In programma fino al 15 agosto tra Oristano e altri undici centri della provincia. Oggi (sabato 28) anteprima del festival con l’inaugurazione della mostra
“68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii” alle 19.30 alla Pinacoteca comunale “Carlo Contini” di Oristano.
Ai nastri di partenza la ventesima edizione del festival Dromos, in programma da lunedì 30 fino al 15 agosto tra Oristano e altri undici centri della sua provincia: Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Fordongianus, Mogoro, Morgongiori, Neoneli, Nureci, San Vero Milis, Ula Tirso e Villa Verde. Un’edizione che, sotto il titolo “DromosRevolution”, da un lato celebra appunto le prime venti candeline del festival, e, dall’altro, il cinquantenario del 1968, anno cruciale e che tanti e profondi cambiamenti ha innescato nella società, nel costume, nella cultura.
Due anniversari, dunque, da salutare con gli strumenti propri di Dromos: tanta musica ma anche mostre, incontri, film e altri eventi collaterali caratterizzano il ricco programma di iniziative dedicate a un anno, una stagione che ha segnato uno spartiacque nella storia del secondo Novecento; e che, come scrive il critico d’arte Ivo Serafino Fenu, curatore della sezione del festival dedicata alle arti visive, fu soprattutto “l’aspirazione di una generazione nel portare l’immaginazione al potere, secondo le teorie di Herbert Marcuse, uno dei padri nobili di quell’immaginifico e per certi versi irripetibile momento politico, sociale e culturale”. Ed è soprattutto questo l’aspetto che Dromos intende approfondire, in linea con le tematiche che da sempre caratterizzano il festival: “la forza utopica e vivificante dell’immaginazione, la possibilità di liberare il pensiero creativo, di divulgarlo e di condividerlo con un pubblico sempre più vasto ed esigente, festeggiando il potere dell’immaginazione e nella consapevolezza che la ‘rivoluzione umana’ è più importante di tutte le rivoluzioni e, allo stesso tempo, la più necessaria per l’umanità”.
Da lunedì 30, il festival entra nel vivo della sua ventesima edizione, con la musica a fare la parte del leone, come di consueto. Il cartellone prevede anche stavolta una fitta serie di concerti, spaziando su più latitudini e generi, a partire dal jazz e i suoi immediati dintorni, con un variegato e qualificato cast di artisti, in larga prevalenza internazionali. Particolarmente presente l’Africa, con la cantante maliana Fatoumata Diawara (il 6 agosto all’Anfiteatro di Tharros), con Bombino, il chitarrista tuareg originario del Niger (il 3 a Mogoro), e con il ghanese Guy One, cantante e virtuoso del kologo, una sorta di banjo a due corde (il 5 a Morgongiori); e poi Cuba, con il cantante e percussionista Pedrito Martinez (il 4 agosto a Baratili San Pietro), il batterista Horacio “El Negro” Hernandez (il 9 a Ula Tirso) e i pianisti Gonzalo Rubalcaba (il 10 a Neoneli) e Marialy Pacheco (il primo agosto all’Anfiteatro di Tharros). Da un’isola all’altra: la Sardegna schiera il Mal Bigatto Trio (il 7 a Oristano) e il sassofonista nuorese Gavino Murgia in trio con il chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e il percussionista/polistrumentista francese Mino Cinelu nel progetto Dream Weavers (l’11 a Villa Verde), ma ha un legame con l’isola anche il concerto di Vinicio Capossela (il 2 a Bauladu). Affonda invece le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano il gruppo Bokanté creato dal fondatore e leader degli Snarky Puppy, Michael League (martedì 31 luglio a Fordongianus), a completare un cartellone in cui brilla una stella di prima grandezza del jazz come Dee Dee Bridgewater (l’8 agosto a Oristano).
