Fida-Confcommercio: «La soluzione prospettata dal ministero è totalmente avulsa dalla realtà. Ecco degli esempi semplici e concreti. Disponibili a un confronto immediato per trovare una soluzione. Indicazione ai nostri iscritti di non dare seguito alla circolare»
«La federazione italiana Dettaglianti dell’Alimentazione, che rappresenta non soltanto il piccolo dettaglio tradizionale, ma anche buona parte della distribuzione organizzata, non ha alcuna intenzione di rimanere passiva nei confronti della recente circolare del Ministero della Salute.
Ci riferiamo ovviamente alla possibilità di permettere ai consumatori di portare da casa shopper biocompostabili per l’asporto di alimenti»: interviene così il presidente FIDA, la Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione di Confcommercio-Imprese per l’Italia, e vicepresidente Confcommercio, Donatella Prampolini Manzini, sulla circolare ministeriale del 30 aprile sui sacchetti per gli alimenti disponibili a libero servizio nei punti vendita.
«La soluzione prospettata dal Ministero –continua Prampolini Manzini- è totalmente avulsa dalla realtà e non tiene minimamente conto delle dinamiche che avvengono all’interno di un esercizio commerciale». «Siccome chi ha scritto la circolare –spiega Donatella Prampolini Manzini- evidentemente non ha la minima idea di quello a cui ci riferiamo, vogliamo scriverlo in maniera semplice e chiara, con esempi concreti per rappresentare l’assurdità della proposta.
Primo: i sacchetti biocompostabili utilizzati dagli esercizi commerciali sono ceduti ai consumatori sottocosto nella quasi totalità dei casi. Non si capisce quindi dove sarebbe la convenienza dei consumatori, visto che la circolare stessa impone le stesse caratteristiche ai sacchetti portati da casa.
Secondo: la stragrande maggioranza dei negozi della media e grande distribuzione ha reparti ortofrutta self service; pertanto non c’è un operatore che potrebbe farsi carico di verificare l’idoneità dei sacchetti.
Terzo: anche nel caso in cui i sacchetti fossero idonei, bisognerebbe contraddistinguerli con un simbolo o un’etichetta; diversamente i cassieri, che mai sono le stesse persone che operano nel reparto ortofrutta, non saprebbero come fare a riconoscere i sacchetti portati da casa.
Quarto: nelle bilance è stato preimpostato il costo del sacchetto, per cui occorrerebbe stornare manualmente in cassa ogni sacchetto, sempre che si sia risolto il problema di riconoscerli.
Quinto: c’è il problema della tara, che è rinviato ad un altro Ministero, ma che non è risolvibile, perché, come detto prima, i reparti sono ormai quasi tutti a libero servizio, pertanto è improponibile dover mettere un addetto per assolvere a questo compito». «Riteniamo –conclude Donatella Prampolini Manzini- di aver spiegato chiaramente i motivi per cui stavolta diciamo NO! Noi non accettiamo questa risoluzione.
Siamo disponibili ad un confronto immediato per trovare assieme una soluzione, che sia percorribile e che metta fine a questa continua agonia dei sacchetti, che ogni volta in cui si placa, viene rinfocolata da soluzioni che hanno il solo effetto di creare confusione. Restiamo quindi in attesa di convocazione a brevissimo giro, ribadendo che daremo indicazione ai nostri iscritti di non dare seguito alla circolare».