Con l’avanzare dell’età sono diverse le patologie che possono colpire l’occhio, tra cui la degenerazione maculare senile. La Macucolapia, o degenerazione maculare senile è una malattia spesso sconosciuta, ma sono milioni di persone in tutto il mondo che soffrono di questa patologia.
In Italia i casi di maculopatia sono circa un milione, quindi una percentuale abbastanza elevata, ma la conoscenza di questa malattia è poco diffusa, per poter creare un campanello d’allarme nel paziente colpito.
La malattia colpisce, la macula, che è localizzata al centro della retina, ed è la parte più sensibile e permette una visione dettagliata del centro del campo visivo.
Colpendo questa parte centrale dell’occhio la degenerazione maculare porta a una perdita della visione centrale, normalmente utilizzata quando si concentra la vista su un punto.
Vittima della malattia è quindi quella parte della vista che serve per svolgere attività quotidiane come leggere, guidare, guardare la tv o riconoscere i volti.
Esistono due diverse forme di degenerazione maculare senile. Quella “atrofica” o “secca” che è la più diffusa. Le sue cause non sono note e in genere è associata all’invecchiamento.
È piuttosto rara prima dei 55 anni d’età; la sua incidenza aumenta dopo i 75 anni, quando sale al 27%, e ancora di più dopo gli 80, quando varia tra il 40 e il 50%.
Attualmente, chi soffre della forma atrofica non può far altro che cercare di rallentarne la progressione con uno stile di vita adeguato basato su scelte alimentari opportune, molta frutta e verdura, integratori di omega 3 e protezione degli occhi dalla luce solare.
La forma meno frequente, pari al 25% circa dei casi, si sviluppa più rapidamente ed è associata a un preciso fenomeno: la crescita incontrollata di vasi sanguigni da cui fuoriesce del liquido o sangue detta “essudativa” o “umida” ed è l’unica tipologia per cui esiste un trattamento, consistente nell’iniezione nell’occhio di farmaci che bloccano la crescita dei vasi.
Chi ne soffre, soprattutto se a essere colpiti sono entrambi gli occhi, non è destinato a perdere completamente la vista, perché conserva la visione laterale, ma le conseguenze in termini di riduzione della qualità della vita sono abbastanza pesanti, limitando moltissimo l’autosufficienza.
Meglio, quindi, imparare a riconoscere i sintomi che possono far sospettare queste forme di malattie e rivolgersi tempestivamente all’oculista.
Diagnosticare questa malattia sul nascere è fondamentale per contrastarne il decorso: ecco perché dopo i 50 anni è opportuno programmare con regolarità visite di controllo dall’oculista, soprattutto se esistono in famiglia casi di maculopatia.
La degenerazione maculare senile colpisce quella regione della retina, la “macula”, deputata ad assicurare una visione netta e dettagliata del campo visivo centrale. Uno dei primi segnali della maculopatia è infatti la visione distorta delle righe dritte, zone scure nella parte centrale della vista, oppure la difficoltà a leggere, guardare la televisione o guidare. Campanelli d’allarme sono anche la difficoltà ad adattarsi alle luci soffuse e a riconoscere i volti. Si vede la sagoma del viso, ma non si riescono a distinguere gli occhi, la bocca, il naso.
Inoltre, per valutare in maniera autonomamente in modo non invasivo se effettivamente il paziente ha una visione distorta delle righe dritte, è utile guardare la cosiddetta griglia di Amsler, alternando gli occhi. Questo perché se si ha il problema ad un occhio, viene compensato dal cosidetto occhio buono.
Tutti questi sintomi non devono essere presi alla leggera, ma al contrario sono un valido motivo per recarsi dal proprio oculista.
Per individuare uno dei segni caratteristici delle prime fasi della malattia, ovvero la presenza di macchie bianco-giallastre sulla retina, dette drusen, è necessario un esame del fondo oculare, eseguita con la lampada a fessura, o biomicroscopio, che viene utilizzato direttamente sui pazienti dai medici oculisti per l’ispezione del bulbo oculare e degli annessi oculari. È una procedura non invasiva che non provoca rischi al paziente. Per una diagnosi ancora più precisa, sono invece a disposizione dell’oculista esami strumentali come la tomografia a coerenza ottica e la fluorangiografia, che permettono di visualizzare eventuali irregolarità dei vasi sanguigni della retina.
Un aiuto per la forma atrofica o secca che è la più diffusa e la meno grave, viene dall’alimentazione, e/o integratori di omega 3, Luteina e Zeaxantina, mirtillo, vitamina C, dato che per contrastarla non esiste ancora un trattamento farmacologico. I pazienti che ne soffrono possono provare a rallentarne la progressione con un’alimentazione povera di grassi saturi e ricca di frutta, verdura e pesci che assicurino un buon apporto di omega 3, come salmone e sardine. Importante anche proteggersi dai raggi UV, indossando sempre all’aperto occhiali da sole con lenti dotate di appositi filtri.
Accanto a quella atrofica, esiste anche la più temuta, ma meno frequente, forma neovascolare (o umida), che è dovuta alla crescita incontrollata di vasi sanguigni a livello della retina, che può essere però contrastata con una terapia a base di iniezioni intravitreali di farmaci antiangiogenici, (ANTI VEGF) come aflibercept (EYLEA) e ranibizumab, (LUCENTIS) che consentono, se somministrati per tempo, di bloccare la progressione della malattia e in alcuni casi anche di recuperare l’acuità visiva persa. L’effetto del Lucentis, generalmente dura 4 settimane, mentre nel farmaco più recente Eylea, l’effetto è di circa 8 settimane. E’ il medico che prescrive il farmaco più adatto in base al tipo di malattia.
Il protocollo osservato negli ospedali e cliniche Italiane è di 3 Iniezioni intravitreali a distanza di un mese cadauna, seguito da un controllo, generalmente OCT per verificare l’assorbimento del liquido sottoretinico. Solamente nel caso si riformi del liquido, si valuterà caso per caso, la somministrazione di altre iniezioni.
Ogni regione Italiana ha centri di eccellenza per il trattamento della Maculopatia, (una ricerca su internet, indica più di 300 centri ospedalieri, alcuni sono l’Ospedale San Raffaele di Milano, l’Ospedale Oftalmico di Torino, l’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio di Cagliari, L’ospedale Negrar di Verona, l’ Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar, in prov. di Verona, l’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato, Ospedale San Martino di Genova, Ospedale Careggi di Firenze, Il Policlinico di Bari, Ospedale Torrette di Ancona, il Centro Riabilitazione visiva dell’Ipovisione di Padova e tantissimi altri.
“Sono in corso nuovi studi per curare la maculopatia, ma – avverte la dottoressa Mallocci del San Giovanni di Dio di Cagliari, che ringrazio personalmente per la professionalità e l’umanità dimostrata, – è importante e urgente, intervenire prontamente con le cure attualmente a disposizione per la CNV essudativa, per conservare il visus residuo e non creare ulteriori danni irreparabili all’occhio colpito”
Michele Vacca