La bella copertina di un settimanale “Uomini e No” con la foto di Aboubakar, il sindacalista che lotta per difendere i braccianti, ci ha ricordato l’impegno morale a cui siamo chiamati in tempi difficili e che va ben oltre l’indifferenza. Ma è anche la più bella risposta al dilagare di populismo, xenofobia e razzismo che da qualche anno ha invaso l’Italia. Ma anche in tempi difficili e tormentati con preoccupanti segnali di povertà, si può cogliere un risveglio di quella coscienza civile che sembrava addirittura scomparsa dalla scena locale. Chi vive a Oristano sa bene che questi segnali di crisi e povertà nascosta attraversano ormai da diversi anni anche questa città di pensionati, commercianti e colletti bianchi, molto spesso distratta e senza memoria. E se la vita, come ricorda Umberto Eco, “altro non è che una lenta rimemorazione dell’infanzia, e che nella lontananza della nostalgia, ci sembrano belli anche gli episodi difficili e dolorosi”, il pensiero torna a quei terribili anni Quaranta, tra il fascismo e la guerra, vissuti anche a Oristano tra sofferenze, disagi e paure. Quando orfani e senza famiglia, avevamo appena otto anni e molta fame. E se volevi mangiare un pezzo di pane oltre quello razionato, che Flavieddu alias Kid Felas, garzone tuttofare e pugile dilettante, trasportava di buon mattino dal panificio degli “americani” Zora e Wilson Ramassini alle rivendite cittadine sul suo triciclo sgangherato, dovevi per forza acquistarlo a borsa nera. E così pure pasta, olio e zucchero, ritagliando i quadretti di carta di quella tessera annonaria, ogni giorno più misera. Oggi, nel duemila ormai avanzato, quando tutto va bene non si distribuiscono i benefici, e quando tutto va male non si distribuiscono i sacrifici. Non si rinnovano più alla scadenza i contratti di lavoro e la precarietà è diventata normalità. E la Sardegna annaspa, senza speranza e soprattutto senza futuro, tra i cassintegrati di Porto Torres, gli operai dell’ex-ALCOA del Sulcis, i disoccupati di casa nostra, la scuola senza futuro, e pastori, agricoltori e artigiani che non ce la fanno più. E l’Italia non è più un paese normale, senza rotta e già in affanno, con un governo con due visioni strategiche opposte, mentre la Sardegna non appare in grado di esprimere un appena decente visione di programmazione sociale ed economica. Intanto per la nostra città arriva finalmente una buona notizia. Lo stop al bando deciso dal governo nel decreto mille proroghe, che rischia di causare un danno enorme in Sardegna, mette al sicuro solo i progetti per la riqualificazione delle periferie di Cagliari e Oristano, che hanno visto confermate le risorse loro assegnate. Per concludere, se fossi nei panni del Sindaco, mi preoccuperei di programmare quella conferenza di servizi che dovrà svolgersi subito dopo le ferie estive, coinvolgendo Comune, Provincia, Curia Arcivescovile, Università e Centri di Ricerca, Sindacati e Forze Sociali. Un vasto movimento popolare che dovrà articolarsi meglio in un progetto in grado di risvegliare il nostro territorio. Che ha solo bisogno di essere indirizzato nel segno di una unità politica matura e convinta, verso obbiettivi di crescita, sviluppo e avanzamento sociale. Come sottolineava lo storico Manlio Brigaglia, un vero amico dell’Oristanese, ai tempi indimenticabili della “Santa Battaglia” per la Quarta Provincia.