Le manifestazioni amorose viste in una dimensione culturale e non pregiudizievole.
Nell’era in cui le persone con disabilità, grazie ad un’opinione pubblica più sensibile, possono accostarsi alle pratiche quotidiane con maggiore disinvoltura, l’argomento sesso è da affrontare in maniera giocosa, ironica e soprattutto pratica.
La grande famiglia Sa.Spo. si approccia a questi temi motivata e tenace: vorrebbe ridurre a brandelli il velo di imbarazzo che l’argomento può ancora suscitare in certe persone. Intanto si crogiola per la buona riuscita del seminario “Affettività e Sessualità nella disabilità” che ha organizzato con il supporto della FISPES (Federazione Italiana Sport paralimpici e Sperimentali) e il Comitato Italiano Paralimpico Sardegna.
Il merito è senza dubbio da inputare alle due indiscusse protagoniste: Antonella Palmitesta (psicosessuologa, esperta in psicodiagnosi e psicologia giuridica, psicoterapeuta Gestalt analitica) e Rossella Convertino (dottore di ricerca, assistente sociale, mediatrice familiare). Con i loro studi approfonditi si sono calate nella pelle delle persone con disabilità, soprattutto mentale, e in quella degli altri interlocutori presenti nell’Aula Magna Giovanna Salaris della sede IERFOP (Istituto Europeo Ricerca Formazione Orientamento Professionale di eccellenza per disabili ed emarginati) di Cagliari – Pirri.
Hanno tenuto banco per l’intera giornata, al punto che il colloquio disciplinare si è spinto oltre l’orario previsto, segno che hanno colpito nel cuore dei presenti, specie tra i parenti dei disabili, motivati ancor di più nel far provare certe naturali ma benefiche sensazioni ai loro amati. Ma loro stesse hanno ammesso che mai erano riuscite ad instaurare un’empatia così efficace.
CRONACA DI UNA GIORNATA DA RIPETERE AL PIÙ PRESTO
Al presidente nazionale della FISPES Sandrino Porru spetta il compito di introdurre i lavori e porgere i saluti dello IERFOP. Poi parola alle protagoniste che rompono subito gli indugi avviando un rapporto complice con i presenti, grazie alle loro maniere simpatiche, garbate e soprattutto intrise di conoscenza che favoriscono l’interazione spontanea: la soggezione non era di casa.
Vogliono conoscere tutti nel profondo, moderano con entusiasmo e per contro la platea è come un fiume in piena: parla, chiede, approfondisce, cerca fonti esaustive per studiare al rientro a casa. Emergono testimonianze molto toccanti e altre storie commoventi. Arriva la pausa pranzo e di seguito viene proiettato il film documentario “The special need”, del regista Carlo Zoratti.
Il protagonista, Enea, ha 29 anni, è autistico e aspira ad un rapporto sessuale. Gli amici, in un ammirevole atto d’altruismo, lo scorrazzano in Germania, patria dei centri per l’autodeterminazione sessuale, dove ognuno può scoprire qual è l’affettività e la sessualità che più lo aggrada. La pellicola termina con il protagonista che, nonostante mille peripezie, si ritrova al punto di partenza perché una cosa è il sesso nudo e crudo, un’altra è provare dei sentimenti per l’ipotetica ragazza dei sogni.
PUNTI DI VISTA SASPINI
Sandrino Porru (presidente FISPES): “Il convegno ha offerto spunti molto positivi. Merito soprattutto delle due dottoresse che in modo disinibito hanno analizzato compiutamente qualsiasi sfaccettatura e si sono mostrate aperte ad ogni tipo di confronto.
E soprattutto sono partite dal presupposto che tutti siamo uguali e pertanto abbiamo il diritto di vivere affettività e sessualità, e il dovere di beneficiare di spazi per vivere liberamente quella che è la corretta relazione con gli altri. Non si pretendeva di trovare soluzioni perentorie alle tematiche messe in campo, ma è stata una utile opportunità per trovare delle soluzioni interessanti.
Gli operatori della Sa.Spo. hanno degli strumenti in più per affrontare con maggior consapevolezza questo argomento con le famiglie dei loro atleti e con i diretti interessati. Gli scopi di carattere sportivo che la mia federazione persegue non possono esimersi dai percorsi intimi e personali degli atleti che ne fanno parte. Ricordiamo che lo sport è una scuola di vita perché insegna a vivere. Bisogna avere la forza, il coraggio e la determinazione per affrontare i percorsi esistenziali di crescita in sintonia con l’attività agonistica”.
Cristina Sanna (vice presidente Sa.Spo.): “Siamo state libere di parlare di affettività e sessualità senza alcun tipo di limitazione. Tra medici, operatori, assistenti sociali, la figura più importante, quella del familiare, purtroppo era poco rappresentata. Grazie al lavoro svolto dalle dottoresse, abbiamo avuto la possibilità di riflettere su congetture che magari si affrontavano con molta superficialità.
Bisognerebbe costituire un gruppo e proseguire una programmazione terapeutica riabilitativa con l’intermediazione di psicologa e sessuologa verso i nostri operatori e soprattutto con i familiari, che ad onor del vero si rifiutano di affrontare il problema. Lo ritengo il metodo migliore per garantire affettività e sessualità, come è giusto che sia per tutti.
Mi sono resa conto, purtroppo, che il problema, a volte, non può essere risolto meccanicamente con un mero atto sessuale. Infatti, nel caso dei disabili intellettivi, talvolta sono alla ricerca di un rapporto sentimentale. Con il soddisfacimento fisico si rischia però di destabilizzare il ragazzo che potrebbe rimanere coinvolto emotivamente. Insomma, le particolari situazioni vanno gestite con profonda attenzione. Spero si possa riproporre al più presto un altro seminario che significherebbe migliorare qualitativamente la vita dei nostri atleti”.
Katia Pilia (organizzatrice dell’evento e allenatrice Sa.Spo.): “Giornata ricca di contenuti, siamo andati oltre le nostre previsioni. Diversi partecipanti hanno espresso la volontà di proseguire nell’acquisizione di nuove informazioni per avere ulteriori spunti di riflessione.
Le dottoresse ci hanno fornito dettagli sull’esistenza di figure professionali come l’operatore sessuale, indicandoci i pro e i contro. Avevo già seguito un convegno a Roma, ne rimasi entusiasta.
Anche qui è stato bello esternare in modo naturale esperienze ed emozioni. Tutti ci siamo messi in gioco, sentendoci meno soli perché abbiamo potuto condividere le nostre preoccupazioni. C’è stato un arricchimento di nozioni, ora abbiamo strumenti in più per gestire queste situazioni. L’unica nota dolente è che tanti atleti e tanti familiari dei nostri atleti non abbiano accettato questo invito. Questo mi dispiace perché si è persa una grande occasione di confronto”.