Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei Diritti umani in occasione del 16 maggio, prima Giornata internazionale della convivenza pacifica, intende promuovere e ribadire la necessità del dialogo in un mondo che, tra fiorente industria delle armi, corsa agli armamenti e decine di conflitti antichi e nuovi, appare radicalmente pervaso dalle logiche di guerra.
Per il nostro, come per gli altri paesi, questo significa anche rilanciare un modello d’integrazione europea meno ossessionato da diktat economici e procedurali e cementato, invece, dall’incontro di popoli, lingue e culture. È d’altronde proprio questa la radice di un visionario progetto politico, maturato sul terreno di secolari guerre nel nostro continente, culminate negli orrori del Novecento.
Sensibile al tema della pace, con l’adesione a istituzioni locali e nazionali che ne promuovono le pratiche, la scuola media Marconi di Modena (IC10), ha scelto di festeggiare la giornata del 16 maggio attraverso una doppia iniziativa. Da una parte ci sarà l’inaugurazione di una Rete Internazionale delle Scuole di Pace. Dall’altra, la presentazione da parte degli studenti di un progetto Erasmus+ di cui la scuola è partner, “Let’s cultivate peace through universal brotherhood”.
Se l’inaugurazione è solo il primo passo di un percorso in via di definizione, e che vedrà una prima tappa nella marcia Perugi-Assisi di ottobre, la seconda iniziativa, di durata biennale, è invece già nel pieno del suo sviluppo.
Una delegazione di ragazzi delle classi seconde della nostra scuola è infatti da poco rientrata da una settimana di mobilità in Grecia, dove ha incontrato coetanei di cinque paesi (Germania, Francia, Grecia, Bulgaria, Cipro). Ragazzi e ragazze di tutta Europa, ospitati da famiglie della città di Calamata, hanno svolto attività educative in team internazionali, visitato luoghi fondativi della nostra cultura, ma hanno anche condiviso un gelato al bar, una partita alla playstation, un po’di shopping nelle vie del centro, cercando sempre di capirsi, anche con i cellulari e Google traduttore, in un inglese a volte improbabile, ma efficace, se c’è la voglia di comunicare. Momenti di una quotidianità perfino banale, che serve però a rendere uguale il diverso, conosciuto lo straniero. Un modello d’integrazione che passa attraverso le relazioni umane ed il dialogo, com’è nella visione Erasmus.
In quest’ottica di scambio inutile negare che grava sul progetto dell’Unione Europea l’assenza di una lingua comune, presente invece nei giganti geopolitici comparabili, USA e Cina. Sembrerebbe un problema “ottocentesco” di costruzione nazionale, ed invece l’identità linguistica come riconoscimento e ponte verso l’altro sembra mantenere una sorta di fondamento biologico. Se non ci può essere incontro e comprensione reciproca senza una comunanza di lingua, un rilancio del progetto dell’unione deve allora passare anche da politiche educative che incentivino la formazione plurilinguistica dei giovani europei.
Appena un anno fa, nel maggio 2017, è stata inaugurata a Bruxelles la Casa della Storia Europea. È probabilmente l’unico museo al mondo a non avere didascalie: nella molteplicità delle lingue ufficiali dell’UE, più di venti, si è scelto di non privilegiarne nessuna. Tablet, realtà aumentata e nuove tecnologie permettono di superare il problema, fornendo guide in tutte le lingue. Si dice che si può fare storia solo delle cose che sono terminate, è il problema della storiografia contemporanea. Vogliamo sperare che questo bellissimo museo non sia però la sanzione ufficiale di una fine, di qualcosa che è terminato. Ma che insegni agli europei di ogni generazione la storia di dolore ed il grande mito pacifista che respirano nel progetto dell’unione.
Prof. Massimo Rossi
Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani
Regione Emilia Romagna