Un brano molto privato, “erotico” al femminile, che anticipa l’album “Cancionero”, il nuovo disco di Ester Formosa & Elva Lutza.
Canzone in lingua sarda logudorese dalle atmosfere delicate, una “nuoresa”, modulo tradizionale del cosiddetto “canto a chitarra”, con una chiara citazione del Notturno di Chopin Ad arricchire il tutto un ospite prezioso come Riccardo Tesi con il suo organetto.Il singolo esce accompagnato da un video dalle atmosfere molto suggestive, girato tra Sassari antica e Osilo, davanti alla chiesa di Nostra Signora di Bonaria, la chiesa campestre più alta della Sardegna. Risale al 1700 ed è posizionata sulla vetta più elevata del monte Tuffudesu, a quota 800 metri, da cui domina il golfo dell’Asinara e gran parte della provincia di Sassari. Firmato dai registi Antonio Maciocco e Giovanni Loriga, il clip – benché girato prevalentemente in esterna – rende ancor più intime e delicate le intenzioni del brano.
“‘A su tramontu’ – è scritto nelle note di regia – colpisce fin dal primo ascolto, per la musica raffinata e per il testo poetico e incisivo. Nel realizzare il video abbiamo cercato di rispettare accompagnare la canzone sia da un punto di vista formale che narrativo, utilizzando movimenti di macchina avvolgenti ed eleganti, scegliendo locations suggestive (la chiesa di Bonaria a Osilo è la chiesa campestre più alta in Sardegna, con i suoi 800 metri sul livello del mare), e mettendo in scena un amore giovane che dinanzi ad uno splendido tramonto cerca di fermare e custodire un momento di felicità”. Antonio Maciocco è regista di numerosi cortometraggi e documentari. Il suo ultimo lavoro ACHENTANNOS ha vinto il premio Kentzeboghes, è finalista al Los Angeles CineFest, ed è stato selezionato in diversi festival cinematografici in Italia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Taiwan.
Giovanni Loriga è regista teatrale e cinematografico, formatosi alla New York Film Academy. Docente in numerosi corsi di Cinema per le scuole, ha realizzato numerosi clip, cortometraggi e documentari a carattere scientifico e divulgativo.
CREDITI
Ester Formosa, voce
Nico Casu, tromba
Gianluca Dessì, chitarre
Featuring: Riccardo Tesi, organetto
ANTONIO MACIOCCO e GIOVANNI LORIGA Regia
FRANCESCO BRETT e MARTA CARTA Attori
MICHELE GAGLIANI Fotografia
DANIELE DIANA Operatore video
PIERVINCENZO CHESSA Scenografia
ELISA VECCIU Trucco
L’ALBUM
Far convivere naturalmente canzone popolare e d’autore, Catalogna e Latino America, antiche melodie degli ebrei sefarditi e nuove composizioni in sardo attraverso un sapiente lavoro di scomposizione ritmica e ri-armonizzazione. Succede in “Cancionero” (Tronos digital/Felmay), il nuovo album di Ester Formosa e Elva Lutza (Nico Casu e Gianluca Dessì). La prima è cantante e attrice catalana di grande fama in patria (figlia di Felìu Formosa, forse il più grande intellettuale vivente di lingua catalana), ma da qualche tempo di nazionalità italiana; i secondi, un duo sassarese di fiati e corde molto noto in ambiente “world” per il suo saper fondere la classica con il folk e il jazz.
Dopo parecchie decine di concerti insieme, Ester e Elva Lutza sigillano il loro sodalizio professionale con questo album che non risparmia sorprese.
Questo album segna il ritorno degli Elva Lutza (Nico Casu e Gianluca Dessì), questa volta in compagnia di una delle grandi interpreti della canzone catalana: la cantante e attrice Ester Formosa. Sulla scena da trent’anni, Ester vanta una discografia di sette titoli, alcuni con il grande chitarrista Toti Soler e altri con i testi di Jordi Guardans e del padre Felìu Formosa, probabilmente il più grande letterato di lingua catalana vivente.
Gli Elva Lutza sono una delle realtà più interessanti della musica in Sardegna: vincitori del premio Andrea Parodi nel 2011, hanno già pubblicato due dischi di buon successo di critica e pubblico; la loro musica è un inusuale mix di tradizione, improvvisazione di stampo jazz e canzone d’autore.
Il trio si è esibito in importanti festival in Italia, Francia, Inghilterra (per la rassegna “Listen to the World” a Londra), Spagna (a Barcellona, al Festival “Tradicionarius”) e, naturalmente, in Sardegna.