, ma ci costringe a pensare in continuazione a sé, a pensare su di lui, a pensare – a volte – come lui. Nel mio piccolissimo, cerco di dargli filo da torcere, senza prendermi troppo sul serio. Dunque, la caratteristica che accomuna questi momenti di scrittura è che sono stati tutti postati su facebook, a volte apprezzati a volte meno, che sono stati condivisi (idem), che sono stati discussi, criticati, osteggiati, presi per culo.
Io ho aggiunto solo un titolo a ognuno di loro (quasi mai l’avevano), e in qualche caso precisato l’intenzione di scrittura. Tutto qui. Un’ultima cosa; perché́ 101? Beh, perché non sono troppi e non sono pochi, per via dell’arcinoto libro sulle storie zen, per via di George Orwell, perché il numero implica qualche magia algoritmica che sembra estendere all’infinito la possibilità̀ di questi spunti… Perché́, soprattutto, mi da l’idea che la cosa non finisca qui. E un po’ lo spero. Buona lettura, e spegnete computer e smartphone, ogni tanto.