La risposta dell’Ambasciata spagnola a Roma, dai toni gentili e cortesi, annunciava un contributo per le manifestazioni del “Settembre oristanese” in programma in città nei primi anni ’50 del secolo scorso.
Fra le righe però, un richiamo istituzionale molo fermo e preciso “La Spagna non è una Repubblica”. Era successo che Antonio Loi ex atleta cagliaritano, trapiantato a Oristano, che si occupava delle manifestazioni settembrine, aveva indirizzato richiesta di contributo anche all’ambasciata spagnola a Roma. Dimenticando però che la Spagna non era una Repubblica. Uomo del fare, pieno di iniziative, Antonio Loi aveva l’organizzazione nel sangue, e tempestava di lettere associazioni ed enti vari, pur di ottenere un’offerta o un contributo. Giannino Martinez che lo ha frequentato a lungo in gioventù a Cagliari (dove Loi era noto con il soprannome di “su memei”) ai “Littoriali sportivi” del G.U.F (gruppo universitari fascisti) più avanti negli anni ’50 se lo era ritrovato a Oristano, assiduo collaboratore ed organizzatore delle più importanti manifestazioni locali. Nel volume “Il terzo uomo, frammenti di ritratto raccontati da Giannino Martinez” (BU Editrice, Oristano, 1987) lo ricorda come “un amico buono e affettuoso” non dimenticando di aggiungere che “le realizzazioni di Antonio Loi sono il miglior quadro delle sue attività”. In quella lontanissima Oristano, appena scita dalla guerra, il “Comitato per la sagra di Santa Croce” era formato da un gruppo di amici, oristanesi veraci e inurbati, Rodolfo Manni, Pippo Piana, Antonio Cozzoli, Giannino Martinez, Antonio Loi, Francesco Bianchina, “gli inseparabili” Libero Poddie e Saverio Pieri, Anselmo Casu, Salvatore Manconi, Geppetto Loffredo, Tiberio Lecca, Ferdinando Fantoni, e Luciano Loddo. Antesignani del A.T.A (associazione turistica arborense) che vedrà la luce il 6 Giugno 1954 su iniziativa del consigliere regionale Gino Carloni, primo presidente Rodolfo Manni. In quegli anni lontani l’impegno del comitato era rivolto anzitutto all’organizzazione della Sagra di Santa Croce (12,13,14 settembre) una delle più antiche e caratteristiche dell’isola. La “tre giorni” ippica di corse al galoppo all’ippodromo di San Rodia era la manifestazione di maggior richiamo e convogliava in città appassionati da tutta l’isola. E si avvaleva di una organizzazione affidata esclusivamente al volontariato. In quei tempi non esistevano sponsorizzazioni e anche i patrocini erano cosa ancora sconosciuta. Un organizzazione alla buona, fatta in casa, con riunioni che si svolgevano tra la macelleria di Peppe Ignazio Serra e la farmacia dei fratelli Gesuino e Peppuccio Sanna che si occupava di tutto e a tutto doveva far fronte. Dagli inviti ai manifesti murali, alla preparazione e al controllo di Sa Roadia. Poi, a seguire, con la costituzione dell’Associazione Motociclistica, “invenzione” di Francesco Bianchina, il Gran Premio Ciclistico delle Regioni, l’Internazionale di Boxe fra dilettanti Italiani e Svizzeri, il Raduno Motociclistico Nazionale, manifestazione unica nel suo genere e per molti anni in Sardegna. Le funzioni religiose si svolgevano nella bellissima chiesa dei Frati Conventuali di San Francesco, dove è custodito il Crocefisso policromo del Nicodemo. La sagra è stata sempre per gli oristanesi “la festa grande”. Che si legava a filo doppio con il grande mercato del bestiame, che si svolgeva nello spiazzo di via Ricovero, sulla strada per Silì. Del mercato del bestiame di Oristano si parla già nel numero speciale dedicato alle cento città d’Italia, supplemento mensile illustrato del “Secolo”, giornale milanese che porta la data del 30 giugno 1899. Sino agli anni Sessanta del secolo scorso, all’interno della fiera ha funzionato uno sportello speciale del Credito Italiano, la prima banca che ha aperto i suoi sportelli in città nel lontano 7 febbraio 1914, in via Vittorio Emanuele fronte Teatro San Martino (voluto dal conte Enrico Spano di San Martino e inaugurato il 3 gennaio 1874) e ha avuto come primo direttore il milanese Roberto Gandini, cassiere vicedirettore l’oristanese Alfredo Loffredo. Per la sagra di Santa Croce si rinnovavano i “patti agrari” tra proprietari e contadini, e ancora oggi è la “Festa del Ritorno” per molti oristanesi emigrati in Italia e all’estero. Dimostrazione di attaccamento alla terra di origine, alla propria identità e alla propria cultura.