L’Africa è presente anche nel palinsesto di Mamma Blues, il “festival nel festival” che, tradizionalmente, suggella Dromos in tre serate a cavallo di ferragosto a Nureci: il cantante e chitarrista Roland Tchakounté, camerunense ma da tempo di casa in Francia (di scena il 13 agosto), e il nigeriano Seun Kuti (sul palco a ferragosto), il figlio minore del leggendario Fela Kuti, sono infatti i nomi di spicco, insieme a quello della cantante e chitarrista norvegese Kristin Asbjørnsen (attesa a Nureci il 14), dell’appuntamento nel piccolo centro della Marmilla, dove il blues targato Sardegna trova invece rappresentanza nel duo Don Leone, nel Bob Forte Trio e nel quartetto South Sardinian Scum.
Intorno al tema del ’68 (e dintorni) ruota anche la rassegna cinematografica in tre tappe a San Vero Milis a cura dell’Associazione Lampalughis, mentre altri appuntamenti e altri ospiti, tra cui il teologo Vito Mancuso, atteso per una riflessione sulla rivoluzione interiore, completano il quadro del ventesimo festival Dromos; un’edizione organizzata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna (Assessorato allo Spettacolo e Attività Culturali e Assessorato al Turismo), dei Comuni interessati, della Fondazione di Sardegna, del Banco di Sardegna, dell’agenzia Laore, della Cantina Contini di Cabras, del Mistral Hotel di Oristano e con la collaborazione di Rete Sinis, Mibact, Curia Arcivescovile di Oristano, Pinacoteca comunale “Carlo Contini” di Oristano, AskosArte, Centro per l’Autonomia di Oristano, Cooperativa Sociale CTR Onlus, Teatro Tragodia di Mogoro, Lampalughis di San Vero Milis, associazione di promozione sociale Mariposas de Sardinia, ViaggieMiraggi ONLUS, Pastori in moto, compagnia teatrale BobòScianèl, Consulta giovani di Bauladu, Music Academy di Isili, Genadas e Radio Rada.
I CONCERTI
Dromos, come sempre, è soprattutto grande musica dal vivo: una regola valida anche per questa edizione numero venti del festival in cui l’arte dei suoni fa la parte del leone.
La lunga serie di concerti si apre martedì 31 luglio (ore 21.30) alle antiche terme romane di Fordongianus (new entry nel circuito di Dromos) con Bokanté, progetto creato da Michael League, già fondatore e leader della band di jazz-fusion americana Snarky Puppy; un progetto che affonda le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano riunendo sotto la sua insegna otto musicisti provenienti da quattro continenti che portano sul palco le rispettive esperienze e tradizioni. Insieme a Michael League (che per l’occasione lascia il suo basso a favore della chitarra baritono) altri due Snarky Puppy, i chitarristi Chris McQueen e Bob Lanzetti, la cantante Malika Tirolien, originaria dell’isola caraibica della Guadalupa, il virtuoso della pedal steel guitar Roosevelt Collier e i percussionisti Jamey Haddad, André Ferrari e Keita Ogawa.
Il concerto è presentato in collaborazione con il ventisettesimo Simposio internazionale di Scultura su Pietra Trachite di Fordongianus, in programma dal 28 luglio al 5 agosto: una manifestazione durante la quale un gruppo di artisti provenienti da diverse nazioni, lavorano, sotto lo sguardo interessato degli spettatori e dei turisti, nello splendido scenario racchiuso tra le antiche terme romane e il fiume Tirso, un masso di trachite, la pietra locale, fino alla sua trasformazione in opera d’arte.
Il primo agosto (sempre alle 21.30) il festival approda all’Anfiteatro di Tharros, il nuovo spazio per lo spettacolo allestito nella cornice esclusiva del sito archeologico sulla penisola del Sinis, nel territorio del Comune di Cabras. Protagonista del concerto “En el Camino”, proposto in collaborazione con il Mistral Hotel di Oristano, la pianista cubana Marialy Pacheco alla testa del suo trio con il bassista colombiano Juan Camilo Villa e il batterista uruguaiano Diego Piñera. Nata a L’Avana nel 1983, di solida formazione classica, prima donna ad aver vinto la Montreux Solo Piano Competition in quindici anni di storia del concorso, Marialy Pacheco è anche l’unica esponente femminile nell’attuale leva di pianisti jazz cubani che annovera nomi del calibro di Roberto Fonseca, Omar Sosa e Gonzalo Rubalcaba (anche lui in arrivo al festival, il 10 agosto a Neoneli).
Il 2 agosto a Bauladu si rinnova la collaborazione di Dromos con il ‘Du – Bauladu Music Festival, quest’anno alla decima edizione, ideato dalla Consulta Giovani Bauladu. Grande protagonista della serata all’Anfiteatro Comunale (ore 22.30), il cantautore, poeta e scrittore Vinicio Capossela in “Componidori e altre canzoni della Cupa”: un concerto che intende celebrare la storia del suo album uscito nel 2016, “Canzoni della Cupa”, appunto, dopo una gestazione di tredici anni, cercando spunti e ispirazione tra l’alta Irpinia e l’Oristanese, come suggeriscono titolo e versi di un brano come “Componidori”. Vincitore l’anno scorso del prestigioso Premio Tenco alla carriera, Vinicio Capossela si è aggiudicato anche il Premio Lunezia Canzone d’Autore 2017 proprio per “Canzoni della Cupa”, definito dalla commissione “Album epocale”. Con lui sul palco di Bauladu una formazione acustica che schiera Riccardo Pittau alla tromba, Victor Herrero e Alessandro Stefana alle chitarre, Fabrice Martinez al violino, Glauco Zuppiroli al contrabbasso e Giuseppe Leone alle percussioni.
Venerdì 3 agosto Dromos fa tappa a Mogoro (rinnovando così la collaborazione tra il festival e la tradizionale Fiera dell’Artigianato Artistico della Sardegna): sul palco allestito in Piazza Martiri della Libertà (ore 21.30) dilagheranno i ritmi ipnotici del Sahara e le sonorità del blues e del rock, ovvero la miscela trascinante che caratterizza la musica di Bombino. Il chitarrista e cantante definito da molti “il Jimi Hendrix del deserto”, nato e cresciuto ad Agadez, in Niger, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, si rifà alle sonorità tipiche degli anni Sessanta/Settanta, inserite in un contesto rock-blues di matrice americana, arricchito da vocalismi in Tamasheq, la lingua Tuareg. Quattro gli album all’attivo della stella del desert blues nella sua ascesa al successo internazionale iniziata nel 2011 con “Agadez”, seguito nel 2013 dall’acclamatissimo “Nomad”, nel 2016 da “Azel”, e dal recentissimo “Deran”, pubblicato lo scorso maggio. Accompagnano Bombino in questa tappa in terra sarda Illas Mohamed alla chitarra, Youba Dia al basso e Corey Wilhelm alla batteria.
La rotta del festival approda idealmente ancora a Cuba, il 4 agosto, con il concerto a Baratili San Pietro (alle 21.30 in Pratza de ballusu) del percussionista e cantante Pedrito Martinez con il suo gruppo: Jassac Delgado Jr. alle tastiere e cori, Jhair Sala alle percussioni e cori, Sebastian Natal al basso, percussioni e cori. Classe 1973, anche lui nativo de L’Avana, come Marialy Pacheco, da quando si è stabilito a New York, nell’autunno del 1998, Pedro Pablo “Pedrito” Martinez ha registrato o suonato con artisti del calibro di Wynton Marsalis, Paul Simon, Bruce Springsteen, Sting e partecipato a oltre cinquanta album. La sua voce tenorile perfettamente intonata combina agevolmente influenze popolari e folcloristiche con un’energia e un carisma contagiosi che lo rendono formidabile sia come front man che come percussionista.
Da Cuba all’Africa di Guy One, il cantante e suonatore di kologo (un liuto a due corde), di scena il 5 agosto a Morgongiori (alle 21.30 in piazza Chiesa) con una formazione che vede Florence Adooni e Lizzy Amaliyenga ai cori, Claudio Jolowicz e Bastian Duncker ai sassofoni e ai flauti, Johannes Wehrle alle tastiere e Max Weissenfeldt alla batteria. Di etnia Frafra, originario della zona rurale intorno a Bolgatanga, nel Ghana settentrionale, lo scorso gennaio Guy One ha pubblicato “# 1”, il suo nuovo album e prima uscita internazionale, che sta ricevendo un’ottima accoglienza da parte della stampa e nei dancefloor di mezza Europa. Frutto di una collaborazione tra Berlino e Bolgatanga, nato grazie all’iniziativa e all’intuizione del suo mentore Max Weissenfeldt, musicista nonché produttore e A&R dell’etichetta Philophon Records da lui stesso creata, “# 1” è un disco radicato nella tradizione quanto nel contemporaneo, tra passato e presente, e il contrasto si amalgama in un tessuto di suoni assolutamente in linea con i nostri tempi.
L’Africa detta la rotta anche del concerto in programma l’indomani, lunedì 6 agosto, nuovamente nella splendida cornice dell’Anfiteatro di Tharros (ore 21.30). Al centro dei riflettori, in una serata presentata in collaborazione con la Cantina Contini di Cabras, la cantante maliana Fatoumata Diawara, accompagnata da Yacouba Kone alla chitarra, Arecio Smith alle tastiere, Sekou Bah al basso e Jean Baptiste Gbadoe alla batteria. Classe 1982, tra le rappresentanti più vitali della musica africana d’oggi, Fatoumata Diawara approda in Sardegna reduce dalla recente uscita (lo scorso 25 maggio) del suo nuovo album, “Fenfo”, dove esprime tutta la sua maestria nelle melodie nitide e suggestive che attraversano il disco. Pur nel rispetto delle origini, la sonorità del disco è un atto di coraggiosa sperimentazione che caratterizza la cantante del Mali come nuova portavoce femminile della giovane Africa, consapevole delle proprie radici ma con una visione fiduciosa rivolta al futuro e dal linguaggio universale.
Il 7 agosto la musica di Dromos arriva anche a Oristano: all’Hospitalis Sancti Antoni, con inizio alle 22.30, spazio al Mal Bigatto Trio, formazione sarda composta da Giuseppe Joe Murgia ai sassofoni, Antonio Farris al contrabbasso e all’elettronica, e Alessandro Garau alla batteria. Nato nel 2014 con la formula del trio senza strumento armonico, il gruppo ha registrato l’anno scorso il suo primo disco, “Archetipo”, composto da nove brani originali scritti dai tre musicisti.
Si resta a Oristano l’indomani (mercoledì 8 agosto, ore 21.30) per uno degli appuntamenti più attesi del festival: quattro anni dopo la sua apparizione a Tharros, ritorna a Dromos un’autentica regina del jazz, Dee Dee Bridgewater. In piazza Cattedrale, accompagnata da Skyler Jordan e Monet Owens ai cori, Bryant Lockhart al sax, Curtis Pulliam alla tromba, Farindell “Dell” Smith al pianoforte e all’organo, Charlton Johnson alla chitarra, Barry Campbell al basso e Carlos Sargent alla batteria, la poliedrica artista afroamericana, da oltre quattro decenni acclamata sui palchi di tutto il mondo, presenta il suo ultimo album “Memphis… Yes, I’m Ready”: un disco che segna non solo un ritorno ideale alle sue radici (la Bridgewater è nata infatti a Memphis, città dal ruolo fondamentale nella cultura, nella musica e nella lotta per i diritti civili), ma anche un’innovativa rivisitazione di classici blues e R&B come “Why? (Am I Treated So Bad)”, “I’m Going Down Slow”, “Don’t Be Cruel”.
Il 9 agosto tappa a Ula Tirso con un altro esponente di primo piano della musica cubana: il batterista Horacio “El Negro” Hernandez, in piazza IV Novembre (ore 21.30) alla testa del suo Italuba Quartet, con Amik Guerra alla tromba, Ivan Bridon al piano e Daniel Martinez al basso. Nato a L’Avana nel 1963, “El Negro” ha collaborato da subito con jazzisti del calibro di Dizzy Gillespie e Michel Camilo nonché con un’icona del rock latino come Carlos Santana. Ma è attraverso la lunga e importante collaborazione con Gonzalo Rubalcaba che ha perfezionato la sua particolare tecnica percussiva che l’ha portato ad affermarsi tra i batteristi afro-cubani più apprezzati in ambito internazionale.
Ed è proprio con Gonzalo Rubalcaba che l’immersione di Dromos nella musica cubana prosegue l’indomani (10 agosto) a Neoneli (in piazza Barigadu alle 21.30), dove il pianista e compositore di L’Avana tiene banco in trio con Matt Brewer al contrabbasso e Kyle Swan alla batteria. Attivo con progetti in piano solo e collaborazioni sia nel mondo del jazz che della classica, Rubalcaba ha da sempre sfidato le tradizionali classificazioni musicali: il suo repertorio artistico non ha mai smesso di evolversi andando a toccare le sonorità afro-cubane, le ballate tradizionali cubane e messicane, i boleri e opere classiche cubane. Il concerto è presentato in collaborazione con il festival Licanìas, che dal 4 al 7 del prossimo ottobre vivrà nel piccolo e antico paese del Barigadu la sua nona edizione.
Denso di fascino e magia l’appuntamento dell’11 agosto a Villa Verde, nella splendida distesa di lecci di Mitza Margiani, dove va in scena (ore 21.30) il progetto Dream Weavers: un viaggio tra suoni ancestrali e moderne derive jazzistiche con un trio di raffinati interpreti della musica improvvisata: il sassofonista e polistrumentista nuorese Gavino Murgia, il chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e il percussionista e polistrumentista francese Mino Cinelu.
La volata finale di Dromos è, come di consueto, a Nureci, il piccolo borgo della Marmilla, con Mamma Blues, tre intense serate per il “festival nel festival”, quest’anno alla decima edizione, più un’anteprima in calendario il 12 agosto (alle 22): in programma “Upside down Woodstock”, un’esibizione dei neo diplomati della Music Academy di Isili, giovani talenti musicali alla prova del grande palco dell’arena Mamma Blues, con la speranza di tornare in futuro da veri artisti.
Apre invece la rassegna di ospiti internazionali – il 13 agosto – Roland Tchakounté. Con quattro album e centinaia di concerti all’attivo (in USA, Canada, Vietnam, Singapore, Africa, Indonesia, Francia, Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Lituania, Italia e Spagna), il cantante e chitarrista originario del Camerun, ma da tempo trapiantato in Francia, si caratterizza per uno stile che mescola blues e tradizione africana (scrive in Bamiléké, la sua lingua madre), ispirato in partenza da artisti come John Lee Hooker e Ali Farka Touré. Accanto a Roland Tchakounté (chitarra elettrica e voce), saliranno sul palco di Nureci Mick Ravassat alla chitarra elettrica, Tahiry Jamiro Razanamasy al basso e Karim Bouazza alla batteria.
L’indomani (14 agosto) Mamma Blues incontra una delle espressioni di spicco della scena musicale norvegese, Kristin Asbjørnsen. Accompagnata da Olav Torget alle chitarre e Suntou Susso alla kora e al canto, la cantante presenta l’album “Traces Of You”, uscito la scorsa primavera. Un disco dove risuonano tracce di musica dell’Africa occidentale, ninnananne e jazz contemporaneo del Nord Europa; canzoni come delicate percezioni di segni della vita, della presenza e dei cambiamenti dell’amore, dove la voce, le chitarre e la kora, sono creativamente intrecciati in una vibrazione calda e meditativa.
La notte di Ferragosto è infine con Seun Kuti & Egypt 80. Il trentaquattrenne musicista e cantante nigeriano, figlio più giovane della leggenda dell’afrobeat Fela Kuti, arriva al Mamma Blues con il suo nuovo album “Black Times”, il quarto registrato in studio con la straordinaria orchestra creata dal padre (l’epica Africa 70), ribattezzata Egypt 80 per riflettere le origini dell’Africa nera dall’antica civiltà faraonica. Con Seun Kuti (sassofono contralto, tastiere) altri tredici musicisti: Adebowale Osunnibu e Ojo Samuel David ai sassofoni, Adedoyin Adefolarin e Oladimeji Akinyele alle trombe, le coriste e danzatrici Joy Opara e Iyabo Adeniran, David Obanyedo e Oluwagbemiga Alade alle chitarre, Kunle Justice al basso, Shina Niran Abiodun alla batteria, Kola Onasanya, Wale Toriola e Okon Iyamba alle percussioni.
Come da tradizione, ogni serata di Mamma Blues è introdotta alle 22 e chiusa intorno alla mezzanotte nel tradizionale dopoconcerto nei Giardini del Sottomonte), da una formazione isolana: il 13 agosto è di scena il Bob Forte Trio, formazione di convinta matrice blues e dal solido groove, nata poco più di un anno fa per iniziativa del chitarrista e cantante cagliaritano Bob Forte (al secolo Matteo Spano), con l’esperto e poliedrico Marco Piu al basso e Pietro Frongia alla batteria. Un anno fa proprio ad agosto il trio ha anche prodotto il suo primo disco, registrato dal vivo alle antiche terme romane di Fordongianus. Il 14 è invece la volta del duo Don Leone ovvero i sulcitani Donato Cherchi (voce) e Matteo Leone (chitarra, batteria), che due anni fa hanno unito le forze e le esperienze personali, mettendo nel calderone spiritual rivisitati e stravolti, pezzi originali, ma anche cover importate da altri generi. Un progetto di musica blues, cruda, elettrica e rauca. Ad aprire e chiudere la serata di Ferragosto saranno, infine, I South Sardinian Scum, band nata nel 2013 e attualmente composta da quattro musicisti uniti dalla passione per il rock’n roll più scuro, il rockabilly maniacale e lo psychobilly old school: Giampietro Guttuso alla voce, Angelo Scuderi alla chitarra, Luca Utzeri al basso e Andrea Murgia alla batteria.
Anche quest’anno, ed è il terzo consecutivo, caratterizzano i concerti di Dromos le scenografie di Mattia Enna, della compagnia teatrale BobòScianel, che stavolta rilegge il gioco del “domino”, utilizzando legno, cartapesta, materiali di recupero, qualche tocco pittorico e ispirandosi a suggestioni visive degli anni Sessanta e Settanta: alla pop art e all’optical art, alla grafica, alla moda e più in generale ai simboli di quegli anni.
E tornano anche gli interventi sul palco dell’attore e scrittore Alessandro Melis, che quest’anno proporrà a Dromos un suo “Bestiario della rivoluzione (animali sconvolgenti, e come inventarli)”.
I concerti di Bokanté a Fordongianus (il 31 luglio), di Horacio “El Negro” Hernandez a Ula Tirso (il 9 agosto) e di Gonzalo Rubalcaba a Neoneli (il 10) si riconoscono sotto il marchio territoriale “Barigadu fest”. Collegata invece ai concerti di Pedrito Martinez a Baratili San Pietro (il 4 agosto) e di Guy One a Morgongiori (il 5) è invece un’iniziativa promozionale voluta dalle amministrazioni comunali dei due paesi in collaborazione con Dromos per promuovere le tipicità locali, ovvero la vernaccia per Baratili e le Lorighittas, la tipica pasta fatta a mano di Morgongiori: un’iniziativa che rientra tra la serie di eventi denominati “Vinocultura” che l’Agenzia Laore Sardegna sta realizzando già da qualche anno per valorizzare e far conoscere le principali produzioni tipiche regionali a marchio.
ALTRI APPUNTAMENTI • Oltre ai concerti e alla mostra “68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii”, diversi altri appuntamenti e iniziative infoltiscono il cartellone del festival che si apre lunedì 30 con un evento che rinnova la collaborazione di Dromos con il Centro per l’Autonomia di Oristano (servizio del PLUS Distretto di Oristano, ASSL Oristano, gestito dalla Cooperativa Sociale CTR Onlus): alle 18.30 presso l’Ospedale Vecchio in piazzale San Martino viene proposta “(R)evolution ovvero matti da (s)legare”, una performance che ha per protagonisti una famiglia, una zia matta da (s) legare e un matrimonio. Un excursus temporale – a quarant’anni dalla legge di riforma psichiatrica Basaglia che ha sancito la chiusura dei manicomi in Italia – che parte dagli anni ’40, attraversa il ’68, passa per gli anni Ottanta e approda al nuovo millennio, per raccontare, con molta ironia, come l’originalità di una persona possa far paura e produrre sofferenza ed emarginazione, se viene contrastata, e come possa invece permettere la nascita della creatività e del genio se protetta e valorizzata. Prodotta in collaborazione con il Centro per l’Autonomia Servizio del PLUS Distretto di Oristano, ASL e Coop. Soc. CTR Onlus , Teatro Tragodia di Mogoro, “(R)evolution ovvero matti da (s)legare” è interpretata da utenti e operatori del Centro per l’autonomia di Oristano. Firma il testo Carmen Porcu, adattamento e regia sono di Virginia Garau con l’aiuto alla regia di Caterina Peddis.
Lunedì 30 luglio prende anche il via a San Vero Milis, nel Giardino del Museo Archeologico, “Gli anni ’68”, rassegna cinematografica in tre appuntamenti (tutti con proiezioni alle 21.30) a cura dell’Associazione Lampalughis. Si comincia con “Assalto al cielo”, un documentario del 2016 di Francesco Munzi con immagini d’archivio del decennio 1967-1977. Si prosegue il 5 agosto con la visione di “Qualcosa nell’aria” (“Après mai”), film del 2012 del regista francese Olivier Assayas: protagonista della storia, ambientata in alcuni anni dopo il ’68, è Gilles, un liceale che abita in una località nei dintorni di Parigi e che sperimenta insieme ai suoi coetanei l’impegno politico militante. Chiude il trittico di proiezioni, il 12 agosto, “Lavorare con lentezza”, film del 2004 di Guido Chiesa, sceneggiato dal regista con Wu Ming, e ambientato a Bologna nel 1976, poco dopo l’inizio delle trasmissioni di Radio Alice, libera emittente di intervento politico militante e di innovazione mediatica.
Appuntamento d’eccezione quello del 2 agosto con Vito Mancuso a San Vero Milis, nel Giardino del Museo Archeologico alle 19.30. Teologo “non allineato”, autore di bestseller (il suo ultimo libro è “Il bisogno di pensare”; Garzanti, 2017) nella sua conferenza Mancuso affronterà il tema della rivoluzione che, giocoforza, dev’essere prima di tutto “interiore”: la più importante tra le rivoluzioni possibili e, in quanto tale, la più necessaria per il genere umano.
Il ’68, il movimento del ’77, il loro slancio sperimentale e creativo sono raccontati, ma senza intenzioni celebrative, anche nelle pagine del libro “Sulle labbra del tempo. ‘Area’ tra musica, gesti ed immagini”, scritto a quattro mani da Viviana Vacca e Diego Protani, con foto originali di Tano D’Amico. Presenta il volume, il 7 agosto a Oristano, Viviana Vacca in una conversazione con il filosofo e giornalista Roberto Ciccarelli alle 21.30 all’Hospitalis Sancti Antoni.