Riciclare-Riparare-Rigenerare. In Sardegna oltre 13mila realtà per “allungare la vita” ai beni. Matzutzi e Mameli: “Serve sostegno delle Istituzioni”.
Anche l’artigianato della Sardegna è protagonista dell’economia circolare, un concetto secondo il quale, sempre più aziende riparano, manutengono, riciclano, recuperano e rigenerano.Sono, infatti, oltre 13mila le realtà produttive artigiane sarde che, dall’analisi dell’Osservatorio per le PMI di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte UnionCamere-Infocamere al 30 giugno passato, intervengono sui prodotti allungandone la “vita”, riducendo la produzione di rifiuti o, addirittura, trasformando questi ultimi in risorsa.
Quest’economia, che nell’isola interessa ben 19.670 imprese (di cui il 69,1% artigiane) di tutti i settori produttivi, interviene sull’attività di riparazione, manutenzione, riciclo e recupero: dalle automobili agli orologi, dalle calzature alle apparecchiature elettroniche, fino agli strumenti musicali, gli impianti e gli abiti; tutto, insomma, può essere aggiustato e reso nuovamente utilizzabile, eventualmente anche in altra forma.
Dal dossier emerge come sul totale delle 13.584 imprese artigiane sarde, ben 6.553 intervengano “direttamente” su riparazioni e recupero, mentre altre 7.031 siano “interessate in altri modi” dalla rotazione “riparazione-recupero-riciclo”. Questi dati collocano la Sardegna al 5° posto assoluto in tutta Italia per indice di attività interessate alla “circolarità” dei beni.
“Il periodo di difficoltà economica delle famiglie e la crescente attenzione verso i temi del recupero e del riciclo – commenta Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – inducono le persone a far riparare e aggiustare gli oggetti più vari, piuttosto che ricomprarli, rivolgendosi soprattutto alle nostre micro e piccole imprese artigiane”. “Queste realtà, dal canto loro – continua Matzutzi – cercano quindi di specializzarsi e di ampliare e diversificare i propri servizi per crescere in tutti quei settori legati all’economia circolare e caratterizzati, non a caso, proprio da un’alta vocazione artigiana”.
Nella penisola le imprese artigiane operanti nei settori dell’economia circolare sono oltre 523mila e danno lavoro a circa 1.200mila addetti. L’artigianato rappresenta il 60,8% delle 865mila imprese totali.
A livello territoriale, 5.268 realtà artigiane operano in provincia di Cagliari (2.573 operano direttamente nel recupero e riciclo), 4.607 aziende sono a Sassari (2.370 direttamente), 2.583 imprese a Nuoro (1.091 direttamente) e 1.126 attività a Oristano (519 in maniera diretta).
Per Stefano Mameli, Segretario Regionale di Confartigianato Imprese Sardegna “la valutazione della dinamica del comparto del riciclo, recupero e riparazione, va inserita in un contesto economico ancora non completamente fuori dalla crisi, caratterizzato da una domanda interna ancora insufficiente”. “Non è un mistero – sottolinea Mameli – che le vendite al dettaglio non siano cresciute mentre manutenzioni e riparazioni continuino ad avere il segno “più”. Di positivo c’è, però, anche una maggiore consapevolezza ambientale di cittadini e imprese sul tema dell’ecologia”.
Di sicuro la crescita competitiva del sistema imprenditoriale territoriale sardo potrebbe migliorare anche con interventi legislativi per garantire più semplificazione, più attrattività, più ricerca, innovazione e maggiore trasferimento tecnologico.
“Le imprese artigiane – continua Mameli – hanno nelle loro corde anche molti fattori che le rendono protagoniste ideali delle nuove opportunità legate all’economia circolare. Lo dimostrano i numeri di quelle che si occupano di riparare e di rigenerare prodotti. Bisognerebbe, per questo, pensare a rendere maggiormente fruibile la ricerca anche per le piccole e meno strutturate, offrendo loro strumenti adeguati attraverso un sistema di incentivazione a misura di piccola impresa.
