L’arte contro la dipendenza da gioco d’azzardo: al via il progetto “CAGLIARI 2018 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” a cura del Teatro del Segno, con il patrocinio e il sostegno del Comune di Cagliari e della Regione Autonoma della Sardegna e in collaborazione con la parrocchia di Sant’Eusebio e con il Dipartimento di Salute Mentale della ASL di Cagliari e con il CeDAC.
Una pièce teatrale – dal titolo emblematico “GAP /Gioco d’Azzardo Patologico” – in cartellone al al TsE di Is Mirrionis in via Quintino Sella a Cagliari dal 17 al 21 aprile – e un incontro/ dibattito con artisti e insegnanti e con psicologi, esperti e operatori del SerD per il progetto che punta a informare e sensibilizzare i più giovani – e le diverse fasce d’età – sui pericoli nascosti dietro un apparentemente innocuo “passatempo”, che può trasformarsi in una forma di dipendenza ossessivo-compulsiva – un fenomeno che è già un’emergenza sociale.
“CAGLIARI 2018 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” si inserisce nell’omonimo progetto di respiro regionale con l’obiettivo di riscoprire la “cultura del gioco” al di là e al fuori della pericolosa spirale dell’“azzardo”. Si riparte – non per caso – da Is Mirrionis: «un quartiere che ci sta particolarmente a cuore» – come sottolinea il direttore artistico Stefano Ledda – «un quartiere “difficile” e complesso come lo è la realtà metropolitana, e l’epoca in cui viviamo, e che potrebbe diventare un interessante laboratorio di crescita culturale e sociale per la città».
Sul palco del TsE di via Quintino Sella – fulcro del progetto pluriennale “TEATRO SENZA QUARTIERE / per un quartiere senza teatro” a cura del Teatro del Segno che punta sulle sceniche per restituire identità e centralità al rione sorto dopo il secondo dopoguerra, attraverso eventi e spettacoli, laboratori e incontri in cui riflettere e confrontarsi sui temi fondamentali e sulle questioni d’attualità tra etica ed estetica.
“CAGLIARI 2018 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” – in questa prima tranche condensata nella seconda metà di aprile – guarda in particolare alle giovani generazioni: «La scuola è il punto strategico da cui vogliamo partire, il luogo in cui affrontare e risolvere i conflitti e le questioni fondamentali per la formazione dei cittadini di domani» ricorda Stefano Ledda. «Conoscere i rischi celati dietro un “innocuo passatempo”, che per alcuni potrebbe trasformarsi in dipendenza, è importante: è indispensabile sapere per poter scegliere … e orientarsi nel mondo.»
Il progetto “CAGLIARI 2018 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” si rivolge in particolare agli allievi del primo e secondo ciclo (scuole medie inferiori e superiori) dell’area vasta di Cagliari – con possibilità di adesione per singole classi o gruppi di studenti coordinati dai docenti – che assisteranno alla mise en scène dello spettacolo “GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico” e saranno coinvolti direttamente nell’incontro/ dibattito con artisti ed esperti.
Il progetto “Rovinarsi è un Gioco” del Teatro del Segno ha ottenuto il patrocinio della Presidenza della Camera dei Deputati, della Presidenza del Senato della Repubblica, della Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna, della Consulta Nazionale Anti Usura, dell’A.GIT.A (Associazione nazionale degli ex Giocatori d’Azzardo e delle loro famiglie), di svariati Comuni e ASL della Sardegna, è stato sostenuto dalla Caritas e dalla Camera di Commercio di Cagliari nell’ambito del progetto di sensibilizzazione sull’uso responsabile del denaro, ed è stato ospite del progetto “IO NON MI AZZARDO 2014-2015” al Teatro Fraschini di Pavia, e del progetto triennale “GAME OVER” promosso dalla Caritas – Arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela.
CAGLIARI 2018 – ROVINARSI E’ UN GIOCO
Il progetto “CAGLIARI 2018 – ROVINARSI E’ UN GIOCO ” accende i riflettori su un dramma privato – la storia di un uomo prigioniero del demone del gioco, che distrugge se stesso e la propria famiglia, sacrificando affetti e ambizioni, serenità e felicità fino a un tardivo tentativo di riscatto – per raccontare con tutta la forza espressiva e comunicativa del teatro quali insidie si celino dietro slogan accattivanti come “Ti piace vincere facile?”. In realtà la visione ludica dell’Italia – patria del Lotto e delle varie lotterie e perfino della roulette utilizzata da legionari romani – come di un moderno “paese dei Balocchi” stride atrocemente con la generale crisi economica: la diminuzione del potere d’acquisto di redditi e pensioni, la disoccupazione e/o inoccupazione, hanno come paradossale effetto di favorire il ricorso all’azzardo nella speranza – spesso illusoria – di facili e cospicui guadagni
Nel gioco avverso delle probabilità – una possibilità su sei milioni di conquistare un dovizioso jackpot o l’eventualità di realizzare una combinazione vincente al videopoker – il miraggio della vincita offusca la consapevolezza della perdita (quasi) certa, e per provare (e riprovare) il sottile brivido nello sfidare la fortuna si consumano decine, centinaia, a volte migliaia di euro. Il confine tra l’innegabile piacere del gioco e la cronaca di una tragedia annunciata, quando il divertimento diventa dipendenza, è invisibile e non si riconosce se non quando è troppo tardi: esiste in alcuni una inclinazione particolare, son le fasce più a rischio per la cui la tentazione si trasforma ben presto in schiavitù, ma anche l’abitudine, il costume e la facilità di accesso del gioco d’azzardo mietono vittime – tra le più insospettabili.
