A dieci anni esatti dalla sua scomparsa (era il 15 settembre 2008), due brani di Stefano Rosso, il cantautore e chitarrista trasteverino che ha fuso la canzone popolare romanesca con il folk americano, incontrano la lingua catalana.
È l’omaggio prezioso contenuto nel prossimo album di Ester Formosa e Elva Lutza (Nico Casu e Gianluca Dessì), CANCIONERO (Tronos digital/Felmay), che uscirà il prossimo 25 settembre. I brani scelti sono ‘Girotondo’ e ‘Preghiera’ (scritto per Mia Martini), che sono stati tradotti e adattati da Joan Casas, uno dei più grandi letterati catalani, poeta e drammaturgo.
E proprio per ricordare questo grande artista che oggi, in anteprima, su Youtube sarà possibile ascoltare la “loro” GIRA EL MON I GIRA, intensa versione di “Girotondo”, traccia d’apertura del primo album di Rosso “Una storia disonesta”, datata 1977 ma più che maiattuale.
CANCIONERO è un album “world” che fa convivere in sé canzone popolare e d’autore, Catalogna e Latino America, antiche melodie degli ebrei sefarditi e nuove composizioni in sardo attraverso un sapiente lavoro di scomposizione ritmica e ri-armonizzazione.
ESTER FORMOSA E ELVA LUTZA
Questo album segna il ritorno degli Elva Lutza (Nico Casu e Gianluca Dessì), questa volta in compagnia di una delle grandi interpreti della canzone catalana: la cantante e attrice Ester Formosa. Sulla scena da trent’anni, Ester vanta una discografia di sette titoli, alcuni con il grande chitarrista Toti Soler e altri con i testi di Jordi Guardans e del padre Felìu Formosa, probabilmente il più grande letterato di lingua catalana vivente. Gli Elva Lutza sono una delle realtà più interessanti della musica in Sardegna: vincitori del premio Andrea Parodi nel 2011, hanno già pubblicato due dischi di buon successo di critica e pubblico; la loro musica è un inusuale mix di tradizione, improvvisazione di stampo jazz e canzone d’autore. Il trio si è esibito in importanti festival in Italia, Francia, Inghilterra (per la rassegna “Listen to the World” a Londra), Spagna (a Barcellona, al Festival “Tradicionarius”) e, naturalmente, in Sardegna.