Il piccolo di venti giorni presentava un flutter atriale ad alta frequenza. Con piccole scosse convertito il ritmo anomalo del cuore in un ritmo normale
Tre piccole scosse elettriche per riportare il cuoricino del neonato al normale ritmo e consentirgli una vita più tranquilla. Così, per la prima volta a Sassari, i medici dell’unità operativa di Cardiologia pediatrica e delle cardiopatie congenite dell’Aou di Sassari sono intervenuti su un piccolo di venti giorni che presentava una grave patologia al cuore: un flutter atriale ad alta frequenza. I cardiologi pediatrici hanno utilizzato la procedura di cardioversione elettrica esterna.
Si tratta di una metodica che consente di interrompere quel circuito atriale “sbagliato” che provoca le aritmie cardiache, attraverso un “azzeramento” del sistema elettrico del cuore. È un caso raro che si utilizzi su neonato, sul quale la terapia farmacologica non abbia dato i risultati sperati.
Con il supporto della Neonatologia e terapia intensiva neonatale quindi degli anestesisti, i cardiologi pediatrici, guidati dal responsabile Mario Pala, hanno sistemato una speciale piastra sul petto del piccolo e un’altra sulla schiena. Quindi, una volta praticata l’anestesia totale, hanno sincronizzato l’elettrocardiografo al defibrillatore con il quale sono state emesse tre piccole scariche elettriche, a breve distanza l’una dell’altra. Le scosse hanno consentito di cardiovertire il ritmo anomalo del cuore del neonato in un ritmo normale.
Il bimbo, nato a termine, presentava questa grave patologia cardiaca già nel grembo materno. «La mamma è arrivata a noi alla trentesima settimana, inviata dal suo ginecologo di fiducia che, durante un’ecografia, aveva notato questa anomalia – spiega il responsabile della Cardiologia pediatrica dell’Aou Mario Pala –. È rimasta ricoverata sino alla trentottesima settimana, così che potessimo monitorare il feto quotidianamente». Il feto presentava una forte tachi-aritmia con 260 battiti al minuto, contro i 140-180 di una condizione normale.
Grazie all’utilizzo di farmaci specifici, i cardiologi sono riusciti a ridurre in parte la frequenza cardiaca evitando così lo scompenso cardiaco e la Mef, la morte endouterina fetale. Durante le otto settimane di ricovero, i medici hanno monitorato l’effetto dei farmaci sul sistema cardiocircolatorio del feto e della mamma.
«Una volta nato – riprende il cardiologo pediatra – il ritmo sinusale del cuore non si era però ripristinato.
Per questo motivo, dopo una ulteriore tentativo di cardioversione farmacologica durata una ventina di giorni e non andato a buon fine, abbiamo deciso di intervenire con la procedura di cardioversione elettrica». A lavorare assieme quindi un cardiologo pediatra, un neonatologo, un anestesista e un infermiere. «Quanto realizzato è la dimostrazione di un lavoro di equipe multidisciplinare ben coordinato – commenta il direttore generale dell’Aou Antonio D’Urso – il cui intervento integrato ha reso possibile il precoce e tempestivo intervento terapeutico».
Nei giorni scorsi il piccolo e la mamma sono stati dimessi. «Stanno bene entrambi – afferma ancora Mario Pala – il piccolo dovrà seguire una terapia medica con due farmaci che saranno scalati gradualmente con un follow up che ci permetterà di monitorarlo in maniera costante. Con la crescita questo disturbo, di origine idiopatica o secondario a vie anomale, generalmente è destinato a scomparire», conclude.