“Considerato che il 18 settembre il Consiglio regionale ha calendarizzato la prima seduta per discutere la nuova legge urbanistica, in assenza di una convocazione ufficiale dell’Assemblea del consiglio delle autonomie locali, che dovrebbe esprimere il parere degli Enti locali sulla legge stessa, la IV commissione istruttoria del CAL ha ritenuto doveroso riunirsi, per completare quanto già espresso nell’Assemblea del 31 agosto e non vanificare il lavoro svolto da diversi Sindaci nel periodo feriale – sottolineano in un comunicato Laura Cappelli, Daniela Falconi, Gianluigi Littarru, Giorgio Alimonda, Alessandra Corongiu, Mariano Cogotti, Anita Pili, Andrea Lutzu, Manuela Pintus e Gianfranco Satta – il Consiglio delle autonomie locali, ha così dato parere contrario alla nuova legge urbanistica regionale, dopo aver esaminato il contenuto del testo, osservando gli aspetti critici con particolare riferimento alle implicazioni per i comuni nella gestione della pianificazione del proprio territorio.
“Dalla lettura del testo del disegno di legge n. 409 – continua il comunicato – si teme che le aspettative dei comuni possano rimanere deluse dalla nuova legge urbanistica proposta che non appare possa essere in grado di contribuire con efficacia alla risoluzione delle problematiche sino ad oggi affrontate dagli enti locali nell’adeguare i propri strumenti urbanistici e più in generale nell’attuazione di una norma, quella urbanistica, che, invece di tendere verso la semplificazione, si perde in un insieme di regole e procedure complesse di difficile applicazione, per gli uffici regionali in primis. Questo eccesso di burocratizzazione, immancabilmente ostacolerà l’attività dei comuni e dei cittadini, oltre che della regione stessa.
La Regione non riforma se stessa in campo della pianificazione territoriale, semplificando le varie funzioni coinvolte nel processo decisionale, ma lascia distinte le competenze sul tema tra i vari assessorati invece di costituire un’unica regia all’interno dell’Assessorato all’Urbanistica ed Enti Locali aggravando, così, la complessità dell’applicazione della norma da parte dei comuni.
È alquanto prevedibile che la nuova e pressante azione di controllo che la Regione andrà ad esercitare sull’attività del comune possa limitare e condizionare le libere scelte intraprese dall’ente per il proprio sviluppo del territorio, pur adottate nel rispetto dello scenario normativo vigente (ancorché a volte poco chiaro e diversamente interpretabile quando si parla soprattutto di norme che tutelano e salvaguardano il paesaggio regionale), con il grave rischio di compressione del diritto costituzionalmente sancito con cui lo Stato delega al comune le competenze in ordine alla pianificazione. Pertanto i Sindaci invitano la Regione ad essere più attenta alla salvaguardia del diritto dei comuni di esercitare il proprio ruolo di programmazione sul territorio, evitando che progetti di particolare rilevanza finanziaria abbiano il via libera da parte degli uffici regionali nonostante sussistano incompatibilità di carattere urbanistico. Appare evidente che il legislatore in questo caso sta evitando di ascoltare la volontà dei consigli comunali, non tanto per ragioni di interesse strategico, quanto privatistico.
La nuova norma, così predisposta, disciplinerà la gestione del territorio isolano come se la Sardegna fosse un unico e omogeneo territorio indistintamente diviso in sole quattro categorie/ambiti: urbanizzato, rurale, di salvaguardia ambientale, suscettibile di nuova urbanizzazione. Prescindendo così dalle reali e specifiche situazioni che, da La Maddalena a Cagliari, da Cabras e Elini, da Orotelli ad Alghero, peculiarizzano e differenziano il territorio sardo e che, conseguentemente, avrebbero, invece, necessità di un differente e distinto approccio alla disciplina del loro territorio. La Sardegna non è solo costa, ma anche e soprattutto territorio interno che ha esigenze e problematiche spesso opposte a quelle degli ambiti costieri.
Ma anche gli stessi territori costieri tra loro si trovano in condizioni di crescita molto diverse di cui la legge dovrebbe tenere conto. Probabilmente la perequazione e la compensazione la Regione le avrebbe dovuto applicare, in questa fase normativa, a scala regionale, oltre che solo locale, per tentare di portare l’intero territorio sardo al medesimo grado di sviluppo.
I territori rurali, che costituiscono la quasi totalità del territorio sardo, sono normati con le medesime regole senza tenere conto delle specificità del mondo agricolo tradizionale locale. Inoltre, se negli ambiti prossimi alle grandi conurbazioni o a quelli turistici è comprensibile che debba essere posto un limite all’eccessiva antropizzazione incontrollata delle campagne, in altre parti del territorio sardo la presenza dell’uomo è l’unica reale garanzia di presidio del territorio e rappresenta un deterrente all’abbandono delle campagne.
Ma soprattutto la legge non affronta la principale problematica “ambientale” della Sardegna che è lo spopolamento della zona interna con il conseguente reale danno sull’ambiente storico, culturale e paesaggistico che la morte di una così ampia porzione della nostra regione decreta”.
In conclusione, la commissione del Consiglio delle Autonomie Locali, esprimere tutta la sua contrarietà alla nuova legge urbanistica regionale.