Si tratta del secondo attacco mortale di uno squalo in Australia dall’inizio dell’anno e della terza aggressione in queste acque da settembre.
L’incidente, ha riaperto il dibattito sulla pericolosità di questi pesci, ma la realtà è molto diversa: morire annegati in mare è 132 volte più probabile. Un australiano è stato attaccato da uno squalo ed ucciso nelle acque di a Cid Harbour nelle isole Whitsunday, nello Stato del Queensland.
Secondo testimoni, al momento dell’attacco la vittima, un 33enne di cui non è stato reso noto il nome, stava nuotando con degli amici. Il fatto è avvenuto poco dopo il tramonto. Tratto a bordo di una barca vicina, l’uomo è stato trattato da paramedici e quindi trasportato da un elicottero del pronto soccorso all’ospedale di Mackay, 100 km a sud, dove è stato operato d’urgenza ma è deceduto per le gravissime ferite.
Due mesi fa, sempre a Cid Harbour, una bambina di 12 anni e una donna di 46 anni si erano trovate faccia a faccia con uno squalo nell’arco di 24 ore ma entrambe sono sopravvissute, anche se la bambina ha perso una gamba. Whitsunday è l’isola maggiore dell’omonimo arcipelago, nota attrazione turistica internazionale, molto frequentata da subacquei e marinai da diporto.
Questo tipo di attacco è molto raro, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” gli squali in Australia prendono molto raramente i nuotatori se non superano i limiti nelle zone consentite. Dal 1950 al 2014 le vittime degli squali sono 13, l’ultima nel 2012. L’episodio potrebbe ricordare a qualcuno il film “Lo Squalo”, continua Giovanni D’Agata, ma in realtà questi pesci di solito non attaccano l’uomo, anzi, cercano di evitarlo, e in mancanza di “provocazioni” è estremamente raro che attacchino.
Gli squali non rappresentano una minaccia ed è essenziale cambiare la percezione e l’immagine che abbiamo di loro come simbolo di terrore. E, ancor più importante, ad aumentare i rischi è in buona parte il comportamento umano. “Mano a mano che in tutto il mondo cresce il numero di persone interessate a fare attività ricreative in mare dobbiamo aspettarci un conseguente aumento di incidenti”, spiega l’International Shark Attack File nel suo report del 2017.
Al contrario sono gli squali a dover temere gli uomini. Nel 2017 i ricercatori hanno stimato che ogni anno nel mondo vengono uccisi 100 milioni di squali pari una percentuale della popolazione totale compresa tra il 6,4 e il 7,9%.
Un tasso di mortalità che i biologi giudicano insostenibile.