L’Economia Circolare.
Una crescita sostenibile, infatti, si basa su una robusta economia circolare la quale prevede che i prodotti siano progettati, realizzati e gestiti in modo da trasformare i rifiuti in risorse, con interventi lungo l’intero ciclo di vita del prodotto e non più limitati alla sola fase finale.
Gli interventi possibili sono diversi, quali ad esempio: l’alleggerimento, con la riduzione la quantità di materie necessarie a fornire un determinato servizio); la durabilità con allungamento della vita utile dei prodotti; l’efficienza, con riduzione del consumo di energia e di materie nelle fasi di produzione e di uso; la sostituzione che riduce l’uso di materie pericolose o difficili da riciclare nei prodotti e nei processi di produzione; progettazione ecocompatibile basata sulla concezione di prodotti facili da mantenere in buono stato, da riparare, ammodernare, rifabbricare o riciclare; lo sviluppo dei servizi manutenzione e riparazione rivolti ai consumatori; gli incentivi per ridurre i rifiuti, per la corretta separazione e per l’adozione di sistemi di raccolta differenziata che contengano al minimo i costi di riciclaggio e riutilizzo; la simbiosi industriale che favorisce il raggruppamento di attività per evitare che i sottoprodotti diventino rifiuti; l’orientamento al noleggio, prestito o condivisione invece dell’acquisto e creazione di mercati delle materie prime secondarie (materie riciclate).
I dati nazionali.
Il nostro Paese ha un ruolo rilevante nello sviluppo dell’economia circolare europea e nel confronto internazionale su dati Eurostat l’Italia è al primo posto tra i maggiori paesi europei per quota di occupati nell’economia circolare: nel settore lavorano il 2,1% degli occupati di tutti i settori, superiore alla media UE di 1,7%; la quota dell’Italia si colloca davanti al 2% della Spagna, all’1,6% del Regno Unito, all’1,5% della Francia e all’1,4% della Germania. Tra gli altri minori paesi europei una quota di occupati nell’economia circolare superiore ai due punti percentuali si riscontra in Lettonia con 2,9%, Lituania con 2,7%, Croazia, Polonia e Slovenia con 2,2%.
Economia circolare settore ad alta vocazione artigiana.
Nel II trimestre 2017 sono 873.422 le imprese operanti nell’Economia circolare – la perimetrazione delle imprese comprende anche il settore manifatturiero – di cui 535.114 sono imprese artigiane pari al 61,3% delle imprese del modello imprenditoriale. Il peso più elevato dell’artigianato sulle imprese dell’economia circolare si riscontra a Bolzano con 82,7%, seguito da Valle d’Aosta con 78,7%, Trento con 71,5%, Liguria con 70,1%, Piemonte con 70,0% e Sardegna con 69,9%. A livello provinciale la maggiore vocazione artigiana dell’economia circolare, dopo Bolzano, si riscontra a Savona con 82,0%, Imperia con 80,6%, Sondrio con 79,9%, Cuneo con 79,2%, Valle d’Aosta con 78,7%, Enna con 77,6%, Nuoro con 77,3% e Grosseto con 75,1%.
Nel dettaglio la struttura di offerta dell’Economia circolare è formata per il 61,8% da imprese manifatturiere che non si occupano di riparazione e recupero (Manifatturiero al netto della divisione 33-Riparazione, manutenzione e installazione di macchine ed apparecchiature) per un totale di 539.457 unità e le restanti 333.965 unità, pari al 38,2% del modello imprenditoriale, si occupano di riparazione e recupero: tale quota sale al 46,3% per l’artigianato per un totale di 247.573 imprese artigiane.
Insomma, riparando, rigenerando e riciclando si contribuisce a fare crescere le imprese e a specializzarle e, allo stesso tempo, si contribuisce a far crescere l’economia circolare anche in Sardegna.