“Nessun allarme per le prossime decisioni dell’agenzia di rating S&P’s”. Manovra e la disputa con Bruxelles, parla l’economista Antonio Rinaldi
L’INTERVISTA
La Commissione europea, che attua il controllo tecnico sui conti pubblici nazionali, ha respinto la bozza del progetto di bilancio del governo italiano, chiedendo modifiche “entro tre settimane”. Come dovrebbe comportarsi ora l’esecutivo Conte?
“Nei giorni passati, il governo italiano ha già dimostrato una buona volontà e un’enorme apertura nei confronti di Bruxelles nel modificare il rapporto deficit/Pil privesto inizialmente al 2,4% per tutto il prossimo triennio, portandolo al 2,4% solo per il 2019 e abbassandolo invece al 2,1% per il 2020 e all’1,8% per il 2021. Credo che già questa possa essere considerata una manifestazione di estrema cautela da parte dell’esecutivo italiano e di recepimento degli inviti della Commissione europea.
Nonostante ciò, la lettera di risposta al nostro Paese da parte dell’esecutivo comunitario è stata molto dura, perché per la prima volta Bruxelles ha utilizzata la possibilità di respingere entro 15 giorni il documento programmatico di bilancio di uno Stato indipendentemente dall’approvazione parlamentare della legge di bilancio. E’ la prima volta che accade, perché in molte altre occasioni nei confronti di altri Paesi, come ad esempio Francia, Spagna e Portogallo, il giudizio finale negativo della Commissione è arrivato soltanto ad approvazione avvenuta da parte dei Parlamenti nazionali”.
“Esatto. Ora le prospettive sono queste: il governo italiano può riformulare la manovra dando rassicurazioni all’Ue sull’impatto sulla crescita oppure, come sembra emergere nelle ultime ore, può confermare l’impianto complessivo della futura legge di bilancio, mantenendo intatto il rapporto deficit/Pil al 2,4%”.
Quest’ultima opzione, però, significherebbe andare incontro ad una procedura d’infrazione…
“Sì, procedura che però ha un iter complesso e anche molto lungo. Iter che sarà gestito nei tavoli europei. A questo proposito ricordo che, in passato, la Francia è stata sotto le ‘lenti’ della procedure d’infrazione di Bruxelles per molti anni, anche in maniera continuativa. Procedura che, alla fine, si è sempre risolta senza l’applicazione di multe. Sanzioni che, anche se dovessero essere comminate, non sarebbero superiori allo 0,2% del Pil (circa 4 miliardi di euro, ndr)”.
Quanto potrebbe durare questo iter che però finirebbe per gravare sui conti pubblici italiani?
“E’ estremamente lungo. Se ne parla nel 2019 o, addirittura, nel 2020. Ma a questo punto la Commissione dovrebbe anche spiegare come mai dal 2006 la Germania non si attiene sistematicamente alla regola prevista dal Six Pack, regola per la quale un Paese membro non deve superare per tre anni consecutivi la soglia del 6% del surplus commerciale. L’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia sarebbe anche una buona occasione per capire se nell’Eurozona le regole valgono veramente per tutti i Paesi o soltanto per qualcuno”.
Ma i rilievi di Bruxelles agli effetti contabili della legge di bilancio italiana sono tecnici: il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis e il commissario Ue agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici hanno parlato di “37 mila euro di debito” che gravano sulle spalle di ogni cittadino italiano…
“Peccato che il commissario francese Moscovici dimentichi che sul capo dei suoi concittadini transalpini gravi un debito privato che è superiore al 200% del Pil. Rispetto all’Italia, siamo a circa 60 mila euro di valore. E, fino ad ora, abbiamo assistito a un impegno della finanza pubblica per affrontare i problemi dei debiti privati. Se fossi in Moscovici, quindi, mi preoccuperei molto di più di ciò che sta succedendo a casa sua”.
“Certamente. E’ come se io decidessi di giudicare la salute di una persona, prendendo in considerazione solamente lo stato di un paramento dell’analisi del sangue, senza tener conto dell’insieme complessivo di altri parametri, pur molto importanti. L’talia ha aderito a delle regole, quelle europee, che tengono conto soltanto di una fotografia parziale per determinare lo stato di salute dell’economia di una nazione. Oggi, al contrario, sappiamo che esistono altri parametri per formulare un giudizio esatto che sono più importanti del debito pubblico. Parametri come il livello di debito privato. In più, ricorderei una cosa”.
Quale?
“Dal 2008 stiamo soffrendo di una grandissima crisi di debito privato: sappiamo bene poi come il contagio sia avvenuto solo in un secondo momento nei confronti dei debiti statali. Non ha più senso, quindi, parlare soltanto di debito pubblico, un punto che evidentemente i ragionieri di Bruxelles non hanno ancora capito”.
Oggi lo spread fra Btp decennali e i Bund di pari durata ha chiuso a 322 punti base, differenziale che è peggiorato nel finale di seduta. Quanto è sostenibile uno spread oltre 300 punti base, che è comunque alto?
“E’ chiaro che un differenziale a questi livelli non fa piacere a nessuno, se non a qualche operatore finanziario che può investire in valuta euro a dei tassi molto appetibili, sapendo molto bene che l’emittente italiano è un Paese molto solido che in passato ha sempre ripagato i propri debiti, comprensivi degli interessi. Il problema è un altro”.
“Nel breve periodo non ci sono grandi complicazioni. Nel lungo, invece, per le banche italiane si verificherebbero dei costi di finanziamento superiori agli attuali. Ma se in un’area valutaria come quella dell’euro sussistono dei differenziali di tasso fra titoli di Stato omologhi significa che la stessa costruzione dell’Eurozona ha bisogno di una revisione radicale: in un’area che funziona in maniera ottimale, glispread non dovrebbero sussistere. La Bce ha fatto un lavoro eccezionale nel gestire la crisi dell’euro-debito con la forzatura dei propri regolamenti, forzatura che ha portato al varo del quantitative easing. Una che purtroppo è in via di conclusione, ma che di fatto ha consentito al bravo Mario Draghi di assumere un ruolo che purtroppo la gestione della governance europea non ha mai assunto. Al di là delle schermaglie che stiamo osservando in questi mesi, spero che i governanti europei capiscano che se nascono problemi in una grande economia come quella italiana perché la governance Ue non funziona è una situazione con degli effetti negativi che ricadono su tutti gli altri Paesi”.
Per concludere, il suo nome è circolato fra quello degli economisti che potrebbero andare a prendere il posto di Mario Nava come nuovo presidente della Consob: le piacerebbe?
“Non ne so nulla. Non ho parlato con nessuno del governo. E’ chiaro che sono al servizio del Paese, ma per il momento sono cose che ho appreso soltanto dai giornali”.
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
Fonte: www.affaritaliani.it