“L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile da affrontare: prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione”.
di Angelo Deiana (Presidente Confassociazioni) Esiste una classe di governo in grado di contaminare le Istituzioni con le proprie competenze per “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici” (Giacovelli Editore),il titolo del mio ultimo libro? La novità che emerge in questa fase è quella per cui, nel capitalismo intellettuale, quello 5.0, dobbiamo essere consapevoli di come il paradigma sia cambiato: non più professionisti della politica, ma professionalità nella politica. Per governare l’economia della conoscenza e delle piattaforme c’è bisogno di competenze professionali e manageriali a rete e in rete.
Se si alza il livello qualitativo e la velocità della competizione, i meccanismi di governo di rete strategica non possono rimanere indietro. Un problema importante e strategico in un sistema di selezione come il nostro basato quasi sempre su processi di avocazione e di scambio non trasparenti e fuori dalla logica meritocratica.
E, d’altra parte, la soluzione non può essere nemmeno la pura tecnocrazia, ovvero un governo di super tecnici, che abbiamo già sperimentato senza successo in passato. Con il massimo rispetto per tutti, c’è un tratto che depone a sfavore di un massiccio impiego di tecnocrati senza legittimazione popolare o capacità di rappresentanza. Sono bravissimi nel trovare soluzioni teoriche e a sbandierarne l’urgenza creando l’illusione dell’importanza.
Ma sono spesso freddi perché non supportati dalla necessità di essere empatici, di creare motivazione e fiducia in una rete di persone, in un sistema collettivo, in un popolo. Certo, anche in questo ambito, esistono importanti eccezioni ma, in un mondo a rete, il tema della rappresentanza e della legittimazione rimane un punto fermo della riflessione.
Come ci dice, un uomo di mercato e di cultura come Nassim Taleb: “Chi ci guida le sorti mondiali? Ciò che stiamo vedendo in giro per il mondo è una ribellione contro il circolo di policy maker, dei ‘no-skin-in-the-game’, classe di esperti usciti dalle Università più elitarie, che ci spiegano 1) cosa fare 2) cosa mangiare 3) come parlare 4) come pensare e 5) per chi votare. E’ il problema dell’orbo che segue il cieco, gente bravissima a passare esami scritti da gente come loro ma con una capacità di analisi macroeconomica meno efficace delle previsioni astrologiche”
Ecco, perché la democrazia, seppur più lenta e imperfetta, si nutre di competenze applicate che emergono “democraticamente” da un processo politico come dimensione popolare al servizio del bene comune. Occorre allora coniugare competenza e democrazia. E, dunque, è importante anche riflettere su leadership forti ma che non si dotano di significative squadre manageriali.
D’altra parte, anche le leadership elette non possono più fare a meno di professionalità e competenze perché sempre più in futuro ci vorrà una logica di gestione (a tutti i livelli) come quella del direttore d’orchestra: persone inclusive ed empatiche che prendono il caos democratico e non simmetrico della rete e lo trasformano in armonia competente.
La rete del futuro per il futuro della rete.