Quattro rifiuti per ogni passo che facciamo sulle nostre spiagge. Di ogni tipo, colore, forma, dimensione. Invece delle conchiglie, ormai, a farla da padrona sui nostri litorali ci sono plastica, vetro o pezzi di metallo: rifiuti spiaggiati gettati consapevolmente o che provengono direttamente dagli scarichi non depurati e dall’abitudine di utilizzare i wc come una pattumiera e soprattutto dalla cattiva gestione dei rifiuti a terra.
È quanto emerge dall’indagine Beach Litter 2018 condotta da Legambiente che fotografa anche stavolta una situazione critica per molti arenili italiani: su 78 spiagge monitorate, per un totale di oltre 400mila metri quadri, pari a quasi 60 campi di calcio, sono stati trovati una media di 620 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. La plastica si conferma la regina indiscussa tra i materiali più trovati, con un percentuale dell’80%, seguita da seguita da vetro/ceramica (7,4%), metallo (3,7%) e carta/cartone (3,4%). Sul podio dei rifiuti più trovati ci sono i frammenti di plastica, ovvero i residui di materiali che hanno già iniziato il loro processo di disgregazione, anelli e tappi di plastica e infine i cotton fioc, che salgono quest’anno al terzo posto della top ten. I rifiuti plastici usa e getta sono stati rinvenuti nel 95% delle spiagge monitorate. Si tratta di oggetti creati per finire la loro vita immediatamente o poco dopo il loro utilizzo, come bottiglie, stoviglie e buste, e sui quali è necessario insistere a livello legislativo metterei a livello europeo, sia per la loro riduzione che per un più controllato e corretto smaltimento se si vuole affrontare con determinazione il problema del marine litter.
L’indagine di Legambiente (realizzata per il quinto anno consecutivo nei mesi di aprile e maggio nell’ambito di Spiagge e Fondali Puliti – Clean Up The Med, campagna realizzata in collaborazione con Mareblu, Novamont, Sammontana e Virosac), è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science, il risultato cioè di un monitoraggio eseguito direttamente dai volontari dei circoli dell’associazione, che setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti secondo un protocollo scientifico riconosciuto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a cui ogni anno vengono inviati i dati dell’indagine.
Si tratta di un’esperienza unica che fornisce dati ed elementi per denunciare il marine litter, una delle più gravi emergenze ambientali dei nostri tempi al pari dei cambiamenti climatici – dichiara stefano ciafani, presidente di legambiente. Una sfida contro la quale sempre più paesi nel mondo si stanno attrezzando, come è emerso alla conferenza mondiale dell’onu sugli oceani del giugno 2017 a New York, in cui abbiamo raccontato la nostra esperienza anche in assemblea generale.
L’Italia fino ad ora ha fatto da apripista grazie alle leggi sulla messa al bando dei sacchetti di plastica tradizionale, sui cotton fioc non compostabili e sulle microplastiche nei prodotti cosmetici. Per questo chiediamo all’europa di essere ancora più ambiziosa nella sua strategia anti plastica, definendo nuove misure legislative per contrastare l’usa e getta, con la messa al bando di alcuni oggetti come ad esempio stoviglie, posate o bicchieri di plastica, per ridurre l’uso eccessivo di acque in bottiglia.
Se da un lato occorrono sempre più controlli per garantire il rispetto delle leggi approvate, a partire da quella sui sacchetti – conclude ciafani – dall’altro è anche urgente avviare la rimozione dei rifiuti dai fondali marini, con la messa a sistema del sistema del fishing for litter e con la raccolta e il riciclo di quelli plastici presenti sulle spiagge oltre che dare avvio ad azioni di prevenzione, incrementando il riciclo degli imballaggi con una nuova consapevolezza di tutti gli attori in gioco, dai cittadini ai turisti, dagli operatori turistici alle amministrazioni locali e regionali, fino ai pescatori, per mettere in campo comportamenti virtuosi per la riduzione dei rifiuti plastici e l’azzeramento della loro dispersione nell’ambiente.
Anche perché questa emergenza, oltre al devastante impatto sull’ambiente, ha drammatiche conseguenze sugli esseri viventi che vivono in contatto con l’ecosistema marino: l’ingestione dei rifiuti di plastica è stata documentata in oltre 180 specie marine. Senza dimenticare che, secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall’Unione europea, il marine litter costa all’Europa 478 milioni di euro all’anno solo per i settori di turismo e pesca, mentre per pulire tutte le spiagge europee il costo stimato è di 412 milioni di euro. Ma problema più grande è che questi rifiuti non scompaiono, ma anzi restano nell’ambiente, si degradano e si frammentano in pezzi sempre più piccoli: microplastiche che hanno una via facilitata per entrare nella catena alimentare e contaminarla.
Cause rifiuti spiaggiati
La cattiva gestione dei rifiuti urbani resta la causa principale della presenza dei rifiuti sulle spiagge italiane (il 42% degli oggetti è riconducibile ad essa). Questa categoria di rifiuto è rappresentato per lo più da imballaggi alimentari (sacchetti di dolciumi e bottiglie, ad esempio), in primis, e da rifiuti da fumo, principalmente mozziconi di sigaretta ma anche accendini, pacchetti di sigarette e imballaggi dei pacchetti. La carenza dei sistemi depurativi, unita con la pessima abitudine di usare il wc e gli scarichi domestici come una pattumiera, è causa della presenza di bastoncini cotonati, ma anche blister di medicinali, contenitori delle lenti a contatto, aghi da insulina, assorbenti o applicatori e altri oggetti di questo tipo che ritroviamo sulle spiagge (il 10% dei rifiuti). Pesca e acquacoltura (sia professionale che amatoriale) sono, infine, responsabili del 6% degli oggetti registrati, in particolare reti e lenze.
Infine, va ricordata l’emergenza che nei mesi scorsi ha riguardato le coste tirreniche: milioni di dischetti di plastica, utilizzati negli impianti di depurazione delle acque, si sono riversati in mare per un cedimento di un depuratore nel Golfo di Salerno e hanno riempito le spiagge di plastica. L’allarme era stato lanciato dal progetto Clean Sea Life, di cui è partner Legambiente (che ha già permesso di raccogliere oltre 100mila dischetti). Un’emergenza che non è finita: in nove spiagge, distribuite tra Campania, Lazio e Toscana, i volontari continuano a trovare questo tipo di rifiuto.
Le spiagge monitorate
Le spiagge oggetto dell’indagine sono state ventidue in Campania; quindici in Sicilia; sette in Calabria; sette nelle Marche; sei in Puglia; quattro nel Lazio; quattro in Basilicata; tre in Sardegna; tre in Toscana; due in Veneto; due in Molise; una in Emilia-Romagna, Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia.