Nel popolo dei Giusti, anche alcuni sardi che hanno salvato ebrei, sottraendoli al sistema concentrazionario nazista nella Seconda Guerra mondiale. È quasi del tutto sconosciuta la storia dei Giusti sardi che, aiutando gli ebrei e i perseguitati politici, hanno contribuito a combattere pacificamente le peggiori forme di totalitarismo del Novecento.
In questo libro, Storie di sconosciuti salvatori. I sardi nel popolo dei Giusti, Iskra Edizioni, Ghilarza (OR) 2018, Giuseppe Deiana,già docente di Storia e Filosofia, oggi presidente dell’Associazione Centro Comunitario Puecher di Milano, raccogliesette storie di Giusti protagonisti di un’ordinaria straordinarietà umana e morale. Una prova ulteriore del contributo importante dei sardi alla Resistenza militare e civile, memoria indispensabile da tenere viva per evitare che i sardi salvatori “siano vittime dell’amnesia storica e della rimozione collettiva”, e per “impedire e contrastare le forme nuove e ricorrenti del sistema genocidario, reali o possibili, in ogni parte del mondo, nella consapevolezza che il male procurato anche a un solo popolo è inferto all’umanità intera”.
Ecco quindi le storie di alcuni Giusti tra le Nazioni già onorati allo Yad Vashem e di figure in attesa di tale riconoscimento: persone che hanno agito in difesa dei perseguitati e della dignità umana. Come Girolamo Sotgiu (nato a La Maddalena nel 1915 e morto a Cagliari nel 1996)e Bianca Ripepi (Calabria 1922, Cagliari 2005), onorati nel Giardino dei Giusti di Olbia, la coppia antifascista che ha salvato alcuni ebrei dell’isola di Rodi; o Andrea Loriga (Codrongianos-Sassari, Binasco-Milano 1945) il medico antifascista nato a Sassari che a Binasco – dove gli è stato dedicato un albero del Giardino dei Giusti – nel 1944 mise in salvo la famiglia dell’avvocato ebreo Augusto Weiller; o ancora Salvatore Corrias (San Nicolò Gerrei-Cagliari 1919, Moltrasio-Como 1945) e Giovanni Gavino Tolis (Chiaramonti-Sassari, Gusen-Mauthausen 1945), “contrabbandieri di uomini”, che riuscirono a far espatriare in Svizzera ebrei e perseguitati politici. Come pure Giuseppina De Muro (Lanusei 1903, Torino 1965), una suora che nel carcere di Torino si schierò al fianco dei prigionieri, in particolare ebrei e condannati a morte – partigiani e fascisti – riuscendo anche a salvare delle vite (come quella di un bambino di pochi mesi, Massimo Foa, portato fuori dal carcere nascosto nel mucchio di lenzuola sporche da mandare a lavare) eVittorio Tredici (nato a Iglesias nel 1892 e morto a Roma nel 1967, l’ex podestà fascista di Cagliari e dirigente del settore minerario nazionale, che, dopo la rottura con la politica di Mussolini, ha soccorso ebrei meritandosi il titolo di Giusto tra le nazioni nel 1997.
Come scriveva Deiana nel suo primo libro sul tema, La rivoluzione dei Giusti. Un’alternativa alla globalizzazione dell’indifferenza (Mimesis, 2016), i Giusti rappresentano un cambio di paradigma non solo nella narrazione della storia – raccontare i crimini contro l’umanità partendo da esempi positivi – ma anche sul piano etico-civile, che si costruisce così su storie di umanità e solidarietà, giustizia e resistenza. Deiana accoglie l’estensione del concetto di Giusto e lo sostanzia in una ricca appendice di riflessioni. Nel tempo, sostiene Deiana, è aumentato lo spettro dei crimini commessi dall’uomo e si è quindi ampliata l’idea del Giusto, per comprendere non solo chi ha agito durante i genocidi riconosciuti come tali (il genocidio armeno, quello rwandese, cambogiano, la pulizia etnica nei Balcani), ma anche “gli archeocidi, come quello siriano di Palmira in cui l’archeologo Khaled al-Asaad è stato decapitato dai miliziani del califfato nero nel 2015; inoltre, gli etnocidi e gli ecocidi, come quelli messi in atto dal capitalismo internazionale e locale per sfruttare le risorse di vasti territori e di grandi foreste pluviali (in Amazzonia innanzitutto, ma anche nel Congo e nelle Filippine) determinando la distruzione e la scomparsa delle testimonianze culturali e storiche delle popolazioni indigene”.