Esce Pitzinnos in sa gherra. Il brano firmato da Fabrizio De André e Gino Marielli si veste di nuove immagini e sonorità. Sarà presentato il 9 novembre.
Il deserto, la guerra e una bambina armata che insegue la sua liberazione. È intenso ed emozionante il nuovo video di “Pitzinnos in sa gherra” – il brano scritto da Fabrizio De André e Gino Marielli e interpretato da Andrea Parodi con i Tazenda – nella versione della cantautrice milanese Patrizia Cirulli, che lo ha inserito nel suo ultimo lavoro discografico “Sanremo d’Autore”; album che ha riscosso un ottimo successo di critica arrivando in cinquina alle Targa Tenco 2018 nella categoria “Interpreti”.Firmato dal regista sassarese Gianpaolo Stangoni, il video si fregia del marchio della Fondazione Andrea Parodi e sarà presentato il 9 novembre a Cagliari, durante il Premio dedicato all’artista sardo.
Più che un clip musicale questo lavoro è un piccolo film, un viaggio ricco di significati simbolici attraverso il dolore e la sofferenza dei bambini costretti a fare la guerra, che rende ancora più “sacra” l’interpretazione della Cirulli, accompagnata dal fondamentale bouzouki di Giorgio Cordini, che quasi trasforma il brano in una preghiera.
L’idea nasce da un’intuizione della stessa cantautrice, dal suo lavoro con i bambini grazie alla sua formazione in musicoterapia e counseling. “Durante una lezione – racconta la cantautrice – un bimbo di un anno nel momento della danza, non camminando ancora, ha alzato le braccia verso di me: voleva ballare. I bimbi vogliono essere accuditi, protetti, difesi e ce lo chiedono facendosi capire a modo loro. Qualche giorno dopo questo episodio mi è arrivata un’immagine mentale di me che camminavo in un deserto con in braccio un bambino piccolo. Ne ho parlato a Gianpaolo Stangoni e abbiamo deciso di tenera l’immagine del deserto. Tutto è partito così”.
Una bambina nel deserto, mitra alla mano segue una donna misteriosa: una figura mistica, magica, forse un angelo. Non sa se fidarsi: si nasconde e la osserva da lontano. Senza saperlo sta andando verso la liberazione. Forse non si è salvata ma è sicuramente libera.
“Sono molto legata a questo brano – racconta la cantautrice milanese – mi sono commossa la prima volta che l’ho cantato, forse anche perché pensare ai bambini in guerra mi riporta con emozione al ricordo di un episodio vissuto da mio papà quando era piccolo: aveva 3 anni e mentre giocava all’aperto è rimasto ferito alle gambine dalle schegge di una bomba. Quei segni gli sono rimasti… tutta la vita ed io e mio fratello non abbiamo mai capito cosa fossero, lui non ce ne ha mai parlato. Lo ha fatto nostra zia dopo la sua morte. Evidentemente ci sono cose che non si vogliono nemmeno ricordare, anzi quasi si cerca di nasconderle, tanto possono essere dolorose”.