Si amplia l’offerta espositiva della Stazione dell’Arte. La Fondazione “Stazione dell’Arte” di Maria Lai inaugura una nuova mostra espositiva dedicata alla grande figura dell’artista ulassese.
La nuova esposizione, dal titolo “Su barca di carta”, verrà aperta ai visitatori dal 4 Agosto e, per tre mesi, occuperà gli spazi del terzo padiglione del museo che originariamente ospitava la rimessa della ex stazione ferroviaria attiva fino ai primi anni Cinquanta.Il nuovo allestimento prende l’abbrivio da uno dei concetti cardine dell’universo poetico e artistico di Maria Lai: il libro.
Il libro è certamente, dopo l’invenzione della ruota, la scoperta più straordinaria e rivoluzionaria fatta dall’umanità. Lo strumento principe ed il mezzo che ha catalizzato e riunito in sé, fin dagli albori del mondo, la esigenza e l’ansia dell’uomo di esprimere e trasmettere, agli altri, il proprio pensiero ed, al tempo stesso, affidare al tempo ed alla storia la propria conoscenza.
L’artista, come tutti noi, si avvicina all’arte, ma alla storia, alla cultura, alla filosofia, alla letteratura, a tutte le discipline che condizionano e determinano, profondamente, la nostra personalità, attraverso i messaggi, le esperienze, le conoscenze, i risultati di una vita che i nostri avi, antichi e moderni, hanno raggiunto e fatti propri nella loro parabola umana. E il libro, nella forma tradizionale, che tutti noi oggi conosciamo, di manufatto composto da pagine di carta (ma inizialmente su pareti rupestri, poi su tavolette di argilla, su papiro, su pergamena, etc) è stato, nei secoli, il veicolo sul quale l’umunità ha voluto fissare la propria essenza.
Il libro, quindi, come un faro, o meglio, come una barca (di carta), una sorta di veliero carico di umanità e di vita che si è voluto, nei secoli, lanciare sul mare infinito del tempo perché chi verrà dopo di noi possa avere la ventura di trovarlo, afferrarlo e, se lo desidera, condividerlo.
Maria Lai, non fugge ne si sottrae da questa realtà, e partendo dai testi moderni che segnarono e condizionarono profondamente la sua personalità d’artista (Cambosu, Dessì, Gramsci, Deledda) si ricollega fortemente, e fa suo l’archetipo stesso del libro, reinventandolo e reinterpretandolo alla sua maniera, come strumento e veicolo potentissimo al quale affidare il proprio pensiero e la propria poetica perché, attraverso le scritture asemantiche, i libri cuciti, i pani in terracotta ed in ceramica, il messaggio profondo e misterioso dell’artista possa obliarsi, perdersi nel tempo e nella memoria, e poi, quasi per caso, per magia, quando la realtà lo renderà possibile ed i tempi saranno maturi, possa essere trovato, assaporato e gustato come alimento, come cibo della nostra conoscenza offerto in una sorta di ideale tavola comune imbandita ed apparecchiata per l’intera umanità.
Le suggestioni profonde dei libri dell’artista, che si perdono, abbiamo visto, nella notte dei tempi, vengono collegate, nella logica espositiva dei curatori, in un parallelo inusuale, e, per certi versi, inedito, tra le pagine dei libri cuciti ed in ceramica e le pagine, polverose, macchiate ed intrise dal tempo, di alcune cinquecentine, esemplari rari dei primi esempi di libri antichi a stampa (dopo Gutenberg), appartenenti alla collezione privata di Giuseppe Cabizzosu, direttore della biblioteca “Ichnussa” di Ulassai.
Nell’insolito accostamento appare di straordinaria evidenza la profonda similitudine ed assonanza che un occhio attento può cogliere nel ritmo, nell’armonica successione di spazi, nel susseguirsi equilibrato dei pieni e dei vuoti che caratterizzano le prime artigianali forme tipografiche riscontrabili negli incunaboli e nelle cinquecentine con l’armonia compositiva fatta propria e reinfusa, con perizia ed equilibrio, dalla grande artista nelle proprie opere.