Con l’applicazione della legge regionale 28 del 2.2.18, sono circa 11.500 gli allevatori che non potranno produrre suinetti e non 314 come afferma l’assessore regionale all’agricoltura. Si è di fronte ad un vero dramma.
I dati sono stati calcolati in conformità ad elementi ufficiali delle CCIAA, della BDN e dalle informazioni raccolte attraverso autorità preposte, da pareri scritti, sia fiscali che legali sulla stessa legge e sulle norme.Sì MODIFICHI URGENTEMENTE LA LEGGE, ALTRIMENTI SARA’ LA FINE DEFINITIVA DEL COMPARTOOpportuno modificare urgentemente la legge, altrimenti sarà la fine definitiva del comparto.
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SITUAZIONE SUINICOLA IN SARDEGNA POST LR. 28/2018
La situazione del comparto suinicolo in Sardegna, in seguito alla approvazione da parte del Consiglio regionale della LR 28, ha avuto una particolare attenzione non solo da parte degli attori diretti della filiera, ma da tutti i residenti dell’isola. Nei giorni scorsi non c’era luogo, bar, pizzeria, riunione fra amici, uffici, che l’argomento “porcetto” non sia stato discusso e approfondito. Il Centro Studi Agricoli è stato il primo a sollevare la problematica, per il tramite del suo presidente Tore Piana.
Ed è stata una discussione che ha portato quasi tutte le forze politiche presenti in Consiglio Regionale a proporre modifiche o aggiustamenti, anche significativi. Ieri, venerdì 24 agosto, si è riunito il gruppo tecnico del Centro studi Agricoli per un’analisi della situazione. Dal direttivo è venuto fuori un dato ancora più allarmante di quello dichiarato agli inizi. Sono, infatti, circa 11.500 le famiglie o allevatori sardi, che con l’applicazione della LR 28 non potranno produrre il classico “porcetto”.
Il gruppo tecnico del CSA ha analizzato molto attentamente l’articolato della Legge, soffermandosi, in particolare, sull’art.9, ritenuto molto penalizzante al comparto, anche in seguito delle “pesanti” dichiarazioni pubbliche rilasciate dal Direttore Generale dell’Assessorato All’Agricoltura, dott. Sebastiano Piredda, sull’argomento della razza suino Sarda e della necessità di favorire gli incroci con interventi pubblici regionali. Si tratta di affermazioni ritenute molto gravi sotto l’aspetto politico da parte di un dirigente regionale della Regione Sarda. L’articolo 9 è da sostituire anch’esso immediatamente. Il resto della Legge Regionale come precedentemente affermato, continua Tore Piana, è da ritenersi utile e innovative, anche in virtù del debellamento definitivo della PSA, Peste Suina Africana.
Vediamo ora di entrare nei dettagli:
FONTI NORMATIVE ANALIZZATE:
– DPR 317/1996 regolamento recante norme attuazione direttiva 92/102/CEE relativa all’identificazione e alla registrazione degli animali:
– DL.vo 200/2010 attuazione della direttiva 2008/71/CEE relativa alla identificazione e registrazione animali della specie Suina;
– Direttive sulla PSA della Regione Sardegna;
– LR 28/2018 Legge sulla suinicoltura in Sardegna.
Nel 2010 con il DL.vo 200/2010 e con le direttive regionali sulla PSA, adottate dalle autorità Sanitarie Veterinarie Regionali, tutti i detentori e allevatori di animali della specie suina esistenti nel territorio della Regione Sardegna, dovevano essere sottoposti alla loro classificazione, registrazione, inseriti nella banca Dati Nazionale BDN e controllati ai fini della PSA.
Alla data del 2010, prima dell’entrata in vigore del DL.vo 200/2010 in Sardegna, la detenzione e l’allevamento dei suini era regolata dal DPR 317/96 e dalle direttive Sanitarie sulla PSA, sia sulla identificazione dei capi, sia sul loro controllo, ma non veniva normata in modo dettagliato la loro registrazione, sia per numero di capi, sia degli stessi allevatori.
Con il DL.vo 200/10 furono stabilite, in modo dettagliato e preciso, le tipologie di inquadramento degli allevamenti. Lo stesso DL.vo decretava 3 tipologie di allevamento:
1) Allevamento familiare;
2) Allevamento da ingrasso;
3) Allevamento da riproduzione.
In Sardegna, gli usi, i costumi e la tradizione millenaria, tutto è basato, in particolare, sull’usanza di produrre il suinetto, chiamato comunemente “porcetto” e dell’allevamento “de su mannale” per la produzione di salsicce, prosciutti e insaccati vari. Ad allevare e produrre suini per consumo familiare, sono coinvolti in tantissimi, specialmente nei comuni dell’interno dell’isola, dove più si sentono le tradizioni rispetto ai grossi centri urbani.
Non si è teneuto conto che in questi luoghi, il meccanico, l’operaio forestale, il muratore, l’impiegato comunale e statale, l’insegnante, l’autista e il pensionato, sino al 2010, cioè prima dell’entrata in vigore del DL.vo, allevavano e producevano i suinetti per uso familiare, nei loro appezzamenti di terreno, al pari dell’orto familiare, del pollaio, dei 1000 mq di vignetto. In tantissimi comuni dell’interno della Sardegna, si vive ancora oggi con 700 euro al mese di pensione e in tanti, per vivere, ricorrono alla coltivazione della piccola vigna, dell’orto, del pollaio e all’allevamento di pochi maiali, producendosi in proprio, quindi, la carne e il classico porcetto.
QUESTA E’ LA SITUAZIONE REALE DELLA SARDEGNA DI OGGI.
Con il DL.vo 200/2010, le autorità veterinarie, applicando la legge e quanto indicato dal 2° piano sanitario contro la PSA, pare abbiano provveduto a registrare gli allevamenti secondo quanto indicato nello stesso Decreto Legislativo, che prevede 3 tipologie di orientamento produttivo.
– FAMILIARE: allevamento da ingrasso che è possibile detenere sino ad un massimo di 4 capi destinati all’auto consumo e non a scopo commerciale, che non movimentano animali verso altri allevamenti. Questo tipo di allevamento non può avere capi riproduttori, quindi non potrà produrre suinetti. Può, però, macellare in azienda o luogo di allevamento, massimo 4 suini adulti l’anno.
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– DA INGRASSO: allevamento con suini in accrescimento dallo svezzamento e/o magronaggio fino al fissaggio, destinati alla macellazione e/o altri allevamenti da ingrasso, con le seguenti specifiche:
CICLO COMPLETO, cioè allevati sino alla macellazione e SVEZZAMENTO O MAGRONAGGIO O FINISSAGGIO, ossia allevati con determinate fasi di accrescimento. Non può produrre suinetti, ma per uso familiare può macellare in azienda sino a 4 capi annui.
– DA RIPRODUZIONE: allevamento con verri e scrofe, con destinazione alla riproduzione e alla macellazione con le seguenti specifiche:
CICLO APERTO con vendita di riproduttori. CICLO CHIUSO con macellazione dei capi. Inoltre, l’allevamento potrà essere in STABULATO o SEMI BRADO. In tal caso si possono produrre suinetti e si possono macellare per autoconsumo 4 capi adulti e 30 suinetti ad esclusivo uso familiare per azienda.
Sembra, inoltre, che i detentori di suini che producevano anche suinetti, dopo il 2010 sono stati registrati nella tipologia in BDN come allevamenti DA RIPRODUZIONE. Quindi, il famoso operaio forestale, il meccanico, il pensionato, il dipendente comunale e statale, il muratore, l’autista, l’insegnate, etc, venivano registrati in BDN come allevatori da riproduzione, senza obbligo di iscrizione alla CCIAA, di avere la P.IVA e senza obbligo di iscrizione all’INPS, se le giornate impiegate superavano la soglia prevista.
Si tenga conto, in proposito, che questi soggetti venivano registrati in BDN con il solo Codice Fiscale, oltre ai dati anagrafici ed estremi catastali dell’immobile dove erano allevati i capi suini. In virtù di tali imposizioni, oggi risulterebbe che in BDN siano registrati 15.025 allevamenti inseriti con la tipologia DA RIPRODUZIONE.
Tutti questi soggetti, ossia allevatori che imprese non sono, ma che allevano solamente ed esclusivamente per uso familiare e autoconsumo, che non supereranno mai il limite di 4 suini adulti e 30 suinetti annui e che macellano, con le dovute autorizzazioni e controlli, i capi, nei propri terreni o immobili.
Mentre i 314 allevatori in tutta la Sardegna, che oggi troviamo registrati in BDN con la tipologia USO FAMILIARE, altro non sono che persone non interessate alla produzione dei suinetti e che hanno accettato e optato volontariamente, per la classificazione ALLEVAMENTO FAMILIARE, essendo interessati solamente al loro utilizzo per la produzione della carne, delle salsicce e di altri insaccati per autoconsumo (il classico “su mannale”).
