Ci ha lasciato Manlio Brigaglia, amico degli oristanesi. Di Beppe Meloni

Qualche acciacco di un uomo anziano, ma l’intelletto, la freschezza mentale e l’entusiasmo di un trentenne.

Così mi piace ricordare, nell’ora dell’addio, Manlio Brigaglia, storico, scrittore e giornalista, intellettuale a tutto tondo che ha amato e onorato la Sardegna che portava sempre nel cuore.

Con l’attenzione del cronista e lo stile di uno scrittore, la sua è stata una narrazione civile della storia della Sardegna. Maestro di pensiero e di ideali, e in un certo senso anche di vita, almeno per quel che riguarda la sobrietà dei costumi, l’amore per la vita e la cultura, quella della sua amata Sardegna, senza distinzioni. Lui che era nato a Tempio ma si considerava “sassarese in ciabi”. Come ha ricordato Peppino Fiori, altro sardo illustre, autore di saggi esemplari sulla storia della Sardegna, Manlio Brigaglia, che brillava per la profondità della ricognizione, l’acutezza delle osservazioni e la scrittura semplice senza rischio di semplicismo e immediatamente espressiva, ha spesso suggerito una periodizzazione nuova della sua storia, articolata in due sole grandi epoche: una che va dalla comparsa della prima ondata di popolatori dell’isola sino al 1971, e una che dal 1971 si immerge nel futuro, rimuovendo le brutture di un moderno senza memoria.

Brigaglia è stato anche un grande amico di Oristano, nonchè profondo cultore della storia e del divenire della terra d’Arborea. Ricordo un suo caldo intervento in occasione della “santa battaglia” per la quarta Provincia sarda. Quando reclamava un riassetto del territorio “istituzionale” dell’isola che non ricomponeva soltanto una geografia o ridistribuiva le zone secondo un’aggregazione meno centralizzata, ma recuperava il passato ricostruendo una memoria storica che necessitava di questi segni concreti per riconoscersi e riemergere.

Caro professore, ci mancherai.

Beppe Meloni