Per la rubrica culturale “Alle Origini della nostra civiltà”, pubblichiamo il testo di una lettera riguardante i contenziosi tra i Comuni di Pietrabruna e di Dolcedo. Il commento dello storico Franco Bianchi.
Abbiamo chiesto allo storico Franco Bianchi, collaboratore del Parco delle Alpi Liguri, un suo commento: “La Lettera del Sindaco di Dolcedo tratta di una questione che è durata moltissimi anni creando un contenzioso davvero ruvido tra i Comuni di Pietrabruna e di Dolcedo.
La questione riguarda i diritti di pascolo su terreni che, all’epoca della lettera appartengono a privati di Dolcedo, ma che, almeno così pensano gli abitanti ed il Sindaco di Pietrabruna, a seguito delle divisioni tra i due comuni avvenute presumibilmente con il loro distaccarsi dal Terziere di San Tommaso (Porto Maurizio) sono altresì gravate da servitù a loro favore.
La questione come detto non è pacifica e leggendo tra le righe si comprende che, al di là della sicumera iniziale del Sindaco di Dolcedo, la questione deve avere una sua validità. Dice infatti il Sindaco di Dolcedo: “e trattandosi di servitù discontinua, quale è quella dei pascoli, ogni possesso è sempre presunto precario, qualora non si abbia titolo dai proprietari dei prati. Vien da pensare che la vendita a privati dei pascoli in questione sia avvenuta, da parte del Comune di Dolcedo, non considerando i diritti di terzi poiché comunque considerati, come in effetti si dice, discontinui.
Sulla questione si rintracciano negli archivi almeno cinque sentenze. Due di queste sono state emesse dal Giudice di Prelà (sul punto e sulle lamentele di Dolcedo di dover dipendere da quel magistrato si innestò un’altra questione molto dibattuta) altre due sentenze, emesse il 30 settembre 1850 e il 30 settembre 1851, sono del Tribunale di Oneglia. L’ultima sentenza di cui si è trovata traccia è del 20 ottobre 1854 è della Cassazione. Va detto che tutte queste sentenze sembrano dare ragione a Dolcedo: è infatti Pietrabruna che ricorre ripetutamente vedendosi sempre soccombente. Al tenore della lettera però sembra appunto che oltre trent’anni dopo la questione non sia ancora risolta.
Riferimento: “Giurisprudenza degli Stati Sardi. Raccolta generale e progressiva di Giurisprudenza, Legislazione e Dottrina” compilata dall’avvocato Filippo Bettini e da altri Giureconsulti. Torino 1845. Volume sei.
Il testo della lettera:
Ill.mo Sig. Comandante
Rispondo alla venerata sua lettera del 25 ottobre 1886 corrente, n. 1530, mi conviene osservarle che il Sindaco di Pietrabruna ha delle idee erronee sul preteso diritto di pascolo nei prati di Dolcedo. Questi prati non sono comunali, ma sono proprietà privata. I proprietari hanno diritto di far rispettare la loro proprietà; ed è consuetudine generale, e specialmente in Dolcedo, che quando un proprietario trova delle bestie altrui nella sua proprietà, può sequestrarle e quindi denunciarle nelle 24 ore al Giudice locale, e non si rilasciano finché il padrone delle bestie non venga a riconoscerle per sue, onde possa quind in seguito essere punito a termine dei bandi campestri. Quando il padrone delle bestie viene a riconoscerle, egli è in facoltà di sottomettersi al giudizio di accusa per la contravvenzione ai bandi campestri e far valere la difesa che stima, oppure di transigere con i padroni delle terre e prati danneggiati. Questo appunto è ciò, che è occorso, e che il Sindaco di Pietrabruna ha denunziato a questo (sic) Regio Comando.
La giustizia per altro esige un procedere diverso da parte di quell’amministratore. Il diritto di proprietà e sacro, e bisogna dar l’esempio di rispettarlo, e non già suscitare gli amministrati a violarlo coi gravi danni e devastazioni che cagionano in quei prati.
Quel Sindaco pretende che i prati dei particolari di Dolcedo siano soggetti alla servitù del pascolo in favore di tutto il bestiame di Pietrabruna; ma le servitù non si presumono, e bisogna provarle; e se i proprietari le contrastano, vi vi sono i tribunali, e non è lecito volerle sostenere con la forza, e con provocazioni, e squadre d’uomini, di bovi, vacche, e mule, come fanno quei di Pietrabruna. Spetta a quel Sindaco impedire tali disordini, invece di provocarli e sostenerli.
Il Sindaco di Pietrabruna è sicuramente nell’errore circa il supposto diritto dei pascoli. Convien sapere, che quando le Comunità di Dolcedo e di Pietrabruna si sono separate e divise, restarono in comune alcuni siti comunali, noti a tutti e ben distinti dai prati; e fu convenuto che in quei siti comunali tutti potessero far pascolare il loro bestiame, sia che si tratti di bestiame degli uomini di Pietrabruna, che di quello degli uomini di Dolcedo. Ma questo riservato diritto di pascolo comune in siti comunali lasciati in comune nel suddetto oggetto, non può estendersi ai prati dei particolari. Ne giova il dire che quei di Pietrabruna ne sono in possesso; perché non possono aver posseduto se non clandestinamente, o violentemente; e trattandosi di servitù discontinua, quale è quella dei pascoli, ogni possesso è sempre presunto precario, qualora non si abbia titolo dai proprietari dei prati.
Del resto non credo che un Sindaco possa impedire l’osservanza dei bandi campestri approvati dal Senato, né che possa immischiarsi nelle questioni di proprietà e di servitù riflettenti gl’interessi particolari. I proprietari pagano le contribuzioni regie per le loro proprietà; e perciò possono difenderle con quei mezzi, che la legge ad (pezzo mancante) somministra. Ad ogni modo mi uniformerò sempre a qeal (pezzo mancante) che piacerà a V.S. di suggerirmi, avendo però finora sosp (pezzo mancante)
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Delle pubblicazioni onde non inasprire i proprietari che intendono difender ei loro diritti di proprietà, e per prima sentire le ulteriori deliberazioni di V. S.
ill.ma , di cui mi pregio dirmi con rispetto e colla più distinta stima
Umilissimo e ubbidientissimo servitore.
Christian Flammia – 06 05 2018