Ipnotizzati da un videopoker – quante volte abbiamo intravisto questi “fantasmi” nell’angolo di un bar o in una sala giochi, senza prestar loro attenzione? – o “stregati” dal Superenalotto o dal Lotto, con tutte le possibili varianti e relative reiterate “estrazioni”, assidui del Gratta e Vinci e frequentatori del Bingo, appassionati di poker online o amanti dello slot machines: i giocatori in Italia – come in Europa – sono una moltitudine, una folla silenziosa di individui che alimenta un gigantesco sistema d’affari. Le cifre: secondo i dati forniti alla Camera dei Deputati, le entrate fiscali per il 2015 superano gli 88 miliardi di euro (di cui lo Stato incassa quasi il 10 %, intorno agli 8,7 miliardi) – in Sardegna si parla di 1 miliardo e 542 milioni. Gli italiani nel solo 2015 hanno speso 25 miliardi e 963 milioni in Newslot e 22 miliardi e 198 milioni in Vlt, 12 miliardi e 502 milioni in giochi di carte e giochi di sorte a quota fissa, 9 miliardi e 63 milioni per le lotterie, 7 miliardi e 77 milioni al Lotto, 5 miliardi e 592 milioni nei giochi “sportivi”, 1 miliardo e 598 milioni al Bingo, 1 miliardo e 67 milioni in scommesse, 1 miliardo e 55 milioni in giochi numerici a totalizzatore e ancora 727 milioni in giochi di abilità a distanza a torneo, il gioco a base ippica con 636 milioni, il betting exchange con 541 milioni.
Fulcro del progetto è lo spettacolo “GAP /Gioco d’Azzardo Patologico” – scritto, diretto e interpretato da Stefano Ledda e ispirato a un fatto di cronaca, la testimonianza su una “vita esplosa” che ha aperto uno squarcio su una realtà ancora sommersa (era il “lontano” 2005): l’idea di mettere in scena una versione contemporanea della vicenda de “Il Giocatore” di Dostoevskij si è concretizzata attraverso una “ricerca sul campo” – documentazione, incontri e interviste – e una prima stesura del testo, poi sottoposta a “verifica” attraverso il parere di esperti come il dottor Rolando De Luca. La pièce fonde e sintetizza in un’unica trama dettagli tratti da testimonianze, studi scientifici e reportages giornalistici – «non c’è una parola che non sia autentica», sottolinea l’autore: una storia emblematica e amara, unica e singolare ma simile a infinite altre in cui il gesto di inserire una moneta in un videopoker ha segnato l’inizio di una caduta, di un perdersi in una spirale da cui è molto difficile tornare indietro.
Sul filo dei ricordi – in un flusso di coscienza – il protagonista ripercorre l’intera vicenda, con brevi flashback che si traducono in azione scenica, inframmezzati dall’arida sequenza dei numeri (le cifre del gioco d’azzardo sia in termini di giro d’affari che di costi e ricadute sociali): una narrazione densa di pathos, per un viaggio agli inferi in cui si manifestano tutti i sintomi della dipendenza, tra cui la negazione della verità in un pietoso tentativo di autoinganno, smascherato alla luce dei fatti. Emanuele – un giovane uomo come tanti, felicemente fidanzato, con un lavoro normale, e una famiglia normale – scopre sulla propria pelle il rischio insito nella fascinazione del gioco d’azzardo: una vincita inattesa, il desiderio e poi il bisogno, sempre più forte di giocare, per vincere, poi per “rifarsi” delle perdite, e poi giocare, e giocare ancora. La posta sale, diventa sempre più alta. Finché in gioco – ma lo scoprirà troppo tardi – c’è la sua stessa vita.
La pièce offre lo spunto per una riflessione comune sul significato del gioco e dell’azzardo, tra sollecitazioni che rimandano facilmente all’esperienza, diretta o indiretta di ognuno: il gioco d’azzardo fa parte del quotidiano, nei tabacchini e negli uffici postali i “Gratta e Vinci” vengono offerti insieme al resto, le réclames – e le “obbligatorie” avvertenze” sui rischi (come le scritte minacciose sui pacchetti di sigarette)- campeggiano ormai dappertutto, trasmettendo l’idea che si possa (o perfino debba) “vincere” il futuro. Invece di costruirlo, con la propria intelligenza e l’impegno, il talento e la fatica – in una società in cui ciascuno dà il meglio di sé per il bene comune.
La sfida è lanciare un segnale – che ciascuno è libero di cogliere – sui pericoli dell’assuefazione da gioco “virtuale”, davanti alle macchinette come allo schermo di un computer e insieme informare sulle reali cause di comportamenti – altrimenti incomprensibili – dettati dalla dipendenza da gioco d’azzardo patologico. Tra gli obiettivi, quello di innescare il circuito virtuoso della comunicazione peer to peer per diffondere il messaggio tra i giovani – i prossimi potenziali clienti del sistema dell’azzardo, specialmente per quel che riguarda le forme del gioco online. L’incontro con gli artisti e gli insegnanti e con gli psicologi, esperti e operatori del SerD – che affrontano ogni giorno gli effetti della patologia ossessivo-compulsiva riassunta nell’acronimo GAP – è l’occasione per approfondire un tema scottante e attuale – ormai una vera emergenza sociale – ma anche per analizzare le strategie di comunicazione, e ridefinire un sistema di valori in cui la figura del “vincente” non si identifica necessariamente con chi indovina una serie di numeri o una combinazione di carte, e trova una più reale corrispondenza con la consapevolezza e l’espressione delle capacità di ognuno – attraverso il rispetto di sé e degli altri – in un armonioso sviluppo della personalità.
Per saperne di più: www.teatrodelsegno.com