Si terrà domani a Dorgali con lo spettacolo La Vedova Scalza, a cura di Theandric Teatro Nonviolento, l’anteprima dell’ampio programma di Identità Nuragiche, progetto volto alla valorizzazione dei villaggi nuragici nel territorio di Bitti e Dorgali proposto dalla cooperativa Forma e Poesia nel Jazz, che fino al prossimo autunno proporrà un ampio cartellone di attività nella provincia di Nuoro.
L’articolato progetto Identità Nuragiche verrà presentato a Cagliari il prossimo 5 luglio attraverso una apposita conferenza stampa (verranno comunicati a breve luogo e orario dell’incontro).
Venerdì 29 giugno al Cineteatro Comunale la compagnia diretta da Maria Virginia Siriu, andrà in scena con La vedova scalza, spettacolo teatrale tratto dall’omonimo romanzo di Salvatore Niffoi (vincitore del Premio Campiello 2006). In scena, per l’occasione, andranno gli attori Carla Orrù, Marco Secchi, Giovanni Trudu e Andrea Vargiu con la regia di Maria Virginia Siriu.
Il costo del biglietto è di 5€, per informazioni e prenotazioni, contattare il numero 070 4513104 o scrivere alla mail [email protected]
Il progetto Identità Nuragiche è finanziato con i fondi POR FESR Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2014-2020 (Bando Culture Lab). L’organizzazione è a cura della cooperativa Forma e Poesia nel Jazz, in collaborazione con il Comune di Dorgali e il Comune di Bitti, con le cooperative Istelai e Ghivine, Theandric Teatro Nonviolento e con l’importante supporto della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro.
LO SPETTACOLO – Theandric Teatro Nonviolento propone lo spettacolo “La vedova scalza”, tratto dall’omonimo romanzo di Salvatore Niffoi. Nel corso della rappresentazione gli spettatori vengono accompagnati lungo un percorso catartico che dalla cieca violenza sfocia nel suo razionale rifiuto. La vendetta, la sopraffazione, l’onore da lavare col sangue sono gli ingombranti concetti che vengono messi in dubbio. L’ambientazione è quella della Barbagia degli anni ’30, popolata di piccoli paesi in cui la vita è regolata dai podestà fascisti e dalle leggi non scritte della società tradizionale.
La violenza è ovunque: nello strapotere fascista, nelle angherie delle forze dell’ordine, nel sistema di usi e consuetudini che fossilizza i membri della società in una serie di ruoli prescritti e azioni comandate. La donna ne fa parte in quanto essere quasi annichilito: dedita alla vita rurale, è destinata solo alla preghiera e alla procreazione. La protagonista, Mintonia, appare da subito come il personaggio adatto a rompere questo circolo vizioso. Al contrario delle donne del suo paese, Mintonia si istruisce, legge Grazia Deledda e Tolstoj, è recalcitrante all’idea di subire dei soprusi senza proferir parola. Sceglie, quindi, da sé il proprio marito (Micheddu), a dispetto della contrarietà dell’intero paese che lo guarda con sdegno a causa del suo carattere ribelle.
Lui, come Mintonia, non ama sottomettersi al potere, e presto finisce nel mirino del brigadier Centini. Il concatenarsi degli eventi costringe Micheddu alla latitanza, culminando nella sua uccisione, smembrato orribilmente. Rimasta sola con un figlio da crescere, Mintonia brucia dal desiderio di vendicarsi uccidendo il mandante, Centini. Riesce a introdursi nella casa del brigadiere e, dopo averlo sedotto, lo accoltella a morte. Subito dopo, scappa in Argentina.
Mintonia, seppur colpevole, diventa il motore del cambiamento: accortasi di essere rimasta incinta di Centini, decide di tenere il bambino. Cresce dunque i suoi due figli, l’uno del marito vendicato, l’altro del mandante ucciso, come fratelli. La vendetta non ha più senso, il peso del rimorso è un prezzo troppo caro da pagare: il perdono rappresenta l’unica via di fuga dalla spirale di sangue. Mintonia si sporca le mani di sangue, ma si redime, dando la vita dopo averla levata. La dispensatrice di morte che si converte alla vita, usando l’empatia e l’intelligenza.