Oggi, purtroppo, con l’approvazione della Legge Regionale 28 del 2.2.2018, all’art. 4, comma 2, si riducono a 2, rispetto alle 3 previste dal DL.vo 200, le tipologie di inquadramento e registrazione degli allevamenti suinicoli in Sardegna.
Abbiamo cosi:
1) ALLEVAMENTO FAMILIARE – che riporta quanto già stabilito dal DL.vo 200/10 e dal 2′ programma della PSA, con l’aggiunta limitativa che “nella stessa azienda non è consentito più di un allevamento di “tipo familiare”, con un massimo allevabile di 4 capi senza riproduttori ( senza possibilità di far nascere lattonzoli) e riservato esclusivamente per uso familiare.
2) ALLEVAMENTO PROFESSIONALE con finalità produttive e con la possibilità di vendita dei capi suini allevati, a vita o per macello.
Questa specificazione di allevamento PROFESSIONALE parrebbe escludere, categoricamente, circa l’83 % dei 15.025 allevamenti iscritti e classificati come allevamenti riproduttivi e registrati in BDN. C’è da chiedersi:PERCHE? Perché nei 15.025 ALLEVAMENTI RIPRODUTTIVI registrati come tali in BDN, alla data odierna pare siano inseriti e compresi, anche e, soprattutto, i famosi, meccanici, operai forestali, meccanici, muratori, dipendenti comunali e statali, insegnanti, pensionati, etc, CHE ALLEVATORI PROFESSIONALI non sono e non potranno esserlo poiché, obbligatoriamente, pare verrebbero declassificati e penalizzati, dall’applicazione di quanto stabilito dall’Art.4 della LR 28, così come è stata approvata.
A supporto di quanto affermiamo, vedasi l’allegato parere scritto, da noi richiesto a un noto fiscalista sassarese, il quale sostiene che potrà essere allevatore professionale, esclusivamente chi è iscritto obbligatoriamente alla CCIAA, ha la Partita Iva e l’iscrizione della propria posizione all’INPS, se supera i parametri richiesti.
Ecco che, un insegnante, un operai forestale, un pensionato, un dipendente comunale o statale, non potrà iscriversi oggi alla CCIAA, avere la Partita Iva o essere iscritto all’INPS, al solo scopo di potersi allevare i 4 capi e produrre i 30 suinetti, per autoconsumo. Ne consegue che tutti questi soggetti NON POTRANNO PRODURRE SUINETTI, ma potranno allevare solamente i 4 capi senza avere riproduttori e potranno macellarli presso l’immobile dove allevano, al solo scopo uso familiare e autoconsumo e secondo la loro nuova classificazione ” ALLEVAMENTO FAMILIARE”.
QUANTI SARANNO, IN SARDEGNA, COLORO CHE PERDERANNO LA POSSIBILITA’ DI ALLEVARE I SUINETTI ” porcetti” ?
Diciamo da subito che non sono 314, come sostiene l’Assessore Regionale All’agricoltura, Pier Luigi Caria, e come sostengono alcuni consiglieri del PD e del Partito Dei Sardi di Manichedda. Va tenuto conto, inoltre, che a perdere la classificazione per produrre suinetti in tutta l’isola, sarebbero oltre 11.300 su 15.025 allevatori iscritti nella BDN.
COME SI ARRIVA A SOSTENERE E A CALCOLARE QUESTO NUMERO?
Bisogna partire, come abbiamo precedentemente illustrato, dal momento in cui le Autorità Sanitarie, seguendo le norme e il DL.vo 200/10, parrebbe abbiano registrato presso la BDN nella classificazione “DA RIPRODUZIONE” tutti quelli che producevano suinetti e che si tenevano entro la soglia dei 4 capi, quindi il pensionato, il muratore, il meccanico, l’operaio forestale, l’impiegato comunale e statale, l’insegnate, etc, permettendogli così di continuare ad allevare capi riproduttori e produrre suinetti.
In questo caso per uso familiare e per autoconsumo, consentendo loro di macellare nel luogo di allevamento e non commercializzando, ( non lo potrebbero fare, essendo sprovvisti di P.Iva, iscrizione CCIAA), rispettando cosi la tradizione millenaria esistente in Sardegna, di produrre e consumare il proprio “porcetto sardo” e, nello stesso tempo, consentire alle Autorità Veterinarie pubbliche, il controllo sanitario per la tanto temuta e presente PSA.
