Rai, assurdo il no a Marcello Foa di Forza Italia
Il cambio di Legislatura, si sa, porta con sé molti mutamenti anche nella gestione del settore pubblico. E di sicuro in questo ambito, non foss’altro per l’importanza strategica che ovviamente detiene l’informazione, uno dei grandi snodi è costituito proprio dalla Rai.Il cambio di maggioranza del 4 marzo è stato effetto di una scelta popolare prevalente degli italiani contro la sinistra, e ha presentato veramente l’occasione per avere una vera svolta nella gestione del servizio pubblico radiotelevisivo: per la prima volta il Cda è espressione di una politica nuova, e, conseguentemente, anche di una nuova cultura finalmente anti comunista.
La personalità del Presidente, Marcello Foa, scelto e poi votato a maggioranza dal Consiglio, risponde pienamente a questi criteri di discontinuità sia professionale e sia culturale. Giornalista de Il Giornale, egli ha immediatamente riconosciuto la sua discendenza professionale da Indro Montanelli, non ha nascosto di essere espressione di un’interpretazione liberale e conservatrice alternativa al potere egemone, prima ancora che alla cultura, del Pd. Ciò nondimeno, anche in nome del ruolo, egli si è manifestato subito favorevole al pluralismo e contrario ad ogni forma di contro-egemonia ideologica.
Il problema è sorto, tuttavia, con la mancata ratifica della Commissione di Vigilanza, la quale ha espresso un voto contrario non soltanto del Pd ma anche, cosa stupefacente, di FI, i cui membri si sono astenuti.
Mentre, infatti, la posizione dei Democratici risponde ad una logica di opposizione culturale all’avversario, quella dei Forzisti risulta alquanto indecifrabile e sostanzialmente inaccettabile sul piano politico.
Sostenere oltretutto, in questo frangente, che si tratti di una ragione di metodo e non di merito non pare significare assolutamente niente. L’alleanza di Centrodestra è politica in moltissime amministrazioni locali, ma è soprattutto culturale in Italia. E essere una coalizione del genere va molto oltre lo stare al Governo, indicando una diversa concezione della nazione, dello Stato, dell’Europa, degli Stati Uniti, della libertà, della persona, della religione e, più di tutto, della sovranità e dell’identità popolare del Paese.
E quest’ultimo metro di giudizio avrebbe dovuto pesare specialmente in un incarico al vertice Rai che ha come prima finalità garantire che il servizio pubblico sia intellettualmente libero da pregiudizi esclusivi e radicali, fina ad ora dirompenti e selettivi, e aderente al sentire reale dei cittadini.
Con Fabrizio Salini Ad e Foa presidente sono garantite adesso non soltanto una rappresentatività politica, richiesta dalla legge, ma anche un preciso orientamento culturale: aperto, pluralista e decisamente alternativo alla sinistra.Rimane, ora che Foa si appresta a restare come presidente di garanzia, confermato dal Governo, unicamente un quadro molto desolante della scelta politica di FI.
Se per ragioni puramente partigiane, infatti, si decide di indebolire la linea riformatrice del centrodestra, mettendo un veto su un professionista qualificato della propria area politica, allora cosa dobbiamo aspettarci: un ritorno al Nazareno, un nuovo consociativismo, un Silvio Berlusconi che si sposta sul Pd pur di avere un peso?
In buona sostanza, la ragione ultima di questo errore si regge nella scarsa importanza che si è dimostrato di avere per una visione intellettuale e culturale liberale e conservatrice, la quale potrebbe finalmente mettere al centro l’Italia vera, le istanze e le difficoltà della gente comune, piuttosto che i soliti sermoni radical chic di una troppo nota intellighenzia arrogante, sognatrice ed ideologizzata dalle ossessioni di potere progressiste.
Se questa discontinuità filosofica, insomma, si chiama oggi sovranismo o populismo, ebbene allora è assurdo che incontri resistenze proprio nell’area politica dove è nata l’alternativa di sistema al cattocomunismo nel ’94: un progetto che appartiene ancora per essenza al centrodestra e ha oggi come motivo ispiratore, confermato a più riprese anche da Antonio Tajani, di essere inconciliabile con il centrosinistra.A volte le conseguenze di certe scelte vanno oltre le decisioni prese, arrivando a limitare nel futuro la propria libertà.
E quando per combattere i 5Stelle si arriva a mancare un’occasione storica per essere finalmente protagonisti della comunicazione, dell’informazione e della cultura, allora ci si appresta ad un triste congedo, ritagliando per se stessi un ruolo perdente e subalterno, interessato a tattiche e ripicche, prive di contenuto filosofico, politico e strategico.
di Benedetto Ippolito
Fonte: www.affaritaliani.it