Giovanna Tuffu, Presidente Angsa Sassari Onlus: “Ci ha scritto una Socia che descrive l’inadeguata assistenza che deriva dalla legge 162…”
Madre e socia di Angsa descrive molto bene quanto sia insufficiente l’assistenza che deriva dalla legge 162 di cui gode sua figlia, una ragazza autistica grave e di quanto ci sia bisogno, anche in questo territorio, di servizi adeguati come i centri diurni. Purtroppo non è un caso isolato, situazioni come queste ce ne sono tante e le istituzioni se ne dovrebbero prendere carico.
Riportiamo qui il suo intervento.
“Cara Giovanna, ti scrivo perché vorrei parlarti della mia situazione ma soprattutto per dare voce a tutte le mamme che, come me, vivono le difficoltà quotidiane di avere una figlia con una grave disabilità.
Siccome ho la fortuna di lavorare e di avere anche un marito che lavora, non ho diritto alla legge 20 (sussidio regionale per le disabilità psichiche che comprende anche l’autismo), prendo solo 1200 euro annuali di legge 162 che mi coprono poche ore di assistenza, mia figlia fa un SOLO trattamento in un Centro convenzionato dove c’è una lista d’attesa infinita, devo lavorare part-time perché si fa fatica a trovare educatori con preparazione adeguata che stiano con la ragazza, non ci sono abbastanza Centri diurni (ORRORE HO USATO LE PAROLE CENTRO e DIURNO ) per farle trascorrere giornate “di qualità” in compagnia di altri ragazzi, magari dove si facciano piccoli gruppi e si lavori sulla socializzazione e le autonomie della persona.
E non ho familiari in grado di aiutarmi. Normalmente si deve fare un po’ di psicomotricità, logopedia, attività sportive strutturate.
In tutto questo ogni scelta dipende da me perché le amministrazioni pubbliche, servizi sociali e ASSL non sono in grado di supportarmi, quindi devo cercare le persone da affiancare a mia figlia e fare in modo che lavorino in rete, rete che devo creare e controllare in continuazione, perché se mi “distraggo”, si “distraggono” tutti. Non credo di essere la sola in questa situazione.
Certo, devo dire che fino a 5 anni fa percepivo una cifra più consistente per la legge 162 ma non è che con la crescita, questi ragazzi con difficoltà non abbiano più bisogno di essere seguiti e quindi lo Stato (o la Regione) ti può togliere ogni aiuto. Semplicemente cambiano le esigenze e si continua a pagare tasse per non usufruire praticamente di nulla. Quindi a questo punto, dov’è l’assistenza tanto celebrata di cui si parla in Sardegna?”
Accade che in una Regione come la Sardegna, privilegiata sotto diversi punti di vista perché ha una legge all’avanguardia sulla non autosufficienza, tuttavia questa non sia sufficiente per coprire tutti i bisogni, di sicuro non quelli delle famiglie che hanno in casa una persona con autismo grave. Questa madre fa fatica e con lei tante altre madri, qui in Sardegna come nel resto della penisola.
È una donna che rientra in quella percentuale di madri che ha dovuto scegliere il part-time per seguire meglio la propria figlia, che deve destreggiarsi nella ricerca di personale qualificato, deve fare rete con tutte le figure che seguono la ragazza, ogni scelta dipende da lei perché le strutture sociosanitarie e le amministrazioni pubbliche non sono in grado di supportarla e i servizi sono inadeguati.
Denuncia una situazione a Sassari in cui un unico Centro convenzionato per le terapie non riesce a soddisfare tutte le richieste e che ha una lista d’attesa di oltre 200 bambini da alcuni anni. Non ha nessun familiare che può darle una mano. Denuncia il fatto che non ci sono Centri che possano supportarla nei periodi di sospensione delle attività scolastiche (estate, vacanze natalizie e pasquali) che potrebbero essere un sollievo per la madre e anche per la figlia. Già, perché anche la madre (e il padre) ha bisogno di quei periodi di “sollievo”, di “respiro” che sono necessari per proteggersi, per ricaricarsi e non cadere nella depressione.
La ragazza oggi ha 13 anni ma fra qualche anno diventerà maggiorenne e non potrà più andare a scuola, si porrà quindi il problema di come farle trascorrere l’intera giornata in modo proficuo. Per questa ragazza non si possono fare progetti di vita indipendente (come ipotizzare ad esempio una vita in appartamento con poche persone), semplicemente perché la sua grave disabilità non lo consente.
Non ha fratelli o sorelle che potranno prendersi cura di lei e i genitori non hanno una rete familiare che la possa sostenere.
E allora che fare. Il problema è complesso e la soluzione non può essere semplice, ma può essere affrontato diversamente a seconda del grado di disabilità e del diverso grado di autismo. Occorre creare una rete di sostegno per le persone con disabilità, ma anche per i loro familiari che non significa solamente supporto psicologico ma significa offrire dei servizi adatti per tutti i tipi di disabilità.
Occorre favorire e sostenere laddove è possibile progetti di vita indipendente, ma sollecitare le istituzioni circa l’importanza di avere servizi adeguati per i diversi tipi di autismi e favorire la nascita di centri qualificati (sostenuti da validi progetti scientifici) per i casi gravi dove si possano costruire dei progetti di vita dignitosi e includenti, dei centri di qualità e non dei “parcheggi” o peggio ancora dei luoghi segreganti.
Tutto questo per creare un’alternativa alla convivenza con genitori vecchi, stressati e spesso malati laddove questi sopravvivono.