Infatti, questi allevatori “hobbisti”, essendo classificati in BDN come aziende PRODUTTIVE, obbligatoriamente sono soggette ai controlli annuali sulla PSA. Nello specifico, sono aziende CONTROLLATE perché sottoposte negli ultimi 12 mesi ad un controllo da parte del servizio Veterinario Pubblico, con esito favorevole almeno per i parametri clinici e sierologici. A conferma di quanto rilevato dal Centro Studi Agricoli CSA, rendiamo pubblici i dati ufficiali della CCIAA di Sassari, rilevati dal registro camerale delle imprese suinicole attive (comprese le imprese che, pur avendo prevalentemente allevamento di altre specie, detengono e allevano anche capi suini).
Alla data del 24 agosto 2018 (dati verificati con la responsabile del settore registi camerali CCIAA di Sassari), nella sola provincia di Sassari, le imprese attive iscritte alla CCIAA risultano 725, cioè Aziende “PROFESSIONALI” secondo quanto disposto, appunto, dalla LR 28. Mentre le aziende con la dicitura ALLEVAMENTO PER RIPRODUZIONE iscritte alla BDN nella stessa provincia di Sassari per lo stesso periodo, risultano 4.414. Questo significa che solo in Provincia di Sassari esistono ben 3.689 allevatori di suini, che non potranno, secondo la LR 28, produrre suinetti perché non hanno le qualifiche richieste dalla LR 28.
Vediamo ora il dato regionale
Nell’intera Sardegna, alla data odierna, sono 2.128 le imprese attive, iscritte nelle 4 CCIAA Sarde (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano – dati assunti e verificati con la responsabile del settore registri camerali CCIAA di Sassari alla data del 24.8.2018 che secondo quanto disposto dall’art.4 della LR 28, sono le uniche ad essere classificate “PROFESSIONALI”) e che in Sardegna potranno produrre Suinetti.
Mentre le Aziende iscritte alla BDN con la dicitura ALLEVAMENTO DA RIPRODUZIONE per lo stesso periodo, in tutta la Sardegna risultano 15.025 aziende o allevamenti. Questo significa che in tutta la Sardegna esistono e ci saranno ben 12.897 allevatori di suini, che non potranno , secondo quanto disposto dalla LR 28, produrre suinetti, perché non hanno le qualifiche richieste dalla stessa LR 28 Art.4 comma 2.
Ora, se teniamo conto che gli aggiornamenti, in virtù delle dismissioni di allevamenti e altri piccoli scostamenti, possiamo affermare che in Sardegna saranno circa 11.500 gli allevatori che con l’applicazione della LR 28 non potranno più produrre suinetti, cioè il classico porcetto per utilizzo familiare e/o per autoconsumo. Si tratta di un fatto gravissimo che da subito, a noi del CSA, ha fatto gridare all’errore di scrittura dell’Art. 4.
Per questi motivi ne chiediamo l’urgentissima modifica, specificando che le norme attuative che dovranno essere emanate entro i 90 giorni dalla pubblicazione della Legge Regionale, non potranno modificare quanto indicato nella stessa Legge Regionale.
Altro discorso è dato da quanto disposto nell’Art. 9 della stessa LR 28, che ci trova palesemente contrari alla promozione e sostegno con fondi pubblici regionali per l’incrocio della razza del maiale sardo.
Al contrario, invece, essa va salvaguardata e aiutata affinché non sia estinta. Per questo motivo sosteniamo con forza la promozione della nascita del comitato promotore del “porcetto Sardo DOC”, al quale ci offriamo di sostenere e di supportare come CSA con tutto l’aiuto tecnico e logistico necessario.
Infine, esprimiamo il nostro rammarico e la nostra totale distanza, per quanto dichiarato nei giorni scorsi dal Direttore Generale dell’assessorato all’Agricoltura Dott. Sebastiano Piredda, circa gli incroci del suino di razza sarda e la sua scarsa produttività. Al contrario, noi come CSA, riteniamo la razza autoctona Maiale Sardo, da valorizzare e incentivare perché remunerativa, oltre ad essere motivo di orgoglio Sardo. Inoltre, solo con la razza Maiale Sardo potremmo puntare sulla DOP Porcetto Sardo, includendola nel disciplinare come unica razza per poterci fregiare come “DOP Porcetto Sardo”.
Per Centro Studi Agricoli
Il Presidente
Tore Piana