Ottavo appuntamento a Guasila sul palcoscenico del Teatro F.lli Medas questo primo Giugno alle ore 21.
Eccezionalmente di Venerdì, il cartellone Cultura popolare ospiterà Le Compagnie del Cocomero, con lo spettacolo “Zio Paddori”. Lo spettacolo, un omaggio a Mario Medas, darà “voce” ai Burattini, Ombre, Sagome e Pupazzi che attraverso quattro performance diverse del Teatro di Figura, racconteranno le vicende di Paddori e suo figlio Fiebeddu. La regia dell’interessante spettacolo è di Rahul Bernardelli, a coadiuvarlo saranno Daniele Pettinau Selene Manca e Giulia Sarzi.
ZIU PADDORI
Ziu Paddori è una commedia in tre atti, scritta in sardo campidanese da Efisio Vincenzo Melis. Si tratta dell’opera teatrale più nota del teatro in lingua sarda. Mai uscito dal repertorio, questo spettacolo, ancora oggi viene proposto sui palcoscenici di tutta l’isola da attori professionisti e non per il diletto del pubblico che mai ha smesso di amare questo testo. Rappresentato per la prima volta nel 1919, più volte è stato pubblicato su libretti di stampa alternativa ma anche da collane prestigiose.
Ziu Paddori è anche il testo più noto dell’intero repertorio popolare, colto e semicolto, dell’isola, che utilizza il sardo come linguaggio, i cui autori, Antonio Garau, Michelangelo Pira, Salvatore Vargiu, Cicitto Masala e altri meno noti, hanno realizzato opere tuttora rappresentate nell’isola.
Durante il Novecento hanno dedicato molto spazio a questo Testo i Fratelli Medas, i quali, grazie anche al loro successo hanno tenuto in vita il personaggio di Paddori trasportandolo fino ai nostri giorni.
I più importanti interpreti dello spettazolo di Ziu Paddori riconosciuti dalla critica regionale sono Antonino Medas e Mario Medas (Guasilesi di nascita) la cui madre, Rachele, recitò con successo il personaggio di Antioga, moglie di Paddori, nelle prime rappresentazioni cagliaritane del 1919 al teatro Politeama.
Efisio Vincenzo Melis, l’autore del testo, non ebbe neppure il tempo di godere della fama di questa sua opera: morì nel 1929 a Cagliari. Docente di matematica, nella sua breve vita ha insegnato in Veneto e in Sardegna. Si è dedicato al teatro, come attore e principalmente come autore delle sue tre commedie in sardo-campidanese (trexentese), ancora oggi note e rappresentate nell’isola.
La storia
Il primo atto si svolge alla stazione ferroviaria di Suelli, all’interno della quale Ziu Paddori si reca, dalla sua casa di Guamaggiore, per attendere il ritorno del figlio Fiebeddu dal servizio militare. Li trova un “continentale” che, seduto, legge il suo quotidiano ed attende anche lui l’arrivo del convoglio. Si tratta di un commesso viaggiatore, sull’isola per commerciare non meglio specificate merci . Tra i due all’inizio non c’è alcuna empatia, probabilmente a causa delle differenze linguistiche, un italiano marcato con un fastidioso accento piemontese, lo straniero e l’italiano storpiato di Paddori. Secondo i più elementari canoni della commedia dell’arte tra i due nasce un equivoco linguistico che sfocia in un forte risentimento che in poco tempo li fa litigare. La scena termina con l’arrivo di Fiebeddu che sceso dal treno va ad abbracciare il babbo. Fiebeddu è cambiato in tutto. E’ cresciuto, maturato, tuttavia Paddori si accorge che parla una linguaggio strampalato ( su strichimindatzu lo chiama Antioga) che pur non essendo quello di origine non sembra che assomigliare all’italiano. Il primo atto si conclude così, con Fiebeddi “desioso di imprassare la Marde e la sua fulgente isposa” e Paddori, dubbioso e tentennante.
Il secondo e il terzo atto si svolgono all’interno della cucina della casa di Paddori, e propongono alcune tra le più esilaranti scene diventata modello per il sucessivo repertorio della commedia in lingua sarda. A Fiebeddu, mentre faceva la leva a Messina, sono arrivate alcune strane voci sulla sua fidanzatina Peppedda. I suoi amici gli hanno scritto raccontandogli che la ragazza, la servetta del farmacista del paese, se la fa con il figlio del sindaco. Queste voci vengono confermate al suo ritorno in paese. I suoi amici gli raccontano che con la scusa di insegnargli a leggere ed a scrivere questo ragazzetto ha approfittato della ragazza. La madre Antioga venuta a conoscenza dei suoi dubbi lo rassicura e gli racconta che la ragazza va a messa ogni giorno ed è bella, purezza e buona, e non aspetta altro che di sposarsi con lui. La donna chiama il Farmacista a casa, il quale essendo il suo padrino ha con lui un rapporto anche affettivo. Il farmacista giunto a casa spiega a Fiemeddu ogni cosa, e raccomanda a Fiebeddu di non aspettare troppo e di sposare subito la ragazza, della quale esalta le virtù, proponendosi anche di pagare le spese per le nozze. Dopo questa conversazione a Fiebeddu sembra tornare il sorriso. L’unico che non sembra aver abbassato la guardia sembra essere Paddori, il quale, dopo una lunghissima e divertentissima discussione con la moglie nel secondo atto, sta prudentemente in una posizione di attesa. Alle fine dello questa incredibile situazione di incertezza si risolverà con una serie di divertenti colpi di scena.
Uno spettacolo unico nella centenaria produzione del giovane teatro in lingua sarda che in Paddori ha creato la sua icona immortale.