40mila imprese rosa in Sardegna, 5mila artigiane, e 250mila dipendenti. Le imprenditrici, 10 anni “in trincea” a creare lavoro e a combattere la crisi.
Aprono nuove aziende e portano avanti quelle storiche, creano posti di lavoro e contribuiscono a sostenere l’economia regionale. In più sono madri, mogli e, tante volte, anche nonne.Sono quasi 40mila le capitane d’impresa che, in Sardegna, con enormi sacrifici, resistono alla crisi, si adattano alle nuove esigenze e vanno a caccia di mercati e opportunità per crescere. Di queste ben 5.004 sono titolari di aziende artigiane che, con il loro impegno, si occupano di agroalimentare e servizi alla persona, supporto alle imprese e cura del verde ma anche di edilizia, costruzioni, attività manifatturiere e servizi di comunicazione.
In ogni caso, per le “imprese rosa artigiane” 10 anni “in trincea”, a combattere una recessione senza precedenti e un pesantissimo crollo dei consumi, hanno lasciato il segno. Se tra il 2017 e il 2018 il comparto artigiano donna ha perso “solo 12 unità” (-0,2%), l’analisi tra il 2008 e l’ultima rilevazione racconta di uno “tzunami” che in 10 anni ha costretto alla resa ben 709 realtà (da 5.713 a 5.004), segnando un pesantissimo -12,4% equivalente a quasi 2mila posti di lavoro in meno.
Tutto ciò è dimostrato nell’analisi regionale su questo settore realizzata dall’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte Istat e UnionCamere-Infocamere, comparando i dati del 2017-2018.
Nella nostra Isola, oggi le imprese artigiane femminili registrate presso le Camere di Commercio rappresentano il 20,7% del panorama artigiano dell’isola, un piccolo-grande esercito attività produttive a conduzione femminile all’interno di un sistema imprenditoriale rosa di ben 39.564 realtà che offre lavoro a ben 253.141 addetti.
A livello territoriale le imprese individuali artigiane gestite da donne crescono a Cagliari (2.037 realtà e +0,6%) e Nuoro (864 attività e +0,2%) mentre a Sassari è quasi pareggio (1.742 aziende e -0,1). Una particolare situazione la vive Oristano (361 e -6,7%) alle prese con l’annosa questione dell’Albo Artigiani, che per problematiche legate ai rapporti tra Regione e Camera di Commercio, non sta garantendo l’operatività dell’Albo, impedendo così l’iscrizione delle imprese artigiane all’apposito registro.
Nutrita anche la “pattuglia” delle realtà imprenditoriali femminili che in Sardegna sono gestite da straniere: 2.465 attività di cui 460 dirette da giovani non italiane. A livello nazionale la componente straniera che guida “imprese donna” rappresenta il 10,7% delle quasi 1 milione 335mila imprese rosa in Italia. In un anno la crescita è stata del +3,7%, raggiungendo quota 143mila. La gran parte di queste iniziative ha meno di dieci anni di vita, dal 2010 in poi sono nate oltre 98mila aziende quasi il 70% del totale.
“L’impresa è impresa a prescindere dal fatto che a guidarla sia un uomo o una donna – commenta Maria Amelia Lai, imprenditrice e Presidente di Confartigianato Imprese Sassari – ma i numeri della Sardegna testimoniano l’intraprendenza delle “capitane d’impresa” che hanno deciso di svolgere un mestiere artigiano”. “L’imprenditoria al femminile è forte, dinamica, innovativa – continua la Presidente Lai – ma per una donna portare avanti un’attività non è facile; le imprenditrici sono divise tra responsabilità in azienda e impegni familiari. Per sostenere questi ruoli serve, soprattutto nel contesto odierno, un nuovo equilibrio, un approccio diverso nell’affrontare lavoro e vita personale”. “Ancora oggi manca la “cassetta degli attrezzi” – riprende la Lai – cioè un sistema che renda sostenibile la vita dell’imprenditrice, dal punto di vista del lavoro, della famiglia, degli affetti. Occorre per questo, da parte delle Istituzioni, sostenere quanto possibile iniziative a favore della conciliazione vita-famiglia-lavoro e del welfare”.
Confartigianato ha calcolato come il tasso di occupazione delle donne senza figli sia pari al 55,5%, ma scenda al 52,8% per le donne con figli. Addirittura il tasso di occupazione scende al 44,7% per le donne con figli tra i 25 e i 34 anni. Conciliare lavoro e famiglia è, quindi, un grande problema per le imprenditrici artigiane: il 44,3% denuncia difficoltà penalizzanti nel dividersi tra gli impegni lavorativi e la cura della famiglia.
“Ribadisco – continua la Presidente Lai – è inutile nasconderlo, per noi guidare un’azienda può essere più difficile, sia per le sacche di pregiudizio, che vanno superate, sia perché su di noi ricadono una serie di problemi, legati anche alla salute, alla pensione, alla retribuzione, all’accesso al credito, che vanno superati per non creare disparità. Dalla nostra, però, abbiamo una marcia in più nell’approccio sia alla gestione sia all’organizzazione d’impresa”.
Per Confartigianato Sardegna, i dati regionali dimostrano, in ogni caso, come l’impresa al femminile debba essere stimolata e incoraggiata.
“Mai come in questo periodo – riprende la Presidente Lai – occorrono interventi che liberino le aziende dai vincoli e dai costi che soffocano le iniziative. Soprattutto, a livello regionale come a livello nazionale, è necessario un welfare che permetta alle imprenditrici di conciliare lavoro e famiglia e di esprimere tutte le loro potenzialità”.
“Sarebbe un fatto positivo se dalla Politica, regionale o nazionale, arrivasse un concreto segnale di attenzione verso “l’altra metà del mondo del lavoro” – puntualizza la Presidente – incentivando provvedimenti già sperimentati in passato e ponendo maggiore attenzione verso le attività gestite da donne”. “Non abbiamo ancora avuto la possibilità di analizzare la Finanziaria regionale per vedere se all’interno siano stati previsti dei fondi per le imprese rosa, cosa che ci aspettiamo – prosegue– in ogni caso ricordiamo come sia fondamentale sostenere la vocazione imprenditoriale delle donne diffondendo una nuova cultura d’impresa, fornendo maggiori tutele, nuovi modelli organizzativi imprenditoriali e un adeguato work life balance”.
La Presidente di Confartigianato Sassari, infine, conclude con un auspicio: “Se ci fossero le condizioni, il sostegno economico e tasse più basse, ogni imprenditrice sarebbe nelle condizioni di assumere un’altra donna. In questa maniera avremmo quasi superato il problema della disoccupazione femminile. I politici devono pensare anche